Sempre più famiglie sono in difficoltà nel trovare badanti, baby sitter e colf. Secondo le stime dell’Associazione sindacale nazionale dei datori di lavoro domestico (Assindatcolf), nel nostro Paese servirebbero fino a 23 mila lavoratori domestici non comunitari in più all'anno per rispondere ai bisogni di una popolazione sempre più anziana.
Eppure, conclusa l’emergenza Covid, i dati riportati nel IV Rapporto 2022 di «Domina» (l’associazione dei datori di lavoro domestico) mostrano una crescita consistente degli addetti italiani del settore, che tra il 2012 e il 2021 sono passati dal 19 al 30%, e in particolare degli under 30 italiani, passati dal 9,9 al 30%, un dato che va ben oltre i lavoretti di baby sitter ai quali spesso gli studenti si dedicano per mantenersi all'Università. Il rapporto evidenzia come, quasi in tutta Italia, il settore del lavoro domestico (soprattutto colf e badanti) si è stabilizzato su poco meno di un milione di addetti, 961mila per la precisione (+12% rispetto al 2019). Ma quelli regolari sono meno della metà dei lavoratori effettivi, stimati in 2 milioni. Il lavoro domestico, infatti, mantiene il poco invidiabile record del tasso di irregolarità al 52,3% oltre il doppio dell’agricoltura (24,4%) e più del quadruplo della media italiana (12%). D’altra parte, proprio per combattere il lavoro in nero e incentivare le famiglie ad assumere con contratti regolari, il Governo ha pensato all’introduzione del «Bonus colf e badanti»: si tratta di una misura in arrivo nel 2023, disponibile (si spera) a breve.
In Puglia, spulciando i dati di «Domina», sebbene il lavoro domestico coinvolga 68mila persone (si tratta solo del 1,7% della popolazione), i domestici regolarmente assunti sono 33mila, un dato comunque in crescita rispetto al 2020 (+6,2%). Le famiglie datoriali sono 35mila, +13% rispetto all’anno precedente. I dati, inoltre, registrano una prevalenza di colf (54%) rispetto alle badanti (46%). Rispetto alle altre regioni, si registrano ancora forti incrementi rispetto al 2020 (+6,2%), probabilmente la sanatoria ha avuto un impatto che coinvolge più anni: infatti la serie storica di colf e badanti evidenzia un trend di crescita negli ultimi due anni.
In Puglia, inoltre, la metà dei lavoratori domestici è italiana, segue l’Asia con il 24% e solo in terza posizione i domestici provengono da un Paese dell’Est. Le lavoratrici donne rappresentano ben l’89% del totale mentre l’età media di colf e badanti è di 48 anni. Per quanto riguarda le settimane lavorate, invece, si registra una prevalenza di chi non ha completato l’anno lavorativo (59%). I lavoratori conviventi con la famiglia datoriale sono solo il 24% del totale.
Andando avanti e analizzando sempre i dati del rapporto redatto da «Domina», si può anche «mappare» la spesa delle famiglie pugliesi e l’impatto economico. Il datore di lavoro ha un’età media di 69 anni e si registra una netta prevalenza femminile (61%). Complessivamente, le famiglie pugliesi hanno speso circa 225 milioni di euro per la retribuzione dei lavoratori domestici (regolari), comprendenti stipendio, contributi e Tfr. Il valore aggiunto prodotto vale circa 600 milioni di euro.
Così come si evince dalla tabella pubblicata, a livello provinciale, la concentrazione delle colf e delle badanti è polarizzata sul capoluogo (rispettivamente 43,8% e 39,5% del totale). In termini relativi, Lecce registra l’incidenza maggiore sia per le colf (7,4 ogni 1.000 abitanti, media regionale: 4,6) che per le badanti (6,7 ogni 100 anziani, media regionale: 5,5). La Regione Puglia, è pur vero, finanzia dei «buoni» rivolti ad anziani e disabili per accedere ai servizi a ciclo diurno e domiciliari. Inoltre offre progetti di vita indipendente a favore di persone con disabilità di età compresa tra i 16 e i 64.
Certo, così come nel resto d’Italia, anche il Puglia il fenomeno del lavoro domestico irregolare rimane molto diffuso: solo meno della metà dei lavoratori, infatti, ha un regolare contratto di assunzione da parte dei datori di lavoro che, spesso, sono ultra 60enni. Le ragioni della diffusione del lavoro in nero, in questo settore in particolare, sono molteplici: sociali, economici, psicologici. Oggettivamente, il lavoro domestico presenta alcune caratteristiche strutturali per cui non è facile effettuare controlli capillari. Uno fra tutti, il fatto che il luogo di lavoro coincida con l’abitazione del datore di lavoro e non è certo pensabile effettuare controlli casa per casa.