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Autonomia differenziata, parla Sales: «Vogliono trascinarci in un nuovo feudalesimo»

 
Leonardo Petrocelli

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Leonardo Petrocelli

Autonomia differenziata, parla Sales: «Vogliono trascinarci in un nuovo feudalesimo»

Lo storico: «Il Sud non può reggere la riforma. Il ministro? Un pifferaio»

Venerdì 03 Febbraio 2023, 15:53

«Ci vogliono trascinare in un nuovo feudalesimo. Questa è la realtà: il Sud non può reggere l’autonomia differenziata». Isaia Sales, salernitano classe 1950, docente di Storia delle mafie e già sottosegretario al Tesoro, traccia una linea netta tra il prima e il dopo. Dopo la riforma Calderoli, infatti, ci aspetterebbe soltanto il trionfo delle disuguaglianze territoriali. «Evidentemente gli ultimi, drammatici anni non hanno insegnato nulla», commenta sconsolato.

Professor Sales, qual è la posta in gioco?

«Con l’autonomia differenziata si costituzionalizza la “disuguaglianza di luogo”. A seconda di dove vivi hai maggiori o minori possibilità di usufruire di ciò che ti spetterebbe come cittadino di una nazione. È un assurdo».

Cosa la preoccupa di più?

«Il tema più delicato è quello dell’Istruzione che dovrebbe essere esclusa dall’elenco delle competenze trasferibili. E poi c’è la Sanità: dovremmo tornare indietro, altro che autonomia differenziata».

La lezione della pandemia è stata dimenticata?

«Guardi se un marziano arrivasse ora sulla terra penserebbe che l’autonomia sia un premio per le eccezionali prestazioni delle regioni durante la pandemia. E invece sono state un disastro. Le regioni, a differenza dei Comuni, più efficienti ma più poveri, hanno dato pessima prova di sé, fallendo la prima vera sfida storica. E noi cosa facciamo? Le premiamo?».

Eppure per molti anni il regionalismo aveva funzionato...

«In linea di principio non c’è contrapposizione fra autonomia e nazione ma solo a patto che si tuteli l’interesse nazionale e, soprattutto, che siano delegate solo quelle competenze che, effettivamente, possono essere meglio gestite con il decentramento. Dal 1970 al 2000 questo meccanismo ha funzionato».

Poi cosa è successo?

«Dopo il tramonto dei grandi partiti nazionali, la politica si è territorializzata. Ha fatto irruzione, con la Lega, quello che io chiamo “etnoregionalismo” o “egoregionalismo”. Cioè l’egoismo del veniamo prima noi».

D’accordo, ma anche il Partito democratico, a cominciare dal probabile futuro segretario Bonaccini, è in prima linea per l’autonomia. Come se lo spiega?

«Il Pd non è più abituato a identificare se stesso con la lotta alle disuguaglianze. E dunque è stato incapace di leggere, in questa riforma, la prepotenza delle disuguaglianze territoriali che si affermano».

Gioca anche un ruolo l’emergere dei leader regionali?

«Indubbiamente. Bonaccini, De Luca, Emiliano: sono tutti satrapi. Il partito è ormai un cda di cui i leader territoriali detengono le quote. E le fanno pesare. Ma lei immagina Togliatti, Berlinguer o Moro sedotti dagli egoismi territoriali? Quelli erano leader della nazione».

E Fratelli d’Italia, invece? In fondo l’autonomia è estranea anche alla cultura della destra nazionale.

«Lì c’è un altro assurdo. Il centrodestra cerca di tenere insieme il patriottismo con le piccole patrie. Ma sono incompatibili. Così come lo sono il presidenzialismo, cioè il rafforzamento di una autorità centrale, e l’autonomia, ovvero il rafforzamento di una podestà territoriale. Ho solo una speranza».

Quale?

«Che quello di FdI sia, in realtà, solo un atteggiamento tattico. Fanno passare l’autonomia in Cdm e poi la congelano. Ma temo che la Lega non si farà fregare».

Lei è esperto di storia della mafia. Il decentramento di competenze e risorse agevola le mire della criminalità organizzata o le complica?

«La mafia è scimmia delle istituzioni, assume la forma necessaria in quel momento. Non abbiamo una controprova, ma certamente il livello regionale è molto aggredibile. Penso soprattutto alla sanità che oggi è una delle maggiori attrazioni per la criminalità, sia dal punto di vista della corruzione che da quello del crimine».

Professore, il Sud può reggere il colpo dell’autonomia?

«No, non può. Può sopportare una economia differenziata, ma non una differenziazione dei servizi. D’accordo sviluppare meno Pil, ma vedere l’80% dei bambini malati gravi prendere la via del Nord per curarsi è drammatico. Aumentare ancora di più questo divario sarebbe terribile».

Conosce la riposta: saranno i Lep, cioè i Livelli essenziali delle prestazioni, che il governo si impegna a calcolare, a garantire servizi omogenei.

«Il ministro Calderoli è un pifferaio che ci ha scambiati per dei minorati mentali. Anche se stabilisci i Lep devi prevedere i finanziamenti che, però, non ci sono. Dunque è inutile calcolare di quanti ospedali, di quanti tram, di quante ferrovie ha bisogno la Puglia se poi mancano le risorse per realizzarli. Andrebbe spiegato ai governatori del Sud».

Non l’hanno capito?

«Emiliano e De Luca l’hanno capito ma, per giustificare l’appoggio a Bonaccini, fingono di no. Si nascondono dietro la definizione dei Lep. In fondo, l’autonomia porta più poteri nelle loro mani. Ma in un Sud completamente devastato. Quello che ci aspetta dietro l’angolo è un feudalesimo regionale»

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