La lotta contro il salario povero, in Parlamento, procede secondo intenti comuni ma su strada parallele e confliggenti. Mentre la proposta di legge delle opposizioni viene rimandata in Commissione, la sentenza del Tribunale di Bari evidenzia come la materia meriti di una nuova legislazione in tempi stretti.
«Prima la Cassazione e adesso anche il Tribunale di Bari confermano quello che il Pd, la nostra segretaria Elly Schlein, insieme alle altre opposizioni, sostengono da tempo: in Italia abbiamo un serio problema di lavoro povero, ci sono 3,5 milioni di lavoratrici e lavoratori sfruttati e sottopagati»: la posizione del capogruppo dem al Senato, Francesco Boccia, fa risaltare l’impegno per non procrastrinare il tema nei lavori delle Camere. «La battaglia che stiamo portando avanti sul salario minimo - argomenta l’ex ministro di Bisceglie - vuole riaffermare la dignità del lavoro, perché, come ha ribadito più volte anche Elly Schlein in Aula, meno di 9 euro all’ora “non è lavoro ma sfruttamento”. La nostra Costituzione all’articolo 36 prevede che il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa. Noi vogliamo ripartire da lì».
Il centrodestra, per Boccia, ha gravi responsabilità in questa fase: «Il governo Meloni fugge dalle proprie responsabilità. Prima prende tempo e si nasconde dietro al Cnel di Brunetta, diventato tristemente un’appendice del governo, e adesso ha rimandato il testo della nostra proposta di nuovo in Commissione alla Camera. Abbia almeno il coraggio di venire in Aula, di aprire un dibattito e di dire agli italiani che non vogliono introdurre il salario minimo per legge. Per noi resta una battaglia di civiltà, uno strumento, insieme alla lotta ai contratti pirata e al rafforzamento della contrattazione collettiva di ridare dignità al lavoro».
Nella maggioranza ci sono forti sensibilità sociali volte a non mettere in second’ordine la questione del «lavoro povero». Tra queste va annoverata quella di Giandiego Gatta, deputato della Capitanata di Fi, attento a queste dinamiche fin dai tempi in cui militava nel Msi. «In Italia vige la separazione dei poteri. Le leggi le fa il parlamento», tiene però a chiarire. Poi nel merito della questione si sofferma sul dibattito parlamentare: «Non abbiamo bocciato la proposta delle opposizioni: l’abbiamo rimandata in Commissione per definire meglio alcuni passaggi procedurali». Per Gatta, Forza Italia ha una proposta che in parte collima con l’iniziativa del Tribunale di Bari: «Nel settore privato, per i lavoratori subordinati, quando non viene applicato il contratto collettivo nazionale, perché non è codificato, noi postuliamo che la corresponsione salariale sia equivalente all’importo minimo previsto da un contratto collettivo di riferimento di un settore affine». «Noi di Fi - puntualizza - la chiamiamo retribuzione equa». «Allo stato - puntualizza - bisogna cercare di inquadrare i lavori senza regole all’interno dei contratti collettivi nazionali che abbiano elementi comuni». Sulle modalità con cui dare risposte ad un tema rovente, Gatta riflette ancora: «A differenza della sinistra e del Pd che “disconoscono” le forze del lavoro sindacali, noi ribadiamo che queste organizzazioni hanno un ruolo prioritario nella stesura delle regole. Siamo dunque per far rientrare tutti i lavori in un perimetro che tenga insieme diritti dei lavoratori e delle imprese». «La Schlein - chiosa Gatta - fa demagogia: vorrebbe indicare un salario minimo sulla testa delle imprese e delle organizzazioni sindacali, esautorandole di fatto, in maniera avulsa dalle negoziazioni». Nelle more ci sono le proposte forziste sul lavoro in discussione nella maggioranza: «Abbiamo chiesto lo stralcio dall’imponibile della tredicesima e degli straordinari, per dare più risorse in busta paga ai lavoratori. La copertura? Con un taglio di 700 milioni di euro dalla spending review. Se ne discuterà presto nella commissione bilancio», conclude il deputato dauno.