i dati
Basilicata, agosto nero per il turismo balneare: i numeri pre Covid sono ormai un ricordo
Spiagge libere super affollate, lidi con ombrelloni chiusi e vacanze ridotte del 50%
E’ un agosto nero per il turismo balneare in Basilicata, dove i numeri di presenze e permanenze pre Covid sono ormai un lontano ricordo. Spiagge libere super affollate, molti ombrelloni chiusi nei lidi e permanenza media che si è ridotta del 50%, con un’impennata del «mordi e fuggi» tra ponti e weekend. Una crisi ormai palpabile, che parte dall’assottigliamento dei redditi familiari e si infrange sui prezzi spropositati di alcuni lidi. Nel abbiamo parlato con Giuseppe Ferrara, vice presidente dei giovani di Confindustria Basilicata e imprenditore turistico di successo nello storico lido di famiglia a Scanzano Jonico.
Ferrara cosa sta succedendo al turismo balneare italiano e lucano?
«Succede che ormai la vacanza è diventata un lusso, sia al mare che in montagna. La famiglia media fatica a gestire le spese primarie di utenze e alimentare, dunque decide di tagliare sulle vacanze. Se poi su questo fenomeno macroeconomico generale si innesta l’aumento dei prezzi non corrispondente a servizi adeguati, si ottiene il calo che si sta registrando anche sulle spiagge lucane».
Quindi l’allarme sull’aumento generale dei prezzi di lettini e ombrelloni è reale?
«C’è qualcuno in Basilicata, ma più in generale in Italia, che a fronte di servizi modesti o scadenti ha pensato di aumentare i prezzi giornalieri e in abbonamento. Una scelta evidentemente errata, ma la reale causa del calo è nella difficoltà ormai chiara delle famiglie a far quadrare i conti, che si è manifestata subito dopo la pandemia e accentuata negli ultimi due anni. Se un padre di famiglia è costretto a chiedere un finanziamento per pagare le bollette energetiche, come si può pensare che sia disponibile a spendere per l’abbonamento di un ombrellone, soprattutto se c’è un aumento del 20-30%? I 15 giorni di vacanza di un tempo si sono ridotti a 7, l’ombrellone in fitto è stato sostituito da quello portato da casa per la spiaggia libera, dove c’è».
Quindi, qual è secondo lei la ricetta per risalire la china?
«La mia esperienza nel settore dimostra che se si propone un prodotto all’altezza dei servizi offerti, la famiglia ti sceglie lo stesso. Io, come altri, abbiamo deciso di lasciare i prezzi inalterati rispetto al 2024 e stiamo lavorando. Se, invece, a fronte di servizi modesti o inesistenti si aumentano i prezzi, il cliente scappa. Quindi no agli “arraffoni”, sì agli imprenditori illuminati e lungimiranti».
Quindi il vero nodo è nella crisi economica generale?
«Se i grandi marchi del made in Italy stanno chiudendo i propri punti vendita nelle grandi città, vuol dire che occorre invertire la marcia rispetto al gap tra stipendi rimasti inalterati e inflazione aumentata. I cali nel settore del turismo balneare lucano, non dipendono solo dall’aumento dei prezzi ma anche del reddito medio più basso. Lo si percepisce nella ristorazione, dove fino a qualche anno fa per la pizza una famiglia media di 4 persone spendeva massimo 70-80 euro, oggi ne servono almeno 100. Dunque, secondo me è sbagliato generalizzare parlando astrattamente di spiagge vuote per l’aumento dei prezzi, ma occorre adeguare la propria strategia imprenditoriale alla tendenza media nella capacità di spesa delle famiglie. Poi a livello di governo centrale si dovrebbe iniziare a pensare di ridurre la tassazione e aumentare i redditi da lavoro. Se continuiamo così, entro due anni il turismo italiano e lucano subirà una forte frenata».