POTENZA - È caduta per prescrizione soltanto un’accusa di calunnia. Ma l’ipotesi principale, quella della svendita delle funzioni da parte dell’ex procuratore di Taranto, Carlo Maria Capristo, approderà a dibattimento davanti alla Corte d’assise di Potenza. Lo ha deciso ieri il gup Annachiara Di Paolo, che ha disposto il rinvio a giudizio per sei persone tra cui anche Enrico Laghi e Piero Amara: l’avvocato siciliano, da cui tutto è partito, ha provato invano a patteggiare.
L’inchiesta del procuratore Francesco Curcio e dei pm Piccininni e Borriello ha come fulcro centrale l’accusa di concorso in corruzione in atti giudiziari tra il 2015 e il 23 luglio 2019: un accordo tra Capristo, Amara, l’ex commissario straordinario dell’Ilva, Enrico Laghi e il consulente Nicola Nicoletti (che ha patteggiato): in cambio «del costante interessamento» per la carriera di Capristo, e «per ottenere i vantaggi economici e patrimoniali in favore del suo inseparabile sodale» Giacomo Ragno (avvocato che dall’Ilva ottenne lucrosi incarichi di difesa), Capristo avrebbe piegato la sua funzione agli interessi degli ex vertici del siderurgico di Taranto.
Tra gli imputati c’è anche l’ex pm tranese Antonio Savasta, nonostante per lui Curcio avesse chiesto il non luogo a procedere rispetto all’accusa di rivelazione colposa di segreto d’ufficio (avrebbe reso nota l’esistenza dell’indagine sul falso esposto contro Eni). Amara inizialmente aveva chiesto di patteggiare tre mesi in continuazione con le sue numerose altre condanne, ma la pena non è stata ritenuta congrua dal gup. Nicoletti aveva invece scelto fin da subito di collaborare e da tempo ha patteggiato 16 mesi (pena sospesa).
Le indagini della Procura di Potenza a giugno 2021 portarono all’arresto in carcere di Amara e di Filippo Paradiso, mentre Nicoletti e Ragno finirono ai domiciliari. Per Capristo (nel frattempo andato in pensione) venne invece disposto l’obbligo di dimora. Laghi finì ai domiciliari a settembre (fu liberato un mese dopo dal Riesame), dopo gli interrogatori fiume di Amara. Tra le contestazioni mosse a Capristo e Paradiso c’erano pure il falso e la calunnia (quest’ultima ritenuta prescritta) per il falso esposto sul complotto contro Eni presentato alla Procura di Trani con la regia di Amara: l’ex ministro Paola Severino e l’ex presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, si erano costituiti parte civile. Capristo, insieme a Ragno e Laghi, risponde poi di concussione: i tre avrebbero costretto alcuni dirigenti dell’Ilva a nominare Ragno come proprio difensore. Un ulteriore imputato nel frattempo è deceduto.
Capristo è già a processo per l’inchiesta che il 19 maggio 2020 lo portò ai domiciliari con l’accusa di tentata induzione indebita nei confronti di una pm di Trani. Questo nuovo processo riguarda il periodo in cui era procuratore di Trani, e in cui avrebbe sfruttato i rapporti di Amara e Paradiso per ottenere raccomandazioni al Csm «in occasione della pubblicazione di posti direttivi vacanti». In cambio avrebbe curato gli interessi di Amara: dal falso esposto presentato a Trani, che serviva ad accreditare l’avvocato siciliano con i vertici Eni, agli incarichi ottenuti dai vertici dell’Ilva che a loro volta avrebbero potuto contare sulla disponibilità del procuratore di Taranto rispetto alle inchieste sullo stabilimento siderurgico. Tutte accuse che la difesa ha sempre respinto, ritenendo che i rapporti contestati rientrassero nell’alveo di normali conoscenze professionali.