il caso
Basilicata, l’industria «fantasma» dallo spreco ai vandali
Cento capannoni vuoti e abbandonati, alla mercé di predoni e rifiuti
POTENZA - Nella notte di San Lorenzo del 1950 cadde la stella che fu la madre di tutti gli sprechi: la Cassa per il Mezzogiorno. Da allora sono passati 26.280 giorni ed è come se per ognuno di questi giorni al Sud fossero arrivati qualcosa come 12 milioni di euro. Sono stati spesi complessivamente 400mila miliardi di vecchie lire, gran parte per opere mai realizzate o imprese mai compiute. Nonostante l’infausto precedente, con la legge 218/81 (post-terremoto ‘80) si è ripetuto l’andazzo polverizzando 50.620 miliardi del vecchio conio tra Basilicata e Irpinia, molti dei quali destinati all’industrializzazione. L'allora governatore della Banca d'Italia, Guido Carli (Brescia, 28 marzo 1914 – Spoleto, 23 aprile 1993) ci vide giusto quando disse che sarebbe stato meglio dare 50 milioni di lire cash a tutti i cittadini di Basilicata e Campania invece di creare quel fiume «infruttuoso» di denaro. Che si è perso in varie affluenti finendo nel mare magnum degli affari illeciti.
Cosa resta di questa pioggia di finanziamenti? Capannoni industriali vuoti, depredati, violentati, incendiati. E non sono soltanto il frutto «marcio» della legge 281, ma anche di altre normative quali la 488 e la 64 del 1998. Sono oltre cento i siti industriali abbandonati secondo quanto reso noto da Pietro Simonetti, memoria storica degli sprechi post-sisma, già segretario Cgil e consigliere regionale. «Un patrimonio di circa 200 milioni di euro - dice - gestiti anche da curatele fallimentari da moltissimi anni e utilizzato dai rapinatori di rame, di sanitari e materiale aziendale, con la criminalità che li utilizza per stoccare rifiuti».
La questione del riutilizzo dei capannoni nelle aree industriali, quasi tutte non saturate ed alcune ferme al 60% dell'uso, ha portato la Regione da tempo a dotarsi di normative, tutte non applicate, per il recupero, il riuso delle strutture abbandonate anche con l'utilizzo dei fondi della Cassa Depositi e Prestiti, oltre alle risorse destinate alla reindustrializzazione. «Esistono casi come la ex Sinoro,ex Basica di Tito, la Abl di Balvano, la ex Pamafi di Maratea ,la ex Parmalat di Atella ,l'ex Calzaturificio Maratea e tante negli agglomerati di Tito, Senise, Isca. Vitalba ,Melfi e Val Basento - sottolinea Simonetti - che dovevano essere riutilizzati con nuove iniziative produttive e occupazionali. Una delle più clamorose di queste storie - ricorda Simonetti - riguarda il sito «la Fellandina» di Bernalda. Circa 12 capannoni quasi completati da anni rimangono inutilizzati dopo il fallimento e le inchieste penali. Oltre 70 milioni, dei cento previsti dall'accordo di programma, rimangono disponibili al Ministero dello Sviluppo. Dimenticati in un cassetto. Mentre tanti addetti ai lavori si affannano ad inseguire le magnifiche sorti della Zes - tuona Simonetti - il patrimonio dei capannoni rimane di interesse particolare di speculatori, riciclatori e delle gestioni fallimentari a tempo indeterminato».
Intanto nel Veneto la Regione ha iniziato l'attività di recupero e riuso di circa 11mila siti dismessi o non utilizzati sparsi nel territorio con il «Progetto Capannoni On/Off». Si tratta di una iniziativa di riuso anche di piccole strutture costruite vicino alle abitazioni dei piccoli imprenditori a seguito dei processi di esternalizzazione (in Basilicata ce ne sono tanti, ma non esiste un censimento ad hoc). L'obbiettivo da centrare riguarda il riuso di un ingente patrimonio e la lotta al consumo di suolo che sta danneggiando non solo il Veneto. Da quelle parti il sistema pare stia funzionando: «Forse sarebbe opportuno - interviene Simonetti - organizzare qualche autobus per una visita guidata in Veneto, oppure a scelta, in Toscana, Lombardia ed Emilia Romagna per confronti, gemellaggi, esperienze su come si fa politica industriale, aggregazione di Comuni e servizi per lottare anche contro lo spopolamento. Tutto questo è possibile, occorre solamente impostare il lavoro ed i programmi anche con il Governo nazionale e le parti sociali. Oltre al patrimonio dei capannoni - conclude Simonetti - la Regione possiede terreni, immobili, aziende agricole, case per un valore che sfiora 180 milioni. Sono cespiti non accatastati come vari beni del Consorzio di Bonifica oppure dell’ex Riforma Fondiaria. Ma questa è una storia ulteriore».