BARI - Dal punto di vista del diritto la decisione è ineccepibile, anche perché lo Stato è implacabile creditore: giusto, dunque, che il cittadino possa esercitare pari diritti. Ma qui c’è un problema sostanziale.
Se è possibile fare causa per 30 euro, e avviare così una macchina che ne costa qualche migliaio, diciamocelo chiaro: questo Paese è senza speranza. Altro che spending review, revisione della macchina amministrativa, taglio degli enti inutili. Non serve a niente. Se, tanto, i nostri soldi finiscono nei rivoli di una burocrazia cieca, che li usa per alimentare sé stessa in un circolo vizioso fatto di carte bollate, ogni piccolo e incerto risparmio è destinato a essere vanificato nel mare magnum dei timbri e delle ceralacche che invece in Italia abbondano e sono certi, puntuali e ineluttabili.
La storia della sentenza della Commissione tributaria di Bari per i 30 euro di contributo unificato non rimborsati a un cittadino è, a dir poco, esemplare. La Regione - che deve e vuole pagare, seppur con i suoi tempi - per liquidare il contribuente ha necessità di approvare una legge ad hoc che riconosce il debito imprevisto. Il cittadino certo non cambierà vita per quella manciata di spiccioli, ma se e quando decide di far valere il principio ha in mano gli strumenti per inceppare il meccanismo. Creando, appunto, un mostro giuridico. Il tribunale in questo senso si limita ad applicare la legge, e di fronte a un inadempimento dell’amministrazione affida a un commissario il compito di pagare. Il commissario, giustamente, vorrà a sua volta essere pagato per il compito svolto, così come il collegio giudicante che ha emesso la sentenza, il cancelliere che l’ha redatta, il personale amministrativo che l’ha pubblicata, il messo che l’ha notificata. E così quei 30 euro si sono moltiplicati, all’infinito, e pesano sulle tasche di tutti quelli che pagano le tasse.
È un’eccezione, un caso estremo, l’uomo che morde il cane di cui parlano nelle scuole di giornalismo per indicare ciò che fa notizia? Purtroppo no. È invece lo specchio di un sistema che funziona esattamente così, e che è composto di una serie infinita di ingranaggi, tutti a portata di mano, tutti sensibili a mille variabili indipendenti e incontrollabili. È un sistema che non si cancella con un colpo di penna, non si modifica con una legge, è refrattario a ogni riforma e resiste - reagisce - alla sola ipotesi del cambiamento. Ma l’Italia è la culla del garantismo, ciascuno ha un giudice cui appellarsi, un regolamento da invocare, un caso da esporre, una ingiustizia da stigmatizzare. E dai 30 euro alla valanga del debito pubblico il passo è davvero, davvero breve.