Ora che ci sono circa 18 milioni per «scoprire» e valorizzare l’Anfiteatro romano, quanto sono compatibili con questa operazione gli altri tre cantieri, tra cui quello per la pavimentazione, risanamento idrogeologico, miglioramento delle caditoie e sistemazione di tutte le vie adiacenti? La risposta non è così scontata e sembra che tra riunioni con la Soprintendenza e cavilli burocratici la questione sia destinata a protrarsi ancora a lungo. Persino i primi lavori di restauro interno e di miglioramento dell’accesso devono oggi essere ripensati alla luce di una scopertura più larga del «tesoro» d’epoca romana. Anche in via Di Biccari spuntano i resti della Roma antica, eppure lì è prevista solamente la riqualificazione della strada. Sarebbe un danno per la collettività sistemare tutto, riqualificare e poi tornare a scavare. Ma non è chiaro quello che sta accadendo nemmeno per i lavori di «restauro, riduzione delle vulnerabilità e miglioramento dell’accessibilità» di questo preziosissimo bene della «Lecce romana»: il cantiere della Marullo Costruzioni aveva una data di fine lavori fissata al 9 marzo 2023 (la durata prevista era di 270 giorni).
«Nel 2018 l’amministrazione Salvemini decide che la gestione del Castello e dell’Anfiteatro è troppo onerosa per un Comune in predissesto e, caso raro in Italia, cede tutto allo Stato, che passa la gestione alla Regione Puglia - spiega uno degli “addetti ai lavori” -. Poi, vengono intercettati i fondi per riqualificare le strade nei paraggi di piazza Sant’Oronzo, dimenticando che là sotto c’è il tesoro dell’antica Roma. Oggi ci sono i soldi per far riemergere tutto il possibile, ma come si fa con i progetti già approvati o avviati nelle strade limitrofe? Chi si prende la responsabilità di amalgamare tutti i lavori da fare, di armonizzarli e di cambiare la destinazione degli altri tre progetti per farli diventare un unico progetto di “scopertura” dell’Anfiteatro con realizzazione delle passerelle necessarie?». È la domanda che molti tecnici della pubblica amministrazione si fanno sotto voce (perché le dichiarazioni alla stampa vengono evitate in questo periodo in cui c’è poca chiarezza e si affastellano gli incontri tra dirigenti comunali e della Soprintendenza: l’ultimo risale a venerdì scorso). Ci sono in ballo altri 3 milioni per i lavori di sistemazione di via XXV Luglio, via di Biccari e via Fazzi («progetto di riqualificazione ambientale, valorizzazione e fruizione delle aree contermini il castello Carlo» su cui è impegnata l’impresa Capriello Vincenzo di Napoli, con inizio lavori il 21 gennaio 2025 e fine prevista per il 16 novembre 2026). Tra poco più di un mese dovrebbero terminare i lavori di «mitigazione del rischio idrogeologico mediante il completamento degli interventi di riqualificazione e messa in sicurezza delle infrastrutture stradali del centro storico» di Lecce: i lavori affidati alla M.G.M. srl sono cominciati il 2 ottobre 2024 e dovrebbero terminare il 24 aprile 2025. Si punta al risanamento idrogeologico, che ha un costo di 1,3 milioni e include la sistemazione delle tubature e delle caditoie per canalizzare l’acqua piovana. L’ultimo finanziamento ottenuto in ordine di tempo, che mette in crisi tutti gli altri, è quello più ghiotto: i circa 18 milioni concessi dal governo per fare riemergere quanto più possibile, un’altra parte nascosta dell’Anfiteatro. Ora, però, ci sono quattro imprese diverse in campo, con progetti non del tutto compatibili con una «scopertura» significativa. In via Verdi la Soprintendenza ha dichiarato che non ci sono novità e ha permesso di ricoprire tutto.
Si è ancora in attesa, invece, del destino di via Fazzi.
«Si va a compartimenti stagni: troppi finanziamenti sono stati richiesti senza ricordare che sotto c’era l’Anfiteatro, che con piazza Sant’Oronzo non può che formare un unico contesto - protesta uno dei responsabili - Intervenga lo Stato con l’obiettivo di costruire un unico e coerente intervento. Alle attività commerciali ci arrivi con le passerelle». Riconvertire i finanziamenti già in campo senza perderli? Forse serve un’altra volta la mano del governo, perché superare la burocrazia, i legittimi interessi delle imprese che hanno ottenuto un appalto e i cavilli tecnici non è cosa semplice.