L’informativa del ros
Il mantra della nuova Scu salentina: più economia, meno sangue e violenza
La strategia della sommersione e gli interessi nel settore ittico e dello smaltimento degli olii esausti
LECCE - La strategia è quella «della sommersione»: smussare gli angoli, rispettare la spartizione del territorio, non pestarsi i piedi vicendevolmente. Con l’intento – garantito solo in clima di pax mafiosa – di allungare le mani nell’economia legale. Continuando, in sordina, con i traffici illegali: quello degli stupefacenti tra tutti.
Dall’informativa dei Ros emerge a chiare lettere il mantra della nuova Scu: più economia, meno sangue. Tradotto: una strategia dell’inabissamento tesa ad allontanare i riflettori dalle operazioni criminali. E scongiurare l’intervento repressivo dello Stato. Contando, per questo, sulla quiete derivante da un controllo discreto e sommesso del territorio. Nessuno spargimento di sangue, dunque, e il rifiuto di quella violenza che aveva condotto, in passato, alla disarticolazione del clan. In favore, piuttosto, dell’infiltrazione nell’economia legale, operata attraverso la tessitura di una fitta ragnatela di attività lecite sostenute dal reinvestimento dei proventi illeciti.
Da qui il controllo di interi settori dell’economia legale, con conseguente compromissione del libero mercato in Salento. Tra tutti, lo smaltimento degli olii alimentari esausti e la vendita all’ingrosso dei prodotti ittici nell’area salentina. Testimonianza della pervasività e delle ramificazioni delle organizzazioni mafiose nella società civile.
Dalle intercettazioni ambientali è emerso, anzitutto, come il settore dello smaltimento degli olii esausti fosse assoggettato a ferree regole imposte dai clan. In cima alle quali si colloca la rigida spartizione del territorio, più di una volta al centro di dissidi tra cosche, prontamente sedati per via della necessità di preservare la quiete funzionale agli affari.
Dalla necessità di ricomporre lo strappo dovuto all’indebita invasione in territorio altrui di un dipendente di una delle società coinvolte deriva, tra l’altro, un dialogo tra i referenti dei sodalizi che a monte avevano organizzato la spartizione territoriale, emblematico delle regole della nuova Scu: “io con le caserme non posso... cioè... capiscimi...” (…) “…io con la caserma mi sono fatto venti anni chiusi nel carcere… Dobbiamo evitare”, dice un referente del clan, a conferma dell’esigenza di preservare la clandestinità degli affari mantenendo un clima pacificato.
Altro perno delle attività mafiose è, come detto, il settore della vendita all’ingrosso di prodotti ittici. Che avrebbero portato, per gli inquirenti, anche a screzi – poi acquietati - con il clan Padovano, attivo nel gallipolino. Secondo i Ros le attività di alcune aziende sarebbero proliferate, nel tempo, proprio in virtù del controllo del territorio garantito dal clan Tornese e poi grazie all’intervento del capo clan, Saulle Politi, per sedare gli screzi dovuti all’entrata in concorrenza di una società riferibile ai monteronesi con concomitanti interessi criminali del clan Padovano di Gallipoli. Anche qui, testimonianza dell’importanza attribuita dai clan al rispetto delle regole mafiose e degli storici accordi tra le cosche salentine.