SUD SALENTO - Si chiama stalking e per molte donne è un vero e proprio incubo, specie in presenza di comportamenti ossessivi fatti di vessazioni, denigrazioni, diffamazioni, umiliazioni gratuite e violazioni continue e costanti della privacy.
Un albanese di 41 anni residente nel Sud del Salento si sarebbe reso protagonista anche di pedinamenti e controlli degli spostamenti ai danni dell’amante, dalla quale aveva avuto un figlio.
La donna è stata costretta a scappare dall’Italia e a non avere una dimora fissa anche al fine di non essere individuata dall’uomo che pensava fosse il suo grande amore.
La donna era costretta, a vivere in condizioni penose in un «clima di sostanziale terrore, con comportamenti prevaricatori e violenti finalizzati a ricattarla, ad estorcerle somme di denaro, e ad infliggerle continue e profonde umiliazioni», stando a quanto emerso dalle indagini.
L’uomo, dopo la coraggiosa denuncia, è ora sotto processo con l’accusa di stalking «per aver compiuto atti persecutori , con reiterate condotte moleste e minacciose di una connazionale cagionandole in tal modo un perdurante e grave stato d’ansia e di paura e ingenerando nella persona offesa un fondato timore per la propria incolumità , nonché costringendola ad alterare le proprie abitudini di vita, cambiando di frequente il proprio domicilio per il timore di essere rintracciata dal medesimo insieme ai suoi figli», come è scritto nella richiesta di giudizio.
La vicenda risale al 2021, quando contro la donna arrivano le prime minacce telefoniche: «La tua lingua sarà tagliata da me prima… penso che ti farò molto male» e altro ancora.
Tra il dicembre 2021 e gennaio 2022 le avrebbe fatto recapitare, tramite dei suoi amici, lettere minacciose contenente frasi del tipo: «Non ti preoccupare che tu o qualcuno dei tuoi familiari pagherete tutto»; «non passerai la vita così tranquilla, ho preparato belle sorprese per te, mi diverto quando faccio guerra».
Infine, qualche mese addietro, l’avrebbe minacciata telefonicamente riferendole di conoscere il suo nuovo domicilio. Questa volta la minaccia avrebbe riguardato anche il figlio, affermando di bruciare lei e tutta la sua famiglia.
In una circostanza, avrebbe chiamato la donna da una nuova utenza contattando la madre per dirle che era uscito dal carcere e che aveva intenzioni bellicose.
La donna, assistita dall’avvocata Ada Alibrando, è parte civile nel processo ed ha chiesto un risarcimento di 100mila euro. L’imputato è difeso dall’avvocato Mario Urso.