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Lecce, interventi bloccati; è caos al «Vito Fazzi»

 
Maddalena Mongiò

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Maddalena Mongiò

Lecce, interventi bloccati;  è caos al «Vito Fazzi»

Pochi anestesisti e liste d’attesa infinite: unità operative in affanno

Venerdì 10 Marzo 2023, 14:01

LECCE - È più facile vincere un terno al lotto che sottoporsi ad intervento chirurgico al “Vito Fazzi” di Lecce. A gennaio scorso sono stati effettuati 1.200 interventi, a febbraio c’è stato un crollo netto di circa il 70 per cento e la rotta non si è invertita neppure in questo mese. Perché? Semplice, questione di quattrini.

Per garantire gli interventi chirurgici l’ex direttore sanitario, Roberto Carlà, aveva varato - a dicembre scorso - un piano di prestazioni aggiuntive (remunerazione pari al doppio di quella prevista per il lavoro straordinario) per gli anestesisti in servizio. Ma il nuovo direttore sanitario, Antonio Bray, ha di fatto stoppato quell’accordo pertanto gli anestesisti da gennaio non vedono il becco di un quattrino per le prestazioni aggiuntive e hanno deciso di incrociare le braccia sull’orario di lavoro extra che prima garantivano, in assenza della dovuta retribuzione. Ne consegue che da 15 giorni sarebbero stati rinviati a data da destinarsi tutti gli interventi chirurgici programmati e non si riuscirebbe ad assicurare nemmeno tutte le urgenze.

Per farla breve, tanto per cambiare, è caos al Fazzi. Il danno è doppio: da una parte i medici, dall’altra i cittadini, ma il prezzo più salato lo pagano i pazienti. Attualmente ci sono decine e decine di degenti che sarebbero in attesa di essere sottoposti ad intervento chirurgico, con il risultato di allungare i tempi di ricovero e aumentare i costi: ogni giornata di degenza in più rispetto ai tempi standard costa oltre duemila euro al giorno. Un gatto che si morde la coda: per un verso non si fa ricorso alle prestazioni aggiuntive, per evitare l’uso improprio di questa misura, ma con l’effetto di collassare le sale operative; dall’altro non si cerca di colmare la carenza di anestesisti con nuove assunzioni per fare fronte a quanti si sono dimessi o sono andati via nelle ultime settimane. Calcolando i costi per le maggiori giornate di degenza che si stanno determinando e che vanno smisuratamente oltre la remunerazione delle necessarie prestazioni aggiuntive per gli anestesisti, i danni sarebbero enormi e potrebbero richiamare l’attenzione della Corte dei Conti. Ciò si completa con i gravi disagi che devono subire i cittadini costretti a degenze ancora più faticose del necessario o a migrare al Nord in cerca di risposta alla domanda di salute.

Sulla questione è calato il massimo riserbo, ma al momento la situazione è drammatica e ci sarebbero pazienti in attesa di interventi non rinviabili, per non parlare di quelli programmati e in standby nelle diverse branche chirurgiche specialistiche tutte in crisi: a partire da Ortopedia, Urologia, Chirurgia generale. Questa situazione è frutto di una politica di tagli che penalizza ancor più le Regioni in piano di rientro come la Puglia. E non solo. Le prestazioni aggiuntive sono un’anomalia che caratterizza il sistema sanitario nazionale da vent’anni a questa parte.

Il ricorso a questa misura è altissimo e in tante aziende sanitarie, compresa Asl Lecce, è indispensabile per garantire la continuità assistenziale. Secondo il vigente Contratto collettivo nazionale di lavoro si dovrebbe ricorrere a questa misura «in via eccezionale e temporanea, ad integrazione dell’attività istituzionale», di fatto è parte integrante dell’attività ordinaria in barba anche alla normativa comunitaria su turni e riposi che stabilisce la durata massima in 48 ore settimanali.

D’altra parte è di questi giorni l’approvazione da parte della giunta regionale pugliese di un piano per il recupero delle liste d’attesa che prevede proprio il riconoscimento delle prestazioni aggiuntive, da effettuarsi fuori orari di servizio, anche nei giorni festivi. Di assunzioni non si parla e si continua a pagare il doppio per erogare servizi.

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