Il gasdotto

La Tap e i risarcimenti ambientali: lite tra i sindaci di Lecce e Melendugno

Emanuela Tommasi

Salvemini chiede compensazioni. Potì: venga con noi in tribunale

LECCE - 

Il gasdotto mette contro i sindaci, per giunta dello stesso colore politico. Ieri, il capogruppo del Pd a Lecce, Antonio Rotundo, si è fatto avanti rivendicando il diritto-dovere del territorio di aprire una vertenza con il governo e chiedere compensazioni in seguito all’attraversamento dell’interconnessione Tap del territorio urbano per oltre 22 chilometri (la condotta che trasporta il gas naturale dall’approdo di San Foca alla rete nazionale Snam nel Comune di Brindisi, in tutto di 55 chilometri).
Un’entrata in scena a sorpresa quella del consigliere leccese, visto che nel novembre 2017 il Comune di Lecce non aveva aderito al documento firmato da 37 sindaci salentini con il quale si chiedevano al governo interventi concreti in merito a investimenti aggiuntivi di Tap e Snam. E il sindaco di Melendugno, Marco Potì, smonta la richiesta che giunge dal capoluogo. Nel frattempo, il primo cittadino di Lecce, Carlo Salvemini, rilancia la rivendicazione di Rotundo sulla necessità di ristori ambientali, ricordando che non si tratta di una posizione nuova ma parte da lontano. «Nell’ottobre del 2017 il consiglio comunale di Lecce si espresse negativamente sul passaggio del metanodotto Snam - ricorda Salvemini -. Nonostante un ampio fronte istituzionale di contrarietà, il governo e i ministeri dell’Ambiente e dello Sviluppo economico ritennero di rilasciare la Via.

Oggi quello per l’interconnessione Tap è un cantiere aperto che attraversa il nostro territorio comunale e che genera un impatto rilevante dal punto di vista ambientale e paesaggistico. Da sindaco, nell’interesse della mia comunità, non posso che ribadire quanto già ci preoccupammo di inserire nella delibera del 2017 - sottolinea Salvemini - l’esigenza di “stabilire specifiche misure di ristori ambientale e paesaggistico” per la città di Lecce in caso di realizzazione dell’opera». Il primo cittadino aggiunge: «Il mio dovere è partire dal dato di realtà, che vede un cantiere aperto che ha già generato impatti rilevanti, e impegnarmi perché il sacrificio imposto alla comunità leccese venga adeguatamente compensato».
Contro la posizione dell’amministrazione del capoluogo si esprime il sindaco di Melendugno. «Non si può parlare di compensazioni per un’opera che arreca danni al territorio - manda a dire Marco Potì -. Il Comune di Lecce, piuttosto, si costituisca parte civile nel processo, al fianco dei sindaci che hanno denunciato le irregolarità. Se siamo certi che quest’opera fa danni sul territorio, non possiamo trattare per le compensazioni. Otto sindaci hanno denunciato le irregolarità e la Procura ha rinviato a giudizio dirigenti di Tap e non solo. Il Comune di Lecce dovrebbe unirsi a noi, costituendosi parte civile in questo processo». La prima udienza si terrà l’8 maggio. Fra le parti offese, oltre ai Comuni, anche la Regione.

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