Nel Salento la Xylella fastidiosa non uccide solo gli ulivi, ma anche la speranza degli agricoltori di ripartire, di guardare oltre il disastro causato dal batterio. Nei campi la burocrazia si allea con la sputacchina (l’insetto vettore) e genera una miscela micidiale. Vincoli regionali e nazionali, ritardi e rimpalli di responsabilità mostrano insieme il volto peggiore dell’Italia. E il decreto Centinaio, emanato qualche giorno fa, si teme che possa rivelarsi uno strumento incapace di snellire le procedure per attuare le misure volute dall’Europa nel tentativo di contrastare l’inesorabile avanzata della batteriosi verso il Nord della Puglia.
La storia leccese che vi raccontiamo ha dell’incredibile, dello scandaloso. «Abbiamo 12mila ulivi tra Giuggianello, Minervino, Poggiardo e Scorrano e tutti mostrano evidenti segnali di disseccamento, almeno l’80% è già del tutto “bruciacchiato”», racconta disperata Angela Benegiamo, olivicoltrice e frantoiana di Giuggianello. «In particolare - spiega - a Scorrano ho 450 ulivi, di cui circa 100 monumentali, secchi dal 2015. Quando è stato possibile, ho avviato le pratiche per lo sradicamento. Ho depositato l’istanza il 7 novembre 2017 e il primo sopralluogo dei tecnici dell’Ufficio provinciale di Lecce dell’assessorato regionale all’Agricoltura è stato effettuato oltre un anno dopo, il 15 novembre 2018. Solo a dicembre 2018 gli ispettori fitosanitari hanno prelevato i campioni e le analisi sono state eseguite dal laboratorio accreditato del Crsa di Locorotondo, a mie spese. Da quel momento - denuncia - tutto tace. Non ho ancora avuto la possibilità di espiantare e, quindi, se sarò “fortunata”, potrò reimpiantare nel 2020».
La situazione si complica perché Benegiamo ha due frantoi. «Stiamo decidendo, nostro malgrado, di dismettere - annuncia - la linea di produzione di uno dei due perché non producendo più olive, non c’è, di conseguenza, prodotto da molire. Aspetterò con ansia altri due mesi, sperando che gli ulivi non ancora del tutto disseccati a Giuggianello possano produrre un quantitativo di olive tale da poter mettere in funzione le macchine di uno dei due impianti. In caso contrario, saremo rovinati».
Questo, purtroppo, non è un caso isolato. È la condizione in cui versano tutti gli olivicoltori e i frantoiani dell’area «infetta», che reclamano la semplificazione delle procedure per l’espianto e il reimpianto. «Siamo lieti di constatare che anche chi si è rallegrato per il decreto varato qualche giorno fa, si stia ricredendo», ironizza il presidente di Coldiretti Puglia, Savino Muraglia che aggiunge: «Chi ha addirittura esultato, fino a poche ore fa, definendo il provvedimento “un primo passo importante”, sta ritornando sui suoi passi. È una vittoria di Pirro perché chi avrebbe dovuto e potuto segnalare al ministro che il decreto mancava di misure tanto attese dal Salento non l’ha fatto prima che il provvedimento arrivasse in Consiglio dei ministri. Ora va emendato, inserendo - è il pensiero di Muraglia - l’articolato utile a superare i vincoli paesaggisti e idrogeologi, assegnando risorse vere per la ricostruzione del patrimonio olivicolo del Salento».