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A Boston i funerali di Sacco e Vanzetti
Torremaggiore, il cronista intervista, sei anni dopo, il padre di uno dei due anarchici giustiziati negli Usa nel 1921
«Oggi si terranno a Boston i funerali di Sacco e Vanzetti»: è l’annuncio che appare su «La Gazzetta di Puglia» del 28 agosto 1927. Nicola Sacco, nato a Torremaggiore, e il piemontese Bartolomeo Vanzetti erano stati accusati di aver ucciso una guardia e un cassiere nel corso di una rapina nel Massachusetts. I due anarchici, emigrati negli Stati Uniti, furono condannati a morte nel 1921. A nulla servì la mobilitazione di capi di Stato, intellettuali e gente comune da ogni parte del mondo contro quello che nei fatti fu un processo politico, svoltosi in un Paese in cui regnava un clima di odio per lo straniero e una diffusa «paura dei rossi». La sentenza fu eseguita il 23 agosto 1927.
«Sacco e Vanzetti sono stati giustiziati. Giustiziati? È stata fatta giustizia? Ecco l’angoscioso interrogativo che ancora oggi ci rivolgiamo» – si legge sul quotidiano. «Mentre da ogni parte del mondo, dai testimoni, si adducevano nuove prove, si accumulavano nuovi alibi, mentre centinaia di uomini illustri, europei e americani, facevano appello a Coolidge, il Supremo Collegio di Washington respingeva il ricorso, e il Governatore Fuller negava la grazia. I due italiani morivano sulla sedia elettrica. Non spetta a noi dare un giudizio intorno a questa sentenza; ma ci sia permesso domandarci: se a tanti, a tantissimi, a milioni di uomini che avevano seguito da vicino le vicende giudiziarie dei due disgraziati, era sorto il dubbio che fossero innocenti; come e perché quel dubbio non ha mai toccato i cuori le menti dei giudici del Massachusetts? [...] Forse giustizia è stata fatta, ma forse, anche, è stato commesso uno spaventoso errore giudiziario».
Il primo a morire sulla sedia elettrica è stato il portoghese Celestino Madeiros, che invano aveva cercato di salvare Sacco e Vanzetti con la sua confessione. Il giorno in cui è arrivata la notizia, il cronista della «Gazzetta» era a Torremaggiore, dove viveva ancora l’anziano padre di Sacco: «Si sforza di apparire sereno, ma si tradisce. E quasi mi interroga con gli occhi. Invoca da me una parola di assicurazione perché ormai anche la sua fede vacilla. L’ultima lettera del suo Ferdinando, recapitatagli or son pochi giorni dalle pietose dame americane, e lettagli, me presente, gli suona forse ancora dolce: “Sii forte, babbo, la mia innocenza sarà provata ed io ritornerò ad abbracciarti..”. Gli comunico che devo andare al telefono ed egli mi lascia allontanare, seguendomi fissamente con lo sguardo. Quando ritorno dalla redazione mi è stata trasmessa la tragica nuova: il vecchio intuisce. Nessuna domanda mi rivolge. Piega il mento sul petto e abbassa le palpebre, ha i pugni stretti sulle gambe».