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L'abbraccio di Roma alla famiglia di Nicola Calipari

 

Venerdì 11 Marzo 2005, 21:42

02 Febbraio 2016, 19:12

ROMA - La seduta solenne del Consiglio comunale di Roma per commemorare Nicola Calipari non è stata soltanto l'occasione per ricordare l'uomo diventato eroe e il coraggio dei suoi familiari, è stata anche il momento per stringere e compattare istituzioni e politici intorno alla figura del funzionario del Sismi ucciso e scoprire un paese più unito. E' il doppio risultato dell'iniziativa voluta dal sindaco di Roma Walter Veltroni.
Mentre nella piazza del Marco Aurelio duecento persone circa si radunavano per la fiaccolata, all'interno del Campidoglio, la sala del Consiglio comunale si gremiva di tutti i protagonisti della vicenda legata a Giuliana Sgrena, di altri ostaggi liberati o di loro parenti, di autorità.
Scroscia l'applauso quando entrano la moglie di Calipari, Rosa, la madre, Rachele, e la figlia, Silvia; non c'è invece l'altro figlio, Filippo. Poi, tocca a Veltroni, con la fascia tricolore, prendere la parola. Legge il ricordo di Calipari che aveva conosciuto come responsabile dell'Ufficio Immigrazione della Questura di Roma, lo definisce una persona che «ha fatto la cosa più grande che un uomo possa fare, donare la propria vita per un altro». Ma, soprattutto, Veltroni archivia il periodo dei servizi segreti che usavano «metodi loschi», per restituire, proprio attraverso figura e parole di Calipari, il ruolo di «bussola», di ganglio vitale all'intelligence. E le parole, la generosità di Calipari diventano le parole e la generosità di un'Italia positiva e giusta che l'agente ha impersonato e stimolato.
E' un'Italia unita, la cui capitale «non lascerà mai sole» Rosa, Rachele e i due ragazzi, assicura il sindaco. Dev'essere un sentimento comune ai romani, e tra i presenti si distingue, ad esempio, il volto di Aureliana Russo, la madre di Marta, uccisa da un proiettile sparato da una finestra mentre camminava in un vialetto dell'università La Sapienza.
Anche il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Gianni Letta parla indirettamente di unità invitando «Rosa, Silvia, Rachele, don Maurizio» (il fratello di Nicola Calipari) ad «essere orgogliosi». E «tutti noi dobbiamo essere orgogliosi senza distinzione alcuna». A Letta, che nelle cerimonie dei giorni scorsi aveva delineato la professionalità di Calipari, oggi è toccato il compito di ricordare l'uomo, i suoi valori, le qualità: buono, mite, generoso sono gli aggettivi che adopera. La sua commozione rafforza le parole, che si capisce non sono di circostanza.
Il capo del Sismi, Nicolò Pollari, ricorda gli incontri ristretti con Letta, il compagno di Giuliana Sgrena, Pier Scolari, il direttore del Manifesto Gabriele Polo, e di quell'abbraccio che preludeva all'ultimo viaggio dell'agente. E dà qualche particolare del lavoro dello 007, cioè di come Nicola o gli altri che sono in Iraq, lavorino magari disarmati, «da soli senza alcun appoggio e protezione», senza «dispositivi». Ricorda, soprattutto, una frase di Nicola, pronunciata nella terzultima telefonata fatta: «Sto lavorando, datemi alcune ore di silenzio, staccherò i telefoni. Devo farlo, è necessario». Sembra non solo simbolicamente, la solitudine del professionista, uno dei prezzi per la liberazione di Giuliana Sgrena. Pollari è categorico: Nicola è un eroe.
Pollari lo aveva già detto, lo hanno ribadito le autorità, lo hanno amplificato e ripetuto i mass media, ma per Rosa non era sufficiente. «In Italia si creano eroi di carta ad ogni piè sospinto» ha ammonito il segretario generale del Cesis, Emilio Del Mese; Rosa quindi doveva sapere se suo marito apparteneva a questa categoria oppure a quella degli eroi veri. Per questo, è la ricostruzione di Del Mese, ha voluto incontrare la Sgrena. E la disperazione di quest'ultima, la commozione nel riconoscere la moglie della persona che le ha salvato la vita, le ha dato la conferma di cui aveva bisogno. Del Mese è convinto che Nicola Calipari era tale anche grazie alle donne che erano intorno, Rosa e mamma Rachele. Lo ha detto chiaramente nel suo discorso non preparato, fatto «di cuore più che di testa».
Non c'è stato il collegamento con il quotidiano francese "Liberation", che pure sta pagando un prezzo alto della guerra in Iraq con il rapimento di una sua giornalista, Florence Aubenas, e del suo interprete, Husseini. Dal quotidiano è giunto un messaggio in cui si invita a liberarli entrambi.
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