Sabato 06 Settembre 2025 | 22:56

Ex Ilva, unica via d’uscita: «Produrre acciaio green»

 
Redazione Primo Piano

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Taranto, l'ex Ilva allo Stato? Per gli ambientalisti non è la soluzione

L'ex Ilva di Taranto

Urso: «Siamo l’unico Paese che ha prospettato la piena decarbonizzazione». Emma Marcegaglia: «Va fatta una scelta se vogliamo ancora una produzione siderurgica»

Sabato 24 Maggio 2025, 09:25

BARI - In attesa della riunione di aggiornamento del tavolo per la vertenza ex Ilva a Palazzo Chigi tra sindacati e governo, ora convocato per il 9 giugno, si moltiplicano le prese di posizione.

«Dobbiamo fare la scelta se vogliamo ancora una produzione siderurgica in Italia. Siamo un grande paese trasformatore manufatturiero, quindi è essenziale produrre acciaio. Ora finalmente dopo un momento di shock, dovremmo arrivare ad una soluzione finale» ha detto Emma Marcegaglia, in occasione Festival dell’Economia di Trento. «Se vogliamo ancora una produzione siderurgica in Italia - ha infine ribadito Marcegaglia - ora finalmente dopo un momento di shock, dovremmo arrivare ad una soluzione finale».

«Dobbiamo produrre acciaio green e siamo l’unico paese che ha prospettato la piena decarbonizzazione e che lo sta dimostrando con i fatti». sottolinea dal canto suo il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso che ricorda il lavoro che «il governo sta portando avanti a Terni con l’accordo di programma e il contratto di sviluppo che sarà sottoscritto nei prossimi giorni grazie al contributo anche della regione Umbria e del Comune di Terni». Un intervento che «prevede acciaio green a Piombino, dove non si produceva acciaio da anni. Per l’Ilva di Taranto poi abbiamo presentato un progetto che prevede i tempi congrui necessari perché noi siamo consapevoli che significa realizzare un forno elettrico». Il ministro segnala la volontà «della piena decarbonizzazione del sito siderurgico di Taranto e a quel punto saremo l’unico paese in Europa e nel mondo a produrre siderurgia green pienamente compatibile con le alte regole ambientali».

Tra «i passi decisivi» per l’acciaieria ex Ilva di Taranto serve «un’autorizzazione integrata ambientale che sia certamente la più avanzata in Europa, per la tutela della salute e dell’ambiente che noi dobbiamo garantire soprattutto a Taranto per quello che è accaduto nei decenni scorsi, ma anche sostenibile economicamente», spiega Urso. Serve sostenibilità economica delle prescrizioni ambientali, dice, «perché il nuovo attore», chi subentra come azionista, «deve sapere quanto gli costerà realizzare pienamente l’Aia».

Uno dei passi preliminari sarà realizzare con gli enti locali «un accordo di programma che abbia tutte le premesse e le condizioni per poi esser recepito dall’autorizzazione integrata ambientale»: il ministro lo ha ribadito sottolineando più volte apprezzamento e fiducia per «le dichiarazioni» del governatore della Puglia, Michele Emiliano. «Siamo sulla strada giusta, quella del dialogo costruttivo» dice Salvatore Toma, presidente di Confindustria Taranto, commentando l’apertura del Presidente della Regione Puglia Michele Emiliano nei confronti del Ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso rispetto alla possibilità che a Taranto, in virtù degli auspicati processi di decarbonizzazione del centro siderurgico, possa insediarsi una nave rigassificatrice. «Da tempo auspichiamo – aggiunge Toma – un confronto aperto e privo di preconcetti sia fra le istituzioni sia fra le stesse e gli attori territoriali, fra cui Confindustria, per poter costruire soluzioni concrete, propositive e soprattutto condivise in favore del territorio e dei progetti di sviluppo. Altrettanto importante – sottolinea il presidente Toma – sarà poter contare sul parere positivo, in tal senso, da parte di chi si andrà ad insediare a Palazzo di Città, al fine di realizzare una comunione di intenti rispetto alle scelte a favore del territorio. Come Confindustria, ci auguriamo che il dialogo in corso fra Ministero e Regione possa continuare in questo solco, nel pieno rispetto delle singole posizioni espresse e delle valutazioni che si produrranno lungo il confronto. In ballo ci sono la tenuta e la continuità dell’acciaieria più grande d’Europa, l’importante sfida della decarbonizzazione e con essi le prospettive di produzione, occupazione e riconversione industriale».

Di tutt’altro tenore il pensiero di Maurizio Landini, leader della Cgil. Sull’ex Ilva «così non si va avanti. Così salta tutto. Questa è la verità. Se non si vuol far saltar tutto, i soldi per le manutenzioni e per gli investimenti li deve mettere lo Stato, altrimenti qui ci si sta assumendo la responsabilità di far saltare tutto». E non c’è spazio, come invece auspica il Governo, per accordi per gestire l’impatto sull’occupazione del calo della produzione per l’incendio dell’altoforno: «No, l’occupazione va salvaguardata tutta perché ci sono le condizioni di investire e garantire le capacità produttive», ha detto ieri- «Il problema di fondo è che vengano fatti tutti gli investimenti che sono necessari per garantire una continuità produttiva, per garantire il risanamento ambientale e produttivo che deve esistere. Questo è il punto di fondo. E questo innanzitutto, visto che ad oggi di offerte concrete ancora non ce ne sono, questa è una cosa che deve fare il Governo. Non può che essere che questa cosa ricada sui lavoratori con la cassa integrazione o con decisioni di fatto di dismettere sostanzialmente delle attività». Poi, aggiunge, «in futuro, emergono dei privati? Bene, si discuterà. In ogni caso è necessario agire adesso, e questo ruolo lo deve svolgere il Governo e lo Stato. L’alternativa è accompagnare un processo che fa saltare tutto. Se non si vuol far saltar tutto, i soldi per le manutenzioni, per gli investimenti li devi fare». E «in questo momento chi è che li può fare? Il Commissario e lo Stato, perché altre cose non ci sono. Si apre una prospettiva a processi industriali, di coinvolgimento? Bene lo vedremo. Ma se non c’è ancora, deve esserci lo Stato, altrimenti qui ci si sta assumendo la responsabilità di far saltare tutto. Questa è la verità. Landini sottolinea che «sono 12 anni che questa storia va in giro, stiamo pagando errori su errori». Ed «a questo punto, anche questo Governo deve decidere che cosa vuol fare. Questo è il tema. Questo è quello che è stato posto a quel tavolo», con il Governo: «Perché per noi non è accettabile che a pagare siano i lavoratori, sia con la cassa integrazione sia con il rischio di far saltare pezzi interi di questo gruppo, perchè o mantiene una sua integrità e una sua dimensione, una sua qualità anche con gli investimenti, oppure rischia davvero di saltare».

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