Luciano Canfora, professore emerito dell’Università di Bari, Bergoglio viene definito “rivoluzionario e populista”. Sono due aggettivi calzanti?
«La parola populista viene usata come un insulto mentre è un complimento. Gli ignoranti, spesso gli spocchiosi dei salotti alti, usano la parola “populista” come un randello. Quando si definì così il premier Giuseppe Conte, scoppiò un putiferio».
La categoria del populismo ha antiche e nobili ascendenze.
«Il populismo russo è una tradizione insigne, animata da chi si è battuto per i diritti della povera gente. Papa Francesco populista lo era certamente, e non lo si può classificare in modo partitico»
Da argentino…
«Era peronista. La sinistra sudamericana è varia. In Brasile molti sono trotzkisti, Fidel ha studiato dai gesuiti, in Argentina il peronismo è stato bollato come fascista, ma era un movimento popolare, molto antimperialista, specifico di quel paese. Tocqueville diceva: “Ogni rivoluzione ha una patria”. E così è avvenuto per il peronismo, con tutti i suoi errori».
Il peronismo ed Evita sono anche nel pantheon di una certa destra.
«Se la destra sociale non fosse affascinata dall’atlantismo dovrebbe proclamarsi peronista e incontrerebbe la sinistra vera, che qui scarseggia. Questo quadro spiega la grandezza politica del papa defunto».
Le critiche dei progressisti a Bergoglio?
«Sui diritti civili, tema su cui i salotti dei Parioli sono solerti, aveva una sensibilità distaccata. E la sinistra pariolina lo bollava come reazionario. E’ stato un uomo coraggioso, contestato dai raffinati progressisti dediti solo ai diritti civili ed è stato silenziato dalla stampa mainstream per il suo coerente anti-atlantismo e anti-imperialismo. Le racconto un aneddoto».
Prego.
«Quando Andrea Riccardi lo intervistò, nei primi tempi del papato, parlavano di Berlino caduta nel 1989. Francesco replicò così: “Anche il capitalismo cadrà. Come il muro di Berlino”. Questo me lo fa considerare il leader di quello che rimane nella sinistra nel mondo. Checché ne pensino i “liberal proprietari”, come da indovinata formula del letterato italiano Luigi Russo».
L’anima sudamericana ha reso il Papa scevro dalle sovrastrutture di destra e sinistra, che dettano la linea in occidente?
«A volte sono parole svincolate dai contenuti storici. Uno che è nato e ha esercitato il magistero in Argentina, sa cos'è l’imperialismo americano: il peggio del peggio nel panorama mondiale, come oppressione degli altri popoli. Non aveva bisogno di leggere testi, la vita e l’osservare chi aveva determinato la condizione dei diseredati, gli ha insegnato dove stare».
La Chiesa dopo Bergoglio è più debole in Ue e negli Usa?
«Ha rilanciato in maniera vigorosa e durevole, e non sarà facile cancellarlo, l’interesse e l’attiva presenza della Chiesa nelle sue strutture di base, nella gente dimenticata dalla “sinistra per bene”. La Chiesa è una struttura piramidale, con una verifica costante del consenso dei propri seguaci e collaboratori, con la novità che il corpo elettorale che designa il papa è influenzato dal pontefice regnante. Negli Usa c’è una Chiesa ribelle a Bergoglio, perché è integrata nel peggio dell’imperialismo ed è inquinata dalle sette protestanti, organizzazioni razziste, più o meno camuffate».
In Italia?
«Qui da morto ha un grande seguito che fa ben sperare. Poi le divisioni affioreranno nel conclave».
La destra non gli perdona l’attenzione per gli immigrati.
«Anche i laburisti inglesi sono “destra”. Starmer ha copiato Trump nel far vedere i migranti incatenati, mettendo fine al laburismo, che pur aveva una storia. Bergoglio è stato netto e combattivo sul terreno che divide: quello della grande migrazione mondiale. Dà fastidio quando si sentono esponenti del governo e il premier parlare di “migranti irregolari”. Il “regolare” è un turista, con il passaporto e il contratto di lavoro in tasca. Stiamo fingendo grottescamente di non capire… Chi non ha il passaporto è un delinquente? Ci sono storture».
A cosa si riferisce?
«Abbiamo allestito strutture ricettive per 4 milioni di profughi ucraini nel 2022, e poi 50 migranti non sappiamo dove mandarli».
Il dialogo con il mondo islamico?
«L’Islam è un grande fenomeno storico. Non ci si domanda mai perché l’Islam ha avuto questo trionfo nel Medioevo, dalla Siria alla Spagna. Dava la terra ai contadini, e le vecchie strutture romane si sbriciolavano all’arrivo dei musulmani. E’ stato un grande movimento monoteistico. Bergoglio cancellava gli elementi di divisione, e enfatizzava quelli comuni. Lascia una pratica coinvolgente dalla quale sarà difficile divincolarsi».
Gli oppositori della sua linea?
«Se il successore sarà in continuità, le frange più reazionarie tenteranno lo scisma».
Sul conflitto Ucraina-Russia?
«E’ stato sbeffeggiato per aver detto che “la Nato abbaiava ai confini della Russia”. Ricordo una inutile conversazione in un talk con Pier Ferdinando Casini e Mario Monti: una signorina audace mi intervistava, dissi questa frase del Papa. Molti si arrabbiarono, Casini disse: “Anche il Papa può sbagliare”. Casini… Non ha avuto divisioni fornite di missili, ma ha parlato per essere ascoltato da tutti. Le missioni di Zuppi a Mosca non sono state inutili: hanno portato scambi di prigionieri e la restituzione dei bambini ucraini».
Sul Medio Oriente?
«La cartina di tornasole che ci spiega da che parte stare è che Netanyahu odia Bergoglio. Sappiamo quindi dove collocarci. Ecco, la censura impone che si dica “A San Pietro grande folla oggi”, “la sicurezza va così”, poi da Gerusalemme parla la corrispondente Rai Maria Gianniti e dice: “Persiste il gelo di Bibi” E subito dopo: “Continuano i raid israeliani a Gaza”. Questo modo di fare informazione non è accettabile. Il Corsera scrive che “Israele è il modello” perché si può definire un “porcospino d’acciaio”. L’Occidente forma porcospini, imprendibili per gli altri, che non hanno l’acciaio ma hanno il diritto».
L’eredità di Bergoglio?
«La rinascita planetaria della Chiesa cattolica, eredità potenzialmente gravida di sviluppi positivi, fermo restando che chi la guiderà, darà la linea. E nessuno può pronosticare chi sarà il successore... »