La Polizia di Stato ha eseguito 12 perquisizioni in tutta Italia, anche in Puglia e Basilicata, nei confronti di altrettanti soggetti ritenuti responsabili di propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale, etnica e religiosa. L’attività è stata svolta dal Centro operativo per la sicurezza cibernetica della Lombardia, assieme alle Digos e agli uffici territoriali della Polizia Postale. Tra gli indagati figura anche un minorenne. Gli indagati utilizzavano Telegram come piattaforma per aggregarsi e discutere su temi propri dell’estrema destra suprematista e filonazista, tra cui la superiorità della razza bianca, l’odio razziale e l’antisemitismo.
Dalle analisi delle chat, gli investigatori hanno potuto accertare che i membri dei gruppi Telegram manifestavano propositi violenti verso chi non rispondeva ai tratti distintivi della cosiddetta "razza ariana".
Nelle conversazioni emergeva il chiaro intento di “tirare fuori i camerati dal virtuale”, proposito che si concretizzava nell’organizzazione di raduni in presenza e nella promozione di azioni concrete per cambiare lo stato delle cose. La mera appartenenza ai gruppi Telegram oggetto di indagine, infatti, veniva ritenuta del tutto insufficiente se non accompagnata da un impegno concreto nel mondo reale.
Sono state sequestrate diverse armi, tra cui un fucile e una pistola automatica, bandiere con i simboli del nazismo e del fascismo, volantini di propaganda nonché account social e dispositivi elettronici. Gli indagati hanno un’età compresa tra i 17 e i 24 anni. Il più giovane, ancora minorenne, è studente dell’ultimo anno delle scuole superiori. Uno solo - il più grande di età - lavora: si tratta di un ventiquattrenne comasco impiegato presso una fabbrica in Svizzera. Gli altri sono tutti studenti universitari iscritti a varie facoltà, tra cui Lingue, Storia, Filosofia, Lettere Classiche e Veterinaria.
Durante le perquisizioni scattate all’alba del 19 dicembre eseguite dalla Polizia Postale lombarda, assieme agli omologhi uffici del Lazio, Veneto, Toscana, Puglia, Campania, Calabria e Basilicata, sono stati trovati i dispositivi informatici degli indagati e gli stessi sono stati analizzati direttamente sul posto grazie all’uso di avanzati strumenti di digital forensics.