La risposta ai problemi energetici dell’Italia verrà anche dal nucleare, di nuova generazione, quello da fusione. L’apertura arriva decisa da parte del premier Mario Draghi, ottimista anche sui tempi di realizzazione del nuovo prototipo di reattore. Intervenendo davanti al parlamento, il presidente del Consiglio ha spiegato così prossimi scenari: «La strategia europea per l’energia da fusione è sviluppata dal consorzio Eurofusion che prevede l’entrata in funzione del primo reattore a fusione nel 2025-28». E in merito ai nuovi progetti ha chiarito che è necessario, soprattutto davanti a emergenze come quella insorgente per il conflitto in Ucraina, di «sospendere certe norme in periodo di guerra».
Il tema è ovviamente rovente, ma si scontra con la diffusa sensibilità antinuclearista che ha portato anche ai referedum del 1987 e del 2011.
Entusiasta della prospettiva è il consigliere regionale del Pd Fabiano Amati: «Una meraviglia solo a pensarlo e pure a portata di mano. La fusione nucleare consiste nel ripetere ciò che accade sul sole e metterlo in bottiglia». «Quattro anni fa - spiega il politico di Fasano - ho combattuto purtroppo invano per poter portare in Puglia, alla Cittadella della ricerca di Brindisi, per realizzare un pezzo della ricerca nell’ambito dei programma Iter, reattore in costruzione a Cadrache in Francia, e Demo, reattore in fase di studio in grado di realizzare energia per fusione entro il 2050. Chiesi di candidare la Puglia e la Giunta regionale accolse la mia richiesta, ma la Commissione scelse poi il centro Enea di Frascati nonostante non avessero i nostri stessi requisiti. Purtroppo l'argomento dell’energia non lo abbiamo mai vissuto come una candidatura a diventare sede delle Olimpiadi e tutto questo per numerose paure nei confronti di queste infrastrutture di pace, come stiamo vedendo, di sicurezza ambientale e prosperità». «La stessa cosa, anche se più in piccolo, capita per impianti di rinnovabili, rigassificatori nella forma offshore e serbatoi di Gnl. E mentre così facciamo le bollette salgono e le imprese non possono lavorare. Ah come sarebbe stato bello avere maggiore apertura mentale verso il progresso», conclude Amati.
Sul fronte dei pentastellati si registra la presa di posizione del senatore Gian Mauro Dell'Olio: «Draghi non “sdogana” il nucleare, è l'Europa che partecipa al progetto Iter, percorso volto a creare un reattore sperimentale a fusione, non a fissione, come quelli di Chernobyl». «Il prototipo Iter - spiega il parlamentare barese - funziona come le stelle. Lo studio sulla fusione, che è pulita, con radioattività bassa o nulla, c’è già. Draghi ipotizza una data nel 2025-2028? Tra tre anni forse ci sarà un prototipo. È un annuncio esagerato. Non vorrei che si pensasse che si torna al nucleare, però». E qui è molto prudente: «Sullo studio legato al reattore a fusione il M5S non ha problemi. Purtroppo non c’è una assicurazione che copre i danni di una centrale nucleare. Di fatto la fusione nucleare è altro, l’Ue e l’Italia lavorano su questo e noi non abbiamo mai detto di voler uscire da questo programma; siamo solo meno ottimisti del premier sulla tempistica. Non dimentichiamo che non abbiamo ancora i siti definitivi per le scorie nucleari di Montato di Castro e delle altre centrali dell’epoca…».
Dario Damiani, senatore di Forza Italia, componente della Commissione Bilancio: «Siamo senza pregiudizi rispetto al nucleare da fusione. Sosteniamo tutte le fonti alternative anche al gas, dai prezzi assurdi in questa situazione di emergenza. L’indipendenza energetica all’Italia è fondamentale: è un assaggio deciso per costruire un paese più forte. Questi piani però hanno bisogno di tempo. L’apertura di Draghi va sostenuta perché la costruzione di una centrale di nuova generazione ha bisogno di anni per averla operativa. Non bisogna perdere questo nuovo treno».
Davide Bellomo, capogruppo della Lega alla Regione, è favorevole a questa svolta pro nucleare: «Aprirei un reattore alimentato con la fusione nel giardino di casa. L’Ue ha inserito nella categoria di energia green nella prossima tornata di finanziamenti addirittura i reattori di vecchia generazione. La Francia ha già stabilito di aprire altri sei reattori con i fondi Ue. E da qui il paradosso di averli accanto a casa, e pure pagati anche con i soldi nostri. La svolta nucleare è indispensabile perché moderna e pulita: da qui passa la nostra indigenza anche politica».