La Chiesa che si allarga al mondo sceglie come successore di Pietro il cardinale Prevost, il primo Papa americano, mettendo da parte ancora una volta l’opzione italiana.
Papa Leone XIV porta con sé un’eredità storica importante: l’ultimo papa con quel nome, Leone XIII (pontificato 1878–1903), fu noto per la sua apertura al mondo moderno e per l’enciclica Rerum Novarum che inaugurò la dottrina sociale della Chiesa. Un nuovo "Leone" può quindi essere visto come un ponte tra tradizione e rinnovamento. Le sue sfide principali sarebbero simili a quelle generali per ogni nuovo Papa, ma declinate con particolare attenzione alla simbologia e alla storia che il nome "Leone" evoca.
Come fece Leone XIII con la Rerum Novarum, il nuovo Leone potrebbe affrontare le disuguaglianze economiche globali; il ruolo della Chiesa nell’economia digitale, nell’intelligenza artificiale, nella finanza etica; il lavoro umano nella transizione ecologica e tecnologica.
Seguendo l’eredità di Leone XIII, che promosse lo studio della filosofia moderna e della scienza, il Papa americano potrebbe cercare di ricucire il rapporto tra fede e scienza, soprattutto in ambiti come genetica, AI, e neuroscienze, approfondendo il dialogo con l'istruzione laica, le università e i centri di ricerca.
Un "Papa Leone" – nome che evoca forza e guida – è naturalmente spinto ad avere un ruolo profetico nelle crisi internazionali (guerre, migrazioni, crisi ambientali), come dimostrato d’altronde dai molteplici riferimenti e inviti alla pace fatti ieri sera subito dopo l’elezione.
Il nuovo pontefice potrebbe rafforzare la diplomazia vaticana, anche nei confronti di potenze come la Cina, la Russia e gli USA, cercando di imporre quella pace finora solo evocata.
In un’epoca di relativismo morale e di crisi dell’autorità religiosa, Papa Leone XIV dovrebbe cercare un nuovo linguaggio spirituale capace di ispirare credenti e non credenti. Potrebbe, ad esempio, promuovere liturgie più accessibili, un catechismo aggiornato e una pastorale più missionaria.
Il nuovo Leone dovrebbe valorizzare la diversità culturale e teologica delle Chiese locali, bilanciando il potere romano con le esigenze delle Chiese africane, asiatiche e sudamericane, accelerando il cammino sinodale come metodo permanente di governo.