LA PARTITA
La domenica dei saluti diventa una partita vera
La magia di Floriano e la determinazione di Simeri
Chi pensava a un Bari contaminato dai festeggiamenti e, dunque, poco motivato ha sbagliato completamente previsione. L’ultima al «San Nicola» non poteva, in effetti, assurgere al ruolo di partita normale. Magari da giocare con la sigaretta in bocca, senza fame e cattiveria. La domenica dei saluti, per mille motivi, è diventato un giorno importante. La luce in fondo al tunnel, l’anno della rinascita dalle macerie di un fallimento che fa ancora male fisicamente. Allora sì che un campionato vinto tra i dilettanti diventi qualcosa di simile a una carezza. Qualcosa che ti strappa un sorriso e che ti risveglia quel dannato orgoglio tutto barese. Vincere è un fatto culturale. Una svolta mentale, quasi uno stile di vita. Diventa una necessità. Soprattutto quando ti chiami Bari e il calcio che conta è ancora tremendamente lontano. Vincere, appunto. Più lo fai, dicono, e più impari a farlo. Vincere è sempre importante. Dalle partitelle di allenamento ai campionati. Non esistono partite diverse e avversari diversi. La chiamano mentalità. Ed è quello che realmente fa la differenza. Tra una buona squadra e un top club. Quello del Bari è un progetto. Firmato De Laurentiis, sempre più. Che parte dalla base guardando lontano. Crescere non è solo vincere un campionato. Si costruiscono squadre forti, si scelgono allenatori bravi. Ma, poi, quello che disegna la vera diversità è la questione ambientale. L’aria che si respira. E quindi organizzazione, idee, ambizione. Tanti ingranaggi per un obiettivo comune: costruire una casa forte, credibile e, soprattutto, sostenibile. Aver battuto il Rotonda con la serie C già in tasca non riscrive la storia della stagione ma racconta di un gruppo di lavoro che guarda a questa vittoria come a un punto di partenza. Non c’è un tesserato del Bari che ignori la fortuna di poter indossare una maglia così pesante. E allora ogni occasione è buona per contribuire a scrivere altri piccoli pezzi di storia. Un go, un assist, un salvataggio, una parata, una diagonale difensiva. Tutto gonfia il presente e pone le basi per un futuro che andrà preso di petto. Con la stessa ricetta: idee, investimenti, ambizione.
I ventimila cuori biancorossi presenti sui gradoni dello stadio meritavano un altro piccolo regalo. E la squadra di Cornacchini l’ha cercato fino in fondo. Soffrendo, anche. Perché è così che succede quando sei la squadra da battere e tutti ti affrontano come fosse la partita della vita. L’ennesima magia di Roberto Floriano l’aperitivo offerto dalla casa dopo mezz’ora di festa tutta biancorossa. Un tocco morbido che va a morire sotto la traversa (7’) confermando la qualità di un attaccante col passo e la tecnica da categorie superiori. Il Bari è in controllo. Muove il pallone senza sbattersi più di tanto. Un palo a botta sicura di Neglia, qualche chances sprecata da Simeri che, però, si fa beccare spesso oltre la linea dei difensori. Simeri protagonista anche a metà ripresa, col portiere ospite costretto agli straordinari. Ma il calcio è così. Nessuna sorpresa se dal potenziale raddoppio barese si passa al pareggio del Rotonda. Sbaglia Hamlili e anche Marfella non sembra immune da responsabilità (25’). Liguori e Brienza per cercare il guizzo giusto. Lo trova Simeri, ancora lui. Un’altra faccia felice sul carro della C. Bari c’è. Bari vuole esserci ancora. Come ai vecchi tempi.