la storia

Baudo, Armstrong e l’equivoco a ritmo di jazz

ugo sbisà

Anno “bollente” per via delle contestazioni e dei tumulti che attraversarono il mondo studentesco, il 1968 del Festival di Sanremo fu segnato da due… debutti

Anno “bollente” per via delle contestazioni e dei tumulti che attraversarono il mondo studentesco, il 1968 del Festival di Sanremo fu segnato da due… debutti in un certo senso collegati tra loro. Il primo è quello di Pippo Baudo, all’epoca appena trentunenne e alla prima delle sue tredici conduzioni del Festival della Canzone Italiana, record tutt’oggi ben lungi dall’essere insidiato (Mike Bongiorno, suo diretto concorrente, si fermò a undici edizioni). Il secondo, invece, riguarda nientemeno che il grande Louis Armstrong, “catapultato” per la prima volta sul palcoscenico del Salone delle Feste del Casinò (l’Ariston sarebbe arrivato soltanto nel 1977), senza nemmeno rendersi conto di essere stato chiamato come concorrente e non certo come ospite d’onore.

Non era la prima volta che Armstrong prendeva parte a un programma della Rai: nel 1952 era stato ospitato dal programma radiofonico Varietà Internazionale, trasmesso da Firenze e nel 1959 era stato l’ospite d’onore di una puntata speciale del Musichiere di Mario Riva. E a collegare tra loro i due “debutti” c’era proprio quell’equivoco sul motivo dell’invito sanremese, perché mai e poi mai Baudo avrebbe immaginato di dover irrompere sul palcoscenico interrompendo il leggendario trombettista di New Orleans, che invece era convinto di doversi esibire ancora a lungo.

Le circostanze che condussero Armstrong nel programma della kermesse canora meritano di essere ricordate. In quegli anni, le canzoni in gara venivano affidate a due interpreti, uno dei quali straniero e Armstrong era stato invitato a partecipare in abbinata con la sua amica personale Lara Saint Paul, futura moglie italo-eritrea del potente impresario Pier Quinto Cariaggi. Quest’ultimo peraltro, poteva vantare ottime relazioni con i grandi d’Oltreoceano, da Frank Sinatra a Liza Minnelli e nel 1968 era riuscito a centrare un doppio obiettivo: far gareggiare la moglie in abbinata con Armstrong e portare al Festival anche un’altra leggenda del jazz, Lionel Hampton - il vibrafonista lanciato da Benny Goodman e diventato celebre negli anni dello Swing - cui venne affidato il compito di rieseguire tutte le canzoni in versione strumentale per aiutare pubblico e giurati a memorizzarle meglio. Il brano proposto da Armstrong e dalla Saint Paul s’intitolava Mi va di cantare, una canzoncina riecheggiante il jazz tradizionale che il Nostro eseguì in maniera un po’ goffa, per giunta leggendone il testo italiano su un pezzo di carta incollato sul pavimento. Quando però ebbe terminato la canzone – eseguita con l’accompagnamento della band del clarinettista Hengel Gualdi, considerato il Benny Godman italiano -, incoraggiato dalle ovazioni riservategli dal pubblico e dai musicisti, Armstrong credette di dover continuare a esibirsi: per la sua partecipazione, era stato pagato ben 32 milioni di lire e gli sembrava assurdo dover prendere tutti quei soldi per soli tre minuti. A beneficio dei Lettori, val la pena ricordare che nel 1968 una Fiat 500 costava 475mila lire, mentre lo stipendio di un laureato si aggirava intorno alle 200mila lire al mese.

L’ingrato compito di invitare Armstrong ad abbandonare il palco toccò quindi a Baudo che fu quasi costretto a togliergli la tromba di mano. Ma malgrado tutto, la canzone arrivò in finale e in quell’occasione – il Festival fu vinto da Sergio Endrigo e Roberto Carlos con Canzone per te – qualcuno pensò bene di recuperare offrendo al sessantasettenne jazzman l’opportunità di esibirsi un po’ più a lungo, riservandogli persino un premio speciale. Di quella parentesi italiana, c’è però un’altra storia che merita di essere raccontata, perché insieme con la moglie Lucille, Armstrong venne ricevuto al Vaticano in udienza privata da Paolo VI, un onore mica da poco per un ex “scugnizzo” di New Orleans, cresciuto tra le case d’appuntamento e il riformatorio e con ben quattro matrimoni sulla schiena. E contravvenendo a ogni protocollo, al Papa che gli chiedeva se avesse avuto figli, Louis rispose sornione: «Purtroppo no Santità, ma mi sono divertito un sacco provando a farli!».

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