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Dallo schermo alla storia, anche il cinema amava la pace
Il cinema ha concorso non poco a questo 2024 che se ne va, sotto il segno di guerre a macchia di leopardo che minacciano di compattarsi ancor di più nel 2025 sullo scenario geopolitico pericolosamente mondiale
Il cinema ha concorso non poco a questo 2024 che se ne va, sotto il segno di guerre a macchia di leopardo che minacciano di compattarsi ancor di più nel 2025 sullo scenario geopolitico pericolosamente mondiale. Compresi due eventi concomitanti, esperiti da chi scrive in due diverse sale baresi: uno è l’applauso a scena aperta dei tantissimi spettatori per la riuscita trionfante dell’esperimento atomico di Los Alamos nel conclamato e pluripremiato, quanto ignobile Oppenheimer di Christopher Nolan, inquietante osanna di neo-propaganda allo scienziato della bomba atonica; l’altro è la triste assenza di pubblico alla proiezione della versione stupendamente restaurata del più grande capolavoro pacifista di tutti i tempi, L’arpa birmana (1956) di Kon Ichikawa, culturalmente, civilmente e moralmente più avanti del retrivo Oppenheimer.
Fu l’unico film menzionato dal filosofo della nonviolenza, attivista e pedagogista Aldo Capitini, che il 24 settembre del 1961 organizzò la prima Marcia per la Pace da Perugia ad Assisi, nella cui fiumana di ventimila persone sfilarono anche Italo Calvino, Norberto Bobbio, Guido Piovene, Giovanni Arpino, Carolo Arturo Jemolo, Franco Fortini, Goffredo Fofi ed Edmondo Marcucci.
Traccia resta nel bel documentario che quello stesso anno diresse Glauco Pellegrini con la voce narrante di Gianni Rodari, quindi nell’imperdibile nuova edizione aggiornata e illustrata del volume curato dallo stesso Capitini, In cammino per la pace. Documenti e testimonianze sulla marcia Perugia-Assisi, pubblicato la prima volta da Einaudi nel 1962. L’attuale “aggiunta”, nell’accezione capitiniana del termine, di questa bellissima riproposizione del testo, approntata da Gabriele De Veris, Andrea Maori, Giuseppe Moscati e Mao Valpiana, si avvale del ricco apparato fotografico degli archivi del Movimento Nonviolento e della Fondazione del Centro Studi di Aldo Capitini e Aldo Peverini: così rivive un episodio irripetibile ed esemplare della storia italiana e internazionale, di cui anche il grande, ovvero miserabilmente “piccolo” schermo da Oscar dovrebbe far oggi tesoro.