BARI - «La magistratura esamina i fatti liberamente. Ciascuno di noi è obbligato a collaborare. Ci mancherebbe pure che in una situazione in cui si indaga su un sistema di potere, questo sistema di potere avesse pure come risultato quello di eliminare dal gioco, per questa ragione, un suo avversario politico». Lo ha detto il governatore della Puglia, Michele Emiliano, rispondendo ai giornalisti sul suo ipotetico conflitto di interesse in qualità di candidato alla segreteria del Pd e testimone nell’inchiesta Consip.
Emiliano ha aggiunto che l’idea di poter essere in conflitto di interesse «mi sembrerebbe piuttosto singolare e anche abbastanza banale. Però capisco - ha detto - che quando qualcuno sta disperato, adopera ogni sistema per far fuori gli avversari». «Credo come al solito - ha concluso - che applicando le leggi e le norme e facendo il proprio dovere si risolve ogni cosa».
«Farò il mio dovere se l’autorità giudiziaria mi chiederà e nessuno si deve permettere neanche di fare questo ragionamento. Anzi, qualcuno dovrebbe chiedere ai protagonisti di questa storia, il significato di questa storia. Il fatto che io sia a conoscenza di fatti che potrebbero essere rilevante ai fini di un’indagine, certamente non potrà ledere alcuno dei miei diritti. Faccio il mio dovere di testimonianza ed esercito i miei diritti», ha poi sottolineato «Se ho avuto la sfortuna per colpe non mie di essere testimone di fatti rilevanti ai fini di un’indagine penale, - ha aggiunto Emiliano - certo non è colpa mia».
LE INDAGINI - Emiliano sarà probabilmente ascoltato sugli sms, dei quali ha parlato «il Fatto Quotidiano», ricevuti da Luca Lotti e da Tiziano Renzi, padre di Matteo, riguardanti un presunto sostegno all’imprenditore toscano Carlo Russo. «Ho già chiarito sul @fattoquotidiano nessun coinvolgimento solo tutta la verità a domanda del giornalista. Non esageri». Così il presidente della Regione Puglia e candidato alla segreteria Pd, Michele Emiliano, ha replicato su Twitter al deputato Cinquestelle, Danilo Toninelli, che scrive sul social: «Pure lo sceriffo #Emiliano è coinvolto nell’inchiesta #Consip? Il #Pd chiarisca invece di pensare solo alle poltrone! #VogliamoLaVerità».
Il contenuto degli sms sarà oggetto anche dell’interrogatorio al quale Tiziano Renzi, indagato per concorso in traffico di influenze, sarà sottoposto la settimana prossima dal pm Mario Palazzi, titolare degli accertamenti di piazzale Clodio.
Secondo quanto riportato dal Fatto le intercettazioni, risalenti all’estate del 2016, rivelano dei presunti affari immobiliari che Tiziano Renzi e Alfredo Romeo avrebbero voluto fare in Puglia. Affari a cui sarebbe interessato anche Carlo Russo, amico di Tiziano Renzi, che negli sms per accreditarsi si dichiara in rapporti con Michele Emiliano.
Nella vicenda Consip risultano indagati il ministro Luca Lotti, il comandante generale dell’Arma dei Carabinieri Tullio Del Sette e il comandante della Legione Toscana dei carabinieri, il generale Emanuele Saltalamacchia. Nei loro confronti la Procura contesta i reati di rivelazione del segreto d’ufficio e favoreggiamento. Il reato di traffico di influenze è contestato invece a Tiziano Renzi in concorso con altri.
Nell’indagine, che di fatto viene coordinata da due Procure, il focus principale degli inquirenti è rivolto alla gara d’appalto, bandita nel 2014, denominata Fm4 (facility management) del valore di 2,7 miliardi di euro e che era stato suddiviso in una serie di lotti.
Agli atti dell’indagine anche decine di intercettazioni telefoniche acquisite nel filone napoletano dell’inchiesta tra Romeo e l’ex deputato Italo Bocchino, «consulente» dell’imprenditore: secondo i pm di Napoli l’esponente politico avrebbe dato, come si legge in un recente decreto di perquisizione, «indicazioni a Romeo su quando e come pagare e su come compiacere i rappresentanti della 'cosa pubblica' con denari e altre utilità». Circostanza seccamente smentita da Bocchino.
Per l’inchiesta Consip, nel dicembre scorso, dopo aver ricevuto gli atti da Napoli, i pm capitolini hanno ascoltato il ministro dello Sport Lotti e il comandante generale dell’Arma, Del Sette. Entrambi hanno respinto le accuse, sostenendo di non aver mai rivelato ai vertici di Consip l’esistenza di indagini. In particolare Lotti, interrogato il 27 dicembre scorso, ha affermato di «non avere mai saputo nulla di indagini» relative alla Consip. Riferendosi all’amministratore delegato della società, Luigi Marroni, che sentito come persona informata sui fatti dai magistrati di Napoli aveva fatto il nome dell’allora sottosegretario, Lotti ha detto di «non frequentarlo» e di «averlo visto solo due volte nell’ultimo anno».