A Bari e provincia si muore sei volte di più della Taranto dell’Ilva. Morti 2015: trentacinque contro sei. Una media di tre morti al mese. I primi due mesi del 2016 segnano una sola tragedia. Ma gli infortuni gettano di nuovo numeri da fango: 10.768. Primato assoluto: più del doppio di Lecce (4.789), Taranto (4.710) e Foggia (4.362). A gennaio e febbraio 2016 sono stati 1.741: se il trend dovesse essere quello dei primi due mesi avremmo alla fine dell’anno 10.446 infortuni. Come dire, un calo rispetto al 2015, ma una diminuzione davvero lieve. Queste cifre sono solo una parte della radiografia resa possibile dai dati forniti dalla direzione regionale Puglia dell’Inail, l’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro. Una radiografia, vale la pena precisarlo, fatta sulla base delle denunce, non dei casi accertati e che considera sia gli incidenti in itinere (nel tragitto casa-lavoro) sia quelli sul luogo di lavoro. Ma che non toglie nulla all’analisi del fenomeno perché sia pure il numero dei casi «definiti» sia più basso di quello dei casi denunciati, l’andamento è lo stesso. Anzi, le «denunce» dicono qualcosa in più .
Torniamo alle morti. Nel 2010, anno in cui gli effetti della crisi economica cominciano a mordere posti di lavoro in maniera drammatica, i morti sono 30. L’anno successivo scendono a 21. Ma dal 2011 l’incremento, sia pure a singhiozzo, si fa preoccupanate: 28 (2012), 31 (2013), 30 (2014) e 35 (2015). Certo, l’estate 2015 è quella, «eccezionale», della tragedia nella fabbrica di giochi pirici «Bruscella» che a Modugno spedisce al cimitero dieci lavoratori nel giro di pochi minuti. Ma la statistica è impietosa considerando anche il rapporto col numero degli occupati e il quadro nazionale, perché racconta di un fenomeno che non diminuisce proprio mentre la crisi cancella assunzioni.
Una elaborazione fatta dall’Osservatorio sicurezza Vega Engineering proietta Bari al quarto posto nella classifica nazionale dei casi (definiti) di morte e per giunta con l’esclusione di quelli nel tragitto casa-lavoro: la provincia del capoluogo di regione, con 26 morti, è preceduta solo da Napoli, Milano e Roma, città che hanno numeri di occupati assai più consistenti rispetto ai 384mila 250 di Bari. Nella graduatoria in base all’indice di incidenza (morti/occupati) la provincia di Bari è al 19° posto metre quelle di Napoli, Milano e Roma sono rispettivamente al 51°, 88° e 77° posto.
Rimaniamo sulla fotografia Inail allargata alla Puglia. Il dato nefasto dei morti negli ultimi cinque anni, dice che i settori più coinvolti sono industria, artigianato e terziario. E lo sono più dell’agricoltura. Basso il numero di lavoratori extra Ue ed europei: la maggior parte delle vittime è costituita da pugliesi, quasi tutti maschi e per la maggior parte dentro una fascia di età compresa tra i 45 e i 59 anni.
Se lo sguardo invece va agli infortuni, il ritratto finale è a tinte apparentemente meno fosche. Gli anni di magra hanno di fatto sancito una diminuzione degli infortuni, almeno dal punto di vista statistico. E anche qui, si tratta di infortuni che riguardano i lavoratori più che le lavoratrici, anche perché, quest’ultime, sono presenti nel mercato dell’occupazione in un numero sensibilmente inferiore. Pochi i non-italiani.
Quello che fa riflettere, piuttosto, è la graduatoria degli infortuni suddivisa in base all’età. Bene: il primo dato che balza evidente è che nemmeno i giovanissimi, quelli fino a 14 anni, vengono risparmiati. Non ci sono morti nei primi due mesi del 2016, ma gli episodi di infortuni sono più di tremila. E negli anni dei maggiori effetti della crisi, dal 2012 al 2014 il numero di episodi si è sempre mantenuto attorno a quota 3mila e 700.
Il secondo dato riguarda il «polo» anagrafico opposto. Una sola la fascia d’età che segna tra tutte un numero di infortuni ogni anno in crescita. Ed è quella compresa tra i 60 e 64 anni. Dal 2012, mentre in quasi tutte le altre fasce d’età il numero degli infortuni diminuisce, pe rgli over 60 passa da 1.127 (2012) a 1.424 (2013), 1.567 (2014) fino a raggiungere i 1.832 (nel 2015): 705 episodi in più in quattro anni non sono roba da niente.
Che cosa concludere da queste ultime evidenze strastiche? Bisognerebbe avere un quadro di dati più specifici e disaggregati per non incorrere in smentite. Ma sembra non azzardato dire che gli adolescenti già inseriti nel mondo del lavoro pugliese sono dentro sistemi di cautela e di prevenzione forse non adeguati rispetto alla vulnerabilità che deriva dall’inesperienza per la giovanissima età.
Quanto agli over sessanta, il dato dà ragioni alle organizzazioni sindacali che, compatte e in maniera unitaria, sostengono la richiesta di modificare i criteri di uscita dal mondo del lavoro proprio in virtù del prezzo alto pagato da chi, molto avanti negli anni, è costretto a rimane in attività.
La lettura dei numeri e delle voci che riportiamo nei grafici in pagina spinge a una valanga di domande. Una su tutte: ma è possibile invertire il trend? E la prevenzione?
Gli «azionisti di riferimento» dell’Inail, a pensarci bene, sono le aziende: sono esse che pagano i premi assicurativi. Una parte dei versamenti compone un salvadanio che l’Inail dedica ogni anno ai bandi per miglioramento dei livelli di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro (bando Isi). Insomma, con una mano i datori di lavori pagano, con l’altra potrebbero prendere. Potrebbero. Sì perché almeno in Puglia anche sulla prevenzione i numeri fanno gridare di rabbia. Gli ultimi dati a disposizione sono quelli validi fino al 2014 e relativi al bando Isi 2013: l’Inail ha stanziato per la Puglia oltre 12 milioni e 200mila euro, il 3,98% del budget nazionale, per incoraggiare il miglioramento dei livelli di salute e di sicurezza specie in agricoltura e edilizia. «Tra tutti i progetti presentati, 106 sono risultati finanziabili, per un importo di c irca 7milioni e 500 mila euro», è scritto nel rapporto regionale del 2014. E dire che si tratta di soldi in larga parte a fondo perduto. Nel 2012, su 140 progetti, solo sette erano finanziabili. Nessuna sorpresa allora se i morti camminano.
«Morti bianche»

Le statistiche dell'Inail: la fascia di età che registra il maggior aumento degli incidenti è quella compresa tra 60 e 64 anni
Sabato 28 Maggio 2016, 11:08
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