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Taranto, sciopero all'ex Ilva con presidio e corteo: «Non ci fermeremo se non avremo risposte. Stato acquisisca il controllo della fabbrica»

 
Redazione online (Foto e video Todaro)

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La mobilitazione organizzata «per mandare via l’attuale governance» a favore «dell’intervento pubblico». I sindacati: «Non ci fermiamo senza risposte». Il sindaco Melucci «ormai è imprescindibile che ArcelorMittal vada via»

Lunedì 21 Novembre 2022, 07:59

18:59

TARANTO - «Via da Taranto, via da Taranto! Chi non salta è Morselli, chi non salta è Morselli!». Sono gli slogan scanditi dal gruppo di lavoratori dello stabilimento siderurgico di Taranto e di rappresentanti sindacali che hanno raggiunto Palazzo di città nel giorno dello sciopero di 24 ore proclamato in maniera unitario per un presidio davanti al Municipio. Un corteo composto da decine di lavoratori dello stabilimento siderurgico di Taranto, compresi gli operai dell’appalto e di Ilva in As, e di rappresentanti sindacali, si è aggiunto al presidio, dalle portinerie della fabbrica al Municipio di Taranto. «La volete la Morselli?» ha detto al microfono un delegato della Uilm. «Via da Taranto, fatevi sentire. Devono andare via da qui, hanno distrutto - ha aggiunto - lo stabilimento e una intera città, una intera economia. Questa è la prima di una serie di mobilitazioni. Non ci fermeremo fino a quando non avremo risposte per i lavoratori diretti, dell’appalto e di Ilva in As». Quindi, una delegazione di delegati delle sigle metalmeccaniche ha incontrato il sindaco, Rinaldo Melucci.

«Lo Stato deve acquisire il controllo e la gestione degli impianti nazionalizzando o diventando socio di maggioranza, rinegoziando l’accordo che prevede la transizione dei nuovi assetti societari al 2024, anticipandola da subito, stabilendo e vincolando l’utilizzo dei fondi pubblici e la loro destinazione». E’ quanto si legge in un documento congiunto sulla vertenza ex Ilva firmato dal sindaco e presidente della Provincia di Taranto Rinaldo Melucci e dalle organizzazioni sindacali Fim, Fiom, Uilm, Usb e Ugl Metalmeccanici con le categorie servizi, edili e trasporti e i segretari Confederali di Cgil, Cisl e Uil. Nel documento vengono indicate le altre priorità: «Acciaierie d’Italia - esortano i firmatari - deve ritirare il provvedimento di taglio degli ordini e delle commesse delle imprese dell’indotto» e «il Governo deve costituire un tavolo permanente con tutti i soggetti interessati per subordinare i finanziamenti ad un indirizzo chiaro da un punto di vista ambientale, sanitario, industriale e occupazionale prevedendo un monitoraggio costante a tutela del rispetto delle condizioni di salute e sicurezza all’interno del sito produttivo di Taranto" Inoltre, il Governo, affermano il primo cittadino e i sindacati, "deve garantire la prospettiva occupazionale dei lavoratori Ilva in As, emettendo nel frattempo il decreto apposito in legge di bilancio riguardante il rifinanziamento dell’integrazione salariale alla Cigs, così come previsto da due accordi ministeriali in essere». La decisione dell’azienda di sospendere l’attività di 145 ditte dell’indotto per i sottoscrittori del documento rappresenta "l'epilogo di un atteggiamento che l’azionista di maggioranza della società (ovvero Arcelor Mittal) continua ad avere dal suo arrivo a Taranto. Da anni infatti denunciamo in ogni sede e a tutti i livelli istituzionali, i continui ricatti e pretesti adottati dal soggetto privato nei confronti del governo italiano, che - sostengono ancora - continua ad utilizzare migliaia di lavoratori della nostra comunità come scudo umano per i propri interessi». 

La nota dell'azienda

«Tutti gli ingressi sono stati picchettati ed è stato impedito a chi voleva entrare di farlo. Quindi i dati non sono significativi». Lo riferiscono fonti vicine ad Acciaierie d’Italia in merito allo sciopero di 24 ore indetto dai sindacati. Secondo la Fim Cisl, nel primo turno «lo sciopero ha registrato un dato altissimo di aderenti, circa il 90 per cento fra diretti, appalti e indotto».

Il sindaco Melucci «è imprescindibile che ArcelorMittal vada via»

«Credo che ormai da qualche tempo c'è una grande sintonia su alcune semplici cose e ora non dobbiamo commettere l’errore di dividerci e di mostrare che la comunità non ha le idee chiare. Le semplici cose sono che ormai anche per gli enti locali è imprescindibile che ArcelorMittal vada via. Serve un’Ilva italiana, nazionalizzata, che possa affrontare tutte le tematiche, non solo del mondo del lavoro, che sono care ai cittadini di questo territorio». Lo ha detto il sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci, incontrando i lavoratori dello stabilimento siderurgico (compresi appalti e Ilva in amministrazione straordinaria) e i delegati sindacali che si erano riuniti in presidio a palazzo di città per manifestare contro la governance di Acciaierie d’Italia.

«Tutto questo - ha aggiunto - si fa su un tavolo più o meno della forma che è stata insediata l’altro giorno dal ministro Urso, quindi abbiamo fiducia che si prosegua in quella direzione. So che sentirete anche il presidente Emiliano e so per certo che la Regione Puglia è su questa lunghezza d’onda. Noi chiederemo insieme a tutte le parti sociali a gran voce, di nuovo, e lo abbiamo già fatto dichiarandolo a mezzo stampa, che serve che il governo prenda il timone di quell'azienda e intervenga seriamente attraverso quel tavolo - ha osservato rivolgendosi ai lavoratori - per il futuro di tutti quanti voi».
«Per il resto - ha concluso Melucci - siamo con voi e non mandiamo all’esterno messaggi di divisione, messaggi sbagliati. Lo so che la rabbia e la fatica in qualche maniera a volte fa perdere le staffe. Però tutti quanti dobbiamo fare il tentativo di restare insieme su quel tavolo, altrimenti non porteremo a casa niente».

Il governatore Emiliano: «Intervenga il Governo: Taranto non può essere sottoposta a questa pressione industriale e sociale da parte di Arcelor Mittal» 

«Il Governo intervenga. Se ritiene la produzione di acciaio strategica, riprenda in mano la guida della fabbrica, agisca per la tutela dell’occupazione e dell’indotto e soprattutto, non faccia mezzo passo indietro rispetto al processo di decarbonizzazione e transizione senza il quale ogni altro ragionamento sarebbe privo di senso, perché in uno stato di diritto non può esistere nessuna scelta tra salute e lavoro». Lo dichiara il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano in merito alla situazione dell’ex Ilva nella giornata di sciopero e corteo a Taranto. «Come è noto, le decisioni in merito all’ex Ilva può prenderle solo il Governo, ma la Regione Puglia è disponibile come sempre a fare tutto il possibile per essere al fianco dei lavoratori, dei sindacati e di tutti i tarantini», conclude. 

«Taranto non può essere sottoposta a questa pressione industriale e sociale da parte di Arcelor Mittal. Lo avevamo detto a Roma, giovedì scorso, al ministro Urso, lo ribadiamo oggi, come sempre con un’unica voce che arriva dal territorio, da Regione e Comune insieme - aggiunge il governatore - Che Arcelor Mittal fosse il peggiore degli acquirenti ci era chiaro sin dai tempi della sua aggiudicazione: era il 5 giugno del 2017 quando il Governo firmò il decreto di aggiudicazione del gruppo Ilva ad Arcelor Mittal, ignorando le richieste formulate dai sindacati di un ulteriore confronto e soprattutto i contenuti del rilancio operato dall’altra cordata in corsa che avrebbe di fatto a migliorato, attraverso una ulteriore competizione nell’interesse di ambiente e lavoratori, le proposte in campo. In quel momento - conclude - era già chiaro che il gruppo industriale non aveva alcun interesse a rilanciare la fabbrica in chiave di modernità e sostenibilità, ciò che contava probabilmente era acquisire la quota di mercato evitando l’ingresso di altri competitor».

Lo sciopero

Lo sciopero di 24 ore proclamato in maniera unitaria dai lavoratori diretti di Acciaierie d’Italia, dell’appalto e di Ilva in As e indetto dai sindacati prevede a Taranto stop di 8 ore per ogni turno, di 4 ore invece negli altri siti del gruppo. La mobilitazione è stata organizzata «per mandare via - hanno spiegato le organizzazioni sindacali - l’attuale governance» a favore «dell’intervento pubblico». Nel capoluogo ionico è previsto anche un corteo che partirà dalla portineria tubificio dello stabilimento siderurgico per raggiungere i lavoratori dell’appalto e proseguirà verso le altre portinerie D ed A per giungere davanti alla portineria Direzione.

Anche l’Usb e l’Ugl Metalmeccanici hanno indetto autonomamente lo sciopero di 24 ore. Le iniziative a livello locale fanno seguito alla proclamazione di sciopero di gruppo da parte delle segreterie nazionali di FIm, Fiom e Uilm, dopo l'incontro di giovedì scorso con il ministro Adolfo Urso, che demandano ai sindacati territoriali l’articolazione della mobilitazione. A Taranto è la prima di un pacchetto di 48 ore di sciopero e coinvolge anche le categorie multiservizi, edili e trasporto.

«Lo sciopero di oggi in tutti gli stabilimento del gruppo Acciaierie D’Italia, ex Ilva, e la massiccia adesione dei metalmeccanici allo stesso ed alle manifestazioni di Taranto e Genova segna l’avvio di una fase di mobilitazione che dovrà conseguire concreti e significativi risultati». Lo dichiara in una nota Gianni Venturi, responsabile nazionale siderurgia per la Fiom Cgil, aggiungendo che «non si può assistere ad una lenta e inesorabile agonia degli impianti, al deterioramento delle condizioni di sicurezza, al permanere di un utilizzo così ampio e unilaterale degli ammortizzatori sociali, al taglieggiamento delle imprese e delle condizioni dei lavoratori nell’indotto». Secondo Venturi, «occorre una svolta in tempi rapidissimi. Non è pensabile arrivare al 2024 in queste condizioni, si deve sciogliere adesso il nodo dei rapporti con ArcelorMittal: lo Stato acquisisca il controllo e la gestione degli impianti, nazionalizzando o comunque diventando maggioranza da subito nel Consiglio di Amministrazione»

«Lo Stato - esortano le organizzazioni sindacali - acquisisca il controllo e la gestione degli impianti nazionalizzando o diventando socio di maggioranza, rinegoziando l’accordo che prevede la transizione dei nuovi assetti societari al 2024, stabilendo e vincolando l’utilizzo dei fondi e la loro destinazione». I sindacati invitano inoltre Acciaierie d’Italia a ritirare «il provvedimento di taglio degli ordini e delle commesse delle imprese dell’indotto (145 quelle interessate, ndr)», mentre «il Governo sia garante di un riequilibrio delle relazioni sindacali all’interno del gruppo Acciaierie d’Italia oggi assenti». 

«Lo stabilimento è sul punto di cedere definitivamente. Se si spegne non si riaccende più» dicono i delegati Fim Cisl. «La fabbrica - hanno aggiunto i rappresentanti sindacali - è paralizzata, ulteriori rinvii trascinerebbero alla chiusura il siderurgico. Davanti a questa prospettiva noi non saremo fermi e useremo tutte le nostre forze. Chiediamo al governo di usare tutta la forza per fare in modo che la decisione sulle 145 ditte dell’appalto rientri prima possibile e pianifichi la ricollocazione dei lavoratori di Ilva in As».

Il segretario generale aggiunto della Fim Cisl Biagio Prisciano ha detto che si tratta «di una prima iniziativa. Vedremo di programmare ulteriori 24 ore se non avremo risposte concrete. Scioperiamo contro una gestione scellerata, che fa acqua da tutte le parti. Pretendiamo che il governo prenda in mano questo stabilimento che produce solo cassa integrazione. Npi non vogliamo vivere di cassa integrazione».

Per Vincenzo La Neve, coordinatore di fabbrica Fim Cisl di Acciaierie d’Italia, «c'è la necessità che lo Stato acquisisca il controllo e la gestione degli impianti e diventi socio di maggioranza. Solo questa potrebbe essere una garanzia per i lavoratori e una cittadinanza che hanno pagato tanto negli anni. Noi ci auguriamo dal nuovo governo un cambio di passo rispetto a quelli precedenti che hanno lanciato solamente slogan senza mettere un punto a questa vertenza lunghissima. Poi bisogna tutelare i lavoratori in As in base all’accordo del 6 settembre 2018 che resta per noi il faro della vertenza. Guai a cancellarlo». 

«Ci siamo mobilitati perché siamo stanchi. L’obiettivo dichiarato comune è quello di allontanare la multinazionale e il suo amministratore che hanno depredato la città, impoverito i lavoratori e stanno massacrando migliaia di famiglie sul territorio. Devono andare via senza se e senza ma», ha affermato Francesco Rizzo dell’Esecutivo confederale Usb durante la mobilitazione dei sindacati davanti alle portinerie dello stabilimento Acciaierie d’Italia di Taranto in occasione dello sciopero di 24 proclamato in maniera unitaria. «Abbiamo detto al ministro Urso - ha aggiunto Rizzo - che se si vuole tentare di salvare qualcosa, la prima operazione è questa. L'alternativa è dare il miliardo alla Morselli e i soldi potrebbero essere dilapidati in poco tempo. Tra qualche mese staremo a parlare di un’azienda che non esiste più e di lavoratori che avranno perso l’ultima speranza di vedere salvo il proprio posto di lavoro».

«Se l’azienda è ancora in piedi lo deve esclusivamente all’impegno dei suoi lavoratori. Scioperiamo compatti per riprenderci la nostra dignità e cacciare la Morselli e il suo staff. Questa astensione è la prima iniziativa importante che servirà come termometro per valutare fatti e situazioni e che porterà allo sviluppo di altre iniziative utili al raggiungimento dell’obiettivo». Così Gennaro Oliva, coordinatore di fabbrica Uilm dello stabilimento Acciaierie d’Italia di Taranto nel giorno dello sciopero di 24 ore dei lavoratori diretti, dell’appalto e di Ilva in As proclamato dalle organizzazioni sindacali. «La nostra lotta in questo momento - ha aggiunto il sindacalista - non è tanto per ottenere il miliardo di euro previsto dal Dl Aiuti che consentirebbe la prosecuzione delle attività e il rientro delle ditte dell’appalto sospese, quanto pretendere il cambio gestionale, il reintegro dei lavoratori Ilva in As e lavorare con dignità e nel rispetto di lavoro e salute, diritti costituzionali, senza alcuna distinzione. Rimanere passivi e l'unica cosa da non fare». 

Gozzi, presidente Federacciai: «Il Governo si concentri su questa crisi»

«La situazione è difficile perché su problemi strutturali che esistono a Taranto si aggiunge una  congiuntura che volge alla caduta dei prezzi e dei volumi». Lo afferma il presidente di Federacciai, Antonio Gozzi, a margine  dell’assemblea di Confindustria Genova. «Bisogna partire dal fatto che Taranto è asset strategico per il Paese, da lì dipendono non solo i lavoratori diretti, ma decine di migliaia di occupati indiretti nelle filiere a valle della produzione di acciaio. Bisogna che il Governo si concentri su questa crisi e che tutti insieme, in una logica di sistema, si cerchi una soluzione»

«Noi - ha aggiunto - come ha detto il presidente di Confindustria, Bonomi, siamo disponibili a fare la nostra parte, siamo siderurgici, ci intendiamo del mestiere e siamo disponibili a sederci attorno a un tavolo con Governo e sindacati per ragionare su cosa sia possibile fare per salvare questo asset».

«L'asfissia finanziaria di Taranto è spiegata dal fatto che Arcelor Mittal non sostiene finanziariamente l’Ilva, perché altrimenti non sarebbe strangolata come è. Bisogna prendere atto della situazione, definire i problemi e esplorare le strade che esistono per salvare questo asset strategico per l’economia italiana». Ha continuato Antonio Gozzi a margine dell’assemblea di Confindustria Genova parlando della situazione di Acciaierie d’Italia.

«I Riva investivano a Taranto e negli altri impianti 350-400 milioni di euro l’anno - ha ricordato Gozzi - perché la siderurgia ha bisogno di investimenti continui per mantenere il livello di qualità dei prodotti e di sicurezza delle produzioni. Purtroppo in questi 10 anni investimenti sugli impianti non ci sono stati, ma si sono fatti importantissimi investimenti di ambientalizzazione e oggi la situazione di Taranto è completamente diversa rispetto a 10 anni fa. Taranto, dal punto di vista degli investimenti ambientali fatti, è uno dei primi impianti del mondo. Oggi esistono le condizioni per un piano industriale di rilancio, ma bisogna decidere chi lo fa. Non siamo più nell’era delle partecipazioni statali gloriose per la città di Genova e della Finsider, non è immaginabile la riedizione di una cosa che non esiste più, ma potrebbe essere che lo Stato, in fase transitoria, decida di intervenire seriamente su quell'azienda e costruisca un’ipotesi di privatizzazione a termine».

Gesmundo (Cgil): «Vicini ai lavoratori»

“Siamo al fianco dei lavoratori dell’ex Ilva che stanno scioperando contro la decisione dell’azienda di sospendere le attività di 145 imprese appaltatrici nello stabilimento siderurgico di Taranto, con duemila lavoratori coinvolti, aumentando la cassa integrazione per i lavoratori diretti”. Lo afferma il Segretario generale della Cgil Puglia Pino Gesmundo commentando la decisione unitaria delle categorie di Cgil, Cisl e Uil di fermare le attività delle fabbriche per quattro ore in tutta Italia e per 48 ore a Taranto, sopraggiunta dopo l’assenza di Acciaierie d’Italia al tavolo negoziale convocato al Ministero dell’Impresa giovedì 17 novembre.

“Serve subito chiarezza sul futuro industriale del polo siderurgico per dare risposte sulla tutela occupazionale e sulla sicurezza ambientale per un’attività produttiva che continua ad essere di interesse strategico nazionale. Pertanto chiediamo a tutte le istituzioni interessate, nazionali e territoriali, di attivarsi affinché, anche con un maggiore protagonismo pubblico, l’azienda riapra il dialogo con le parti sociali e tenga fede agli accordi già stipulati” conclude Gesmundo

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