Bari - A salvarli è stato il fatto che nel 2020 hanno restituito al Consiglio regionale i 285mila euro non utilizzati, grazie ai quali possono essere comunque compensati i 185mila euro spesi per consulenze che però erano stati contabilizzati sotto una voce ritenuta errata. Ma restano fuori altri 18mila euro che i consiglieri regionali grillini della scorsa legislatura dovranno restituire, perché spesi senza autorizzazione: tre «premi» erogati ad altrettanti avvocati, gli «straordinari» a un commercialista, e la quota «grillina» di una transazione con un ulteriore avvocato.
Le Sezioni riunite della Corte dei conti hanno riesaminato le prime quattro delibere con cui la Sezione di controllo pugliese ad aprile ha condannato quasi tutti i gruppi politici a restituire circa 700mila euro in relazione ai bilanci dei primi nove mesi del 2020, cioè l’ultimo pezzo della scorsa legislatura regionale. Le pronunce ora sono definitive. I giudici contabili hanno annullato la condanna che riguarda «Emiliano Sindaco» (valeva 107mila euro), hanno confermato quella del movimento «Schittulli» (24mila euro per l’uso di personale interinale), e hanno accolto in parte i ricorsi dei Popolari (condannati a pagare 2.400 euro) e, appunto, del Movimento 5 Stelle.
La questione è tecnica e riguarda in particolare l’utilizzo di consulenti come personale del gruppo consiliare, possibilità che in effetti è concessa dalla legge regionale pugliese: oltre ad assumere segretarie e addetti stampa, i gruppi politici possono caricare tra le spese di personale anche i costi per le consulenze. Nei fatti si tratta di un trucco, architettato due legislature fa a fronte del fatto che a ciascun consigliere sono riconosciuti 53mila euro l’anno di rimborso per il personale e solo 5mila euro per le spese di funzionamento del gruppo politico, cosicché è più facile far passare tutto (compresi gli amici) sotto la prima voce. Come è del resto avvenuto fino al 2019 senza che i giudici contabili muovessero obiezioni. Poi lo scorso anno la Sezione di controllo (presidente Carlo Picuno) ha cambiato orientamento: basandosi su quanto avvenuto in Basilicata (dove però la legge è diversa), ha stabilito che gli esperti chiamati a supporto dell’attività collegata ai lavori del Consiglio (ad esempio per scrivere leggi ed emendamenti) vanno sempre pagati con le spese di funzionamento. Di qui la raffica di condanne.
Dai dispositivi notificati venerdì sembrerebbe però che le Sezioni riunite abbiano sconfessato questa impostazione: lo testimonia l’accoglimento integrale del ricorso di Emiliano sindaco (che verteva appunto sull’illogicità della diversa classificazione, oltre che sulla presunta illegittimità delle spese effettuate in periodo covid dal precedente capogruppo nelle more del subentro del successivo) e, appunto - di quello parziale dei Cinque Stelle.
Anche i grillini (con l’avvocato Luigi Sorace) hanno contestato il criterio della diversa classificazione, ma hanno pure valorizzato l’avvenuta restituzione di 285mila euro non spesi dal fondo per il personale. E il dispositivo fa appunto riferimento alle spese che il primo giudice ha ritenuto erroneamente classificate. Ma non dice nulla sui 18mila euro per i quali - secondo la Sezione di controllo per la Puglia - ci sarebbero «lacune insanabili»: si tratta degli «straordinari» pagati a tre avvocati, di una quota della transazione con il legale che aveva fornito al Consiglio un parere sull’uso dei reflui del depuratore di Sava-Manduria, e dell’«indennità suppletiva» erogata a un commercialista a fronte di quelle che gli stessi grillini definiscono «richieste verbali».
Adesso (tra le situazioni più delicate c’è Forza Italia, il cui ricorso deve ancora essere discusso) si apre la partita delle restituzioni. I gruppi consiliari sono funzionalmente equiparati ad associazioni private, dunque ne risponde il legale rappresentante che è il capogruppo. Per i Popolari i 2.400 euro verranno chiesti all’ex consigliere Napi Cera, mentre per «Schittulli» paga l’allora capogruppo Gianni De Leonardis (oggi consigliere di Fratelli d’Italia). Il Pd, condannato a restituire circa 9mila euro, non ha fatto ricorso: l’ex capogruppo Paolo Campo ha chiesto e ottenuto, come prevede la legge, di poter pagare a rate, in 20 mesi, e gli viene dunque applicata una trattenuta di 450 euro sull’indennità di consigliere. Potrebbe, almeno in astratto, rivalersi sui colleghi.