L'indagine

Bari, indagine per bancarotta: insieme a Cassano è coinvolta la famiglia

Massimiliano Scagliarini

Il crac Work System: indagati anche moglie e cugino del dg Arpal

BARI - Il buco lasciato dalla Work System ammonta ad otto milioni di euro, due in più rispetto al passivo quantificato nel 2019 in sede fallimentare. La società riconducibile alla famiglia di Massimo Cassano, ex sottosegretario nei governi Renzi e Gentiloni, scelto da Emiliano per guidare l’Agenzia regionale per le politiche attive del lavoro sarebbe però saltata per via di «operazioni dolose»: da una parte lo svuotamento delle casse, dall’altra il mancato pagamento delle imposte di cui sarebbero responsabili tutti gli amministratori che si sono via via succeduti fino al fallimento di novembre 2016.

Ecco perché la Procura di Bari, con il pm Giuseppe Dentamaro, contesta il concorso in bancarotta fraudolenta non solo all’ex sottosegretario (la cui attività politica, è bene sottolinearlo, nulla ha a che fare con questa vicenda), ma anche alla moglie, Anna De Gennaro, e al cugino Nicola Danilo Medici: quest’ultimo è stato amministratore unico dopo Cassano, dal 2008 al 2012, mentre la prima è stata presidente della società nel corso del 2012. Il liquidatore Francesco Paolo Noviello, 62 anni, di Bitonto, risponde invece di bancarotta fraudolenta per distrazione: oltre ad aver fatto sparire le scritture contabili, avrebbe occultato circa 130mila euro dai conti della società. L’uomo, un ragioniere, nel 2018 è finito in carcere nell’inchiesta «Butchers» della Finanza sulla maxievasione nel mondo delle carni che portò al sequestro del Bitonto calcio di Eccellenza, e in precedenza è stato coincolto nell’inchiesta per il buco della Cerin, azienda che si occupava della riscossione di tributi, mentre nel 2015 è stato assolto per la bancarotta fraudolenta dello storico marchio Aida.

La Work System ha gestito fino al 2011 un deposito franco doganale all’interno del porto di Bari, ma risultava avere in concessione spazi demaniali anche negli scali di Brindisi, Manfredonia e Taranto per l’attività di forniture navali. Il deposito franco doganale godeva di un particolare regime di sospensione di dazi e imposte sulle merci da esportare, in base a una concessione del ministero dello Sviluppo economico revocata solo di recente. L’azienda è stata in passato al centro di un contenzioso tributario (vinto) che riguarda il regime Iva ma, secondo le indagini della Finanza, avrebbe sottratto a tassazione i propri ricavi arrivando così ad essere «strozzata» anche da sanzioni e interessi. Alcune operazioni, che gli investigatori non sono stati in grado di ricostruire proprio per la mancanza della documentazioni contabile, avrebbero poi consentito di azzerare la cassa. Oltre che con il fisco, il fallimento ha lasciato debiti nei confronti di una decina di dipendenti.

Nelle carte allegate all’avviso di conclusione delle indagini, atto che normalmente prelude al una richiesta di rinvio a giudizio, la Procura di Bari ha valorizzato le informazioni raccolte e trasmesse dal curatore fallimentare, che ha segnalato le presunte irregolarità commesse dal liquidatore anche in relazione a forniture effettuate all’estero. La difesa di Cassano (avvocati Gaetano e Luca Castellaneta) ha già spiegato ieri alla «Gazzetta» di ritenere insussistenti le accuse, in quanto l’allora imprenditore (ha amministrato la Work System dal 2002 al 2008) non aveva avuto contezza di alcuna contestazione da parte dell’Agenzia delle Entrate: su questa base, documentata con una perizia tecnica, la difesa chiederà l’archiviazione dell’indagine.

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