Verso il voto

Trump vs. Biden: pugliesi in America divisi sul voto

Marisa Ingrosso

La voce degli emigrati: «Un po' di paura c'è. In un paese pieno di armi, i perdenti accetteranno il risultato?»

Emigrati, un pezzo di cuore in Puglia e la vita oltreoceano ora al bivio Donald Trump - Joe Biden per le presidenziali del 3 novembre. Abbiamo raccolto le loro testimonianze. Le loro storie di valore, messe insieme, sono ciò che contribuisce a fare grande gli Stati Uniti d’America.

QUI CALIFORNIA - Il Maestro Christian Cordella, salentino, è il «costume designer» di Hollywood. È lui, per intenderci, che trasforma gli attori planetari nei supereroi Marvel. Essendo cittadino americano ha votato anzi, sfidando la paura di Donald Trump di brogli e imbrogli sul voto per posta, ha affidato la sua scelta proprio alle «mailbox» dedicate. Vive in una Los Angeles che arriva stremata alle elezioni. «Basti pensare agli incendi che fino a qualche settimana fa hanno attanagliato questa città, per non parlare del Covid19 - dice - Il clima in queste elezioni è molto teso e mai s’è vista una tale affluenza. Molti amici compreso il sottoscritto, hanno già espresso il proprio voto, perché è necessario quanto prima dare una guida giusta a questo grande Paese. In questi mesi, in particolare da quando è arrivato il Virus, questa città è veramente tranquilla, meno traffico, meno gente fuori, ma anche meno lavoro. Hollywood non funziona come nel passato. Ma siamo ottimisti... e sappiamo che dopo il Covid e soprattutto dopo le elezioni... lo spettacolo continuerà. Come sempre The show must go on!».

QUI DELEWARE - La vulcanica Dorina Lantella è una sorta di «ambasciatrice» di Roseto Valfortore negli Usa e vive nel Delaware. Il papà e la mamma partirono quando lei era già in pancia e, infatti, è nata a Washington. «Sono cittadina americana - dice in un buon italiano - e ora mi manca ancora una carta per la cittadinanza italiana. L’Italia è il mio cuore». Con migliaia di follower su Fb e sul web e anche con un canale youtube dedicato, Dorina, che ha 6 figli, insegna agli americani come si cucina e anche come stare insieme a tavola. Proprio per questa sua attività «social» e anche perché ha dei marines in famiglia, preferisce non dire per chi voterà. Ma afferma: «Anni fa Dem e Rep erano più vicini nelle loro posizioni politiche. Ora sono agli estremi. Tutti parlano male l'uno dell'altro e gli americani con loro, sono molto in urto. Perciò quello che spero è che, chiunque vinca, ci sia più rispetto e armonia in questo Paese».

QUI WASHINGTON - Da 13 anni, a Seattle (Stato di Washington) c’è il «nido» pugliese di Alessandra Marseglia (ostunese, nell’ufficio marketing di Expedia), e Michele Paparella (nato a Bari ma cresciuto ad Andria, ingegnere elettronico di Microsoft). Lì stanno crescendo la loro bellissima Tea. Hanno seguito i dibattiti con pochi amici (causa restrizioni Covid) e allietati dalla focaccia fatta in casa. Non hanno ancora la cittadinanza americana e, quindi, non possono votare. Però l’esito delle urne li preoccupa parecchio. «Il nostro Stato è tradizionalmente Dem. A Seattle non conosco nessuno che abbia simboli di Trump. Se ne trovano soprattutto all'interno, nella parte agricola, rurale. Gli italiani qui votano Biden. Però - dice Alessandra - noi, come italiani all'estero, come immigrati, temiamo la politica di Trump. Oltre alle cose terribili che ha fatto per gli immigrati irregolari, i messicani, il muro, le famiglie separate, c'è una questione legata proprio al lavoro, cioè lui ha dichiarato che ci saranno restrizioni per i visti. Perciò il problema non è se Trump ci piace o no, è proprio che le sue scelte ci danneggerebbero in prima persona».

QUI FLORIDA - Lucia Panico, dopo tanti anni a Washington, ora si gode il bel clima di Tampa col marito. «Sono nata a Roseto Valfortore - racconta - e quest’anno celebriamo i miei 60 anni negli Usa. Avevo 14 anni quando arrivai. Mio marito, invece, è di Torre Annunziata ma da genitori baresi. L’ho incontrato in America. Ci siamo sposati 52 anni fa e abbiamo un figlio di 51 anni. Mi manca tanto l’Italia, ma adesso, con questo Virus, chissà quando ci ritorno». «Avevo 19 anni - continua - quando sono diventata cittadina americana e c’era un iter molto complicato allora, non come oggi che tutti prendono la cittadinanza. Le elezioni? Il presidente Trump ha una sua maniera di criticare… però abbiamo visto molte cose a favore della gente. Non so se si capisce, ma noi siamo a favore di Trump. Perché i Dem basta che campano loro e fanno i soldi loro e tutto è ok. Trump, invece, ha rinunciato allo stipendio come presidente». «Io e mio marito non abbiamo votato per posta, perché non ci fidiamo. Andremo di persona, il 3 mattina. Abbiamo paura che questi Dem ruberanno i voti o che possono andare persi. Guardi, io ho lavorato a Capitol Hill per 8 anni con questi senatori. Lavoravo al Senato, dove fanno i dibattiti. Ho visto tutti i senatori, tra loro c’erano Obama e Biden».
«I senatori americani come sono? Quando qualcuno mi chiedeva “dove lavori?”, rispondevo che lavoravo al circo e che tutti pagliacci erano dentro. E sa perché posso parlare così? Perché il bello qui è che tu puoi parlare e criticare. C’è davvero libertà di espressione».

QUI INDIANA - Il salentino Maurizio Albahari è professore di Antropologia all’Università di Notre Dame, un’antica istituzione cattolica statunitense situata vicino South Bend. «Dopo la laurea, a Firenze - spiega - ho fatto il dottorato in Antropologia in California e ho scelto la docenza. Anche perché non ho avuto più l’opportunità di tornare in Italia».
«Ho da poco preso la cittadinanza e questa per me è la prima elezione Usa. Qui - prosegue - il cittadino ha un ruolo più attivo che in Italia. Per esempio, puoi fare una donazione a uno dei candidati per finanziarne la campagna. Noi ne abbiamo fatta una, piccolissima, e ti mandano un adesivo, una bandierina. Quindi anche noi abbiamo piantato lo striscione di Biden in giardino. Purtroppo, però, il giorno dopo ce lo hanno strappato. Hanno fatto un raid in tutto il quartiere, li hanno distrutti tutti. E il bello è che, quando l’avevo detto a mio fratello, che sta a Gallipoli, lui mi aveva avvertito: “State attenti”. E io gli avevo risposto “stai tranquillo, qui non succedono certe cose”. Invece è successo».

«La mia - sottolinea Albahari - è la classica casa americana, non ci sono muretti e cancelli, c’è solo un po’ d’erba tra noi e la strada. Hanno fatto un reato gravissimo qui. Però sono entrati e sono venuti fin sulla parte frontale della casa e l’hanno semi-distrutto. E siccome i figli sono giovanissimi, hanno 8 e 11 anni, ci sono rimasti molto male, volevano reagire. Così l’abbiamo rimesso su, anche se è tutto rovinato».
«Quanto alle elezioni, diciamo che c’è un cauto ottimismo. Le persone hanno capito che dietro Trump non c’è niente, salvo il populismo. Un po’ di paura c’è, non per il risultato, ma per come la prenderanno sia Trump, che non è stato chiaro su cosa farà, se accetterà il risultato, sia i suoi sostenitori. Se uno incita i suoi seguaci a non accettare il voto… ecco, questo preoccupa. Questo è un Paese molto complesso e pieno di tantissime armi, le hanno tutti». «Però le confesso che, se le cose vanno come auspico, mi sono ripromesso di sparare dei fuochi d’artificio. Qui li vendono solo per 4 Luglio, non a Capodanno. Io li ho tenuti da parte proprio sperando di poterli sparare in questa occasione».

QUI ILLINOIS - L’ing. Solidea Bonina, dopo la laurea al Politecnico di Bari, ha lasciato la Puglia per Chicago. «Sono qui dal 2007, quasi 13 anni. Neanche se mi ricoprissero di euro tornerei. Perché l’Italia non ha grandi opportunità per noi, mentre nonostante la recessione, il Covid, questo rimane sempre un Paese che ti offre tanto e ti fa integrare».
«Io - continua - sono ingegnere civile e idraulico e ho un Phd in Ingegneria ambientale. Lavoro per un’Agenzia, una sorta di ministero dell’Ambiente Usa. Ho la “green card resident” e non voto. Avrei potuto fare la cittadinanza ma non l’ho fatta perché non pensavo che questa fosse “casa”. Ora però la farò, a breve. L’unica differenza tra chi è “resident” e chi è cittadino è il voto. E, onestamente, credo di richiederla perché, una volta che ci vivi, vuoi dire la tua opinione. Anche se in Illinois, che è estremamente Dem, credo che il mio voto non cambierebbe nulla. Questa è una roccaforte della sinistra anche per via di Obama, che è stato senatore dell’Illinois, e della Clinton, che è nata qui. Però qui, secondo me, più importante che essere di sinistra o di destra, è risolvere i problemi. Perché i problemi degli Usa hanno rilevanza in tutto il mondo. Queste elezioni hanno distratto chi doveva stare molto attento ai numeri, alla evoluzione della pandemia e questo sta infastidendo tanto. Le grandi città sono quelle che stanno pagando di più. Abbiamo grandi livelli di disoccupazione. Abbiamo rivolte e gente che ruba. Non avendo vissuto le Guerre, sono stata scioccata nel vedere qui a Chicago persone che, con la forza, portavano via la spesa. Vanno a rubare nei negozi. Hanno fame».

Un particolare ringraziamento ad Antonio Monaco, corrispondete de «La Gazzetta del Mezzogiorno» da Roseto Valfortore.

Privacy Policy Cookie Policy