l'Inchiesta

Taranto, resta ai domiciliari il procuratore Capristo

Vittorio Ricapito

Il gip di Potenza ha respinto la richiesta di revoca della misura cautelare alla quale il magistrato è sottoposto dallo scorso 19 maggio, insieme al suo autista, perchè accusato di tentata induzione indebita per pressioni su una collega pm

TARANTO - Resta ai domiciliari il procuratore della Repubblica di Taranto Carlo Maria Capristo. Il giudice per le indagini preliminari Antonello Amodeo di Potenza ha respinto la richiesta di revoca della misura cautelare alla quale il magistrato è sottoposto dallo scorso 19 maggio con l’accusa di tentata induzione indebita a dare o promettere utilità in concorso con l’ispettore di polizia Michele Scivittaro, suo autista e i tre fratelli Giuseppe, Cosimo e Gaetano Mancazzo, imprenditori di Bitonto (Ba).

L’avvocato di Capristo, Angela Pignatari, ieri si è rivolto al tribunale del Riesame presieduto dal giudice Aldo Gubitosi per chiedere la revoca della misura cautelare. I pm lucani hanno depositato un fascicolo dell’indagine contenente atti e testimonianze riguardanti vicende collaterali a quelle contestate nei capi d’accusa.

Dopo l’interrogatorio dei giorni scorsi, l’avvocato Pignatari aveva chiesto la revoca dei domiciliari dal momento che il dottor Capristo ha presentato domanda di pensionamento. È accusato di aver fatto pressione su Silvia Curione, giovane pubblico ministero in servizio a Trani, procura guidata da Capristo fino al 2016, affinché perseguisse un uomo denunciato per usura dai fratelli Mancazzo. Insieme al suo autista, Capristo è anche accusato di truffa aggravata e falso, per aver falsificato gli statini di presenza dell’ispettore a Taranto e straordinari, secondo l’accusa in realtà mai effettuati.

Accuse che nel corso di un’ora di interrogatorio, Capristo ha avuto modo di respingere spiegando di essere stato all’oscuro del tentativo di orientare l’indagine della procura tranese, materialmente realizzato da parte del suo autista Scivittaro che ad aprile 2018 aveva fatto visita alla pm Curione nel suo ufficio. Circostanza questa poi confermata dallo stesso Scivittaro.

L’ispettore di polizia, secondo quanto denunciato dalla dottoressa Curione, disse di essere stato inviato dal procuratore Capristo, il quale chiedeva di chiudere l’indagine sull’uomo denunciato dai Mancazzo contestandogli il reato di usura in modo da far ottenere agli imprenditori i benefici di legge previsti per le vittime di usura. La Curione, al contrario, era convinta dell’insussistenza dell’accusa, aveva già pronta l’archiviazione e aperto un fascicolo contro i Mancazzo per calunnia. Secondo i magistrati della procura lucana, il procuratore Capristo poteva esercitare pressioni sulla Curione facendo leva su amicizia e confidenza maturata negli anni insieme a Trani e su possibili ritorsioni sul marito, Lanfranco Marazia, in quel periodo sostituto procuratore proprio a Taranto, alle dirette dipendenze di Capristo.

Marazia, oggi in servizio a Bari, agli investigatori ha raccontato anche che dopo aver segnalato una fuga di notizie su una sua indagine per traffico di rifiuti tra Ilva e Cementir, il suo capo improvvisamente divenne gelido nei suoi confronti, togliendogli perfino il saluto. Tra gli indagati c’è anche l’ex procuratore di Trani, Antonino Di Maio, accusato di abuso d’ufficio e favoreggiamento per non aver indagato sul conto di Capristo dopo aver ricevuto la relazione della Curione. L’inchiesta è stata affidata alla procura di Potenza dopo essere stata avocata dalla procura generale di Bari.

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