Martedì 21 Ottobre 2025 | 14:41

Droga, armi, racket: il «clan dei montanari» aveva alleati «eccellenti»

Droga, armi, racket: il «clan dei montanari» aveva alleati «eccellenti»

 
Redazione online

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Droga, armi, racket: il «clan dei montanari» aveva alleati «eccellenti»

I Li Bergolis con quasi 50 anni di vita alle spalle, di alleati ne hanno tanti. Li elencano i Ros nel rapporto informativo di 3282 pagine, una delle basi su cui poggia l’inchiesta “Mari e monti”

Venerdì 29 Agosto 2025, 12:30

12:31

Curioso, per vincere la noia nel carcere di Nuoro in quel pomeriggio del 12 febbraio 2020 il detenuto barese chiese al compagno di cella Ciro Francavilla se “Foggia comanda tutto il Gargano”. Ciro Francavilla dall’alto della sua esperienza di capo-clan della “Società foggiana” gli rispose, anticipando quello che avrebbe poi rivelato alla Dda quando a fine 2023 si è pentito dopo vent’anni al vertice della batteria Sinesi/Francavilla: “No, siamo compagni; noi a destra e loro a sinistra”. Cosa significa? Che i clan sono su un livello paritetico; nessuno è subordinato ad altri con relative zone d’influenza ben delineate, stando all’interpretazione che danno i carabinieri della risposta dell’allora boss foggiano. “Ma ci sono molte famiglie importanti sul Gargano?” insistette il barese. Francavilla sciorinò i nomi di una mezza dozzina di clan tra cui i Li Bergolis, aggiungendo: “se possono lì ti uccidono, hanno pure trovato una cava dove c’erano cadaveri”.

La rete di alleanze - Molti nemici molto onore, ma vuoi mettere avere tanti amici... Anche da quello si misura la potenza di un gruppo mafioso. E i Li Bergolis con quasi 50 anni di vita alle spalle, di alleati ne hanno tanti. Li elencano i Ros nel rapporto informativo di 3282 pagine, una delle basi su cui poggia l’inchiesta “Mari e monti” contro il clan dei montanari sfociata nel blitz dell’ottobre 2024 con 41 arresti; e che ora arriva al vaglio del gup di Bari con l’udienza preliminare fissata il 9 settembre a carico di 50 garganici accusati a vario titolo di mafia, droga, estorsioni, armi, rapine e altri reati. Gli investigatori parlano di rapporti tra i Li Bergolis e la “Società foggiana”; batterie baresi; cosche della ‘ndrangheta; il gruppo Carbone/Gallone di Trinitapoli; i Mazzarella della camorra; famiglie di Cosa nostra.

Foggiani-garganici – L’amicizia-comunanza di interessi tra Li Bergolis e Sinesi/Francavilla è storica. Cementata da decenni di scambi di favore, sancita da sentenze. Sull’altro fronte il gruppo Romito/Lombardi/Ricucci in guerra dal 2008 con i Li Bergolis, ha rapporti da decenni con i Moretti/Pellegrino/Lanza, nemici su Foggia dei Sinesi/Francavilla. In che consiste il darsi una mano? Ospitare latitanti. Scambiarsi killer, per cui i foggiani uccidono sul Promontorio e i garganici calano nel capoluogo. Affari di droga.

Sinesi/Li Bergolis – “I rapporti tra il patriarca Francesco Ciccillo Libergolis” (ucciso a Monte nell’ottobre 2009 nella guerra con gli ex alleati Romito) “e Roberto Sinesi, capo riconosciuto dei Sinesi/Francavilla, risalgono ai primi anni Novanta” scrivono i Ros. Roberto Sinesi ricercato da 18 mesi per il tentato omicidio del costruttore Eliseo Zanasi da cui il racket voleva 500 milioni, fu catturato il 18 settembre ’89 a Monte dov’era protetto da persone vicine ai Libergolis: il boss foggiano fu poi assolto. Quando la squadra mobile a ottobre ’94 scoprì in città parte dell’arsenale della “Società foggiana” custodito in un cantiere, trovò anche una pistola utilizzata a Foggia per uccidere il 13 gennaio ’92 il fruttivendolo Antonio Bruno detto “il pirata”; e il 14 marzo successivo a Monte Sant’Angelo per assassinare Pasquale Basta nell’ambito della faida tra Li Bergolis e Alfieri/Primosa/Basta. Annotano i carabinieri: “l’uso della stessa arma da fuoco nei due omicidi ha come chiave di lettura gli stretti rapporti criminali tra la Società foggiana e i Libergolis”, confermati da Vittorio Foschini, killer della ‘ndrangheta pentito nel ’94 dopo la cattura sul Gargano dove si nascondeva durante la latitanza. Rivelò di aver conosciuto Sinesi, in quel ’93 a sua volta latitante, che gli confidò d’essere stato ospitato a Monte dai Li Bergolis.

L’ergastolano a Foggia - Il percorso inverso, dal Gargano a Foggia, lo tracciò l’ergastolano Franco Li Bergolis durante la sua fuga di 18 mesi dalla giustizia, da marzo 2009 a settembre 2010 quando fu catturato a Monte. Per un certo periodo si nascose anche in un podere alle porte del capoluogo, grazie alla rete di protezione stesa da esponenti del clan Francavilla come emerso nel processo Blauer. Guardaspalle dell’ergastolano era il cugino Enzino Miucci, ora ritenuto il reggente-erede in seguito alle lunghe carcerazioni dei tre fratelli Li Bergolis; è il principale imputato in “Mari e monti”.

Favori di morte – Di killer in trasferta “prestati” per vendette conto terzi parlò nell’agosto 2013 Sabrina Campaniello, ex moglie del boss foggiano Emiliano Francavilla al vertice dell’omonima famiglia, diventata in quell’estate testimone di Giustizia dopo aver chiesto aiuto e protezione alla Dda temendo per la propria vita. Riferì le presunte confidenze del marito su un paio di omicidi sull’asse Foggia-Gargano. Confidenze - e questo va rimarcato - che non hanno portato a risultati concreti sotto forma di arresti e condanne, ma che danno l’idea dell’interscambio di favori tra clan. “Emiliano mi raccontò che a ammazzare il padre” (Mario Francavilla detto “il nero” fu assassinato a Foggia il 22 gennaio ’98 nella terza delle 7 guerre tra clan della storia della Società, agguato rimasto impunito e che ha sancito la rottura tra clan foggiani) “fu un certo Pasquale, non ricordo se di cognome fa Ricucci. Emiliano mi disse che il padre era stato ucciso a causa del furto compiuto alla Banca di Roma di Foggia” (Ferragosto ’97, colpo da 40 miliardi di lire) “perché chiese d’avere parte del bottino, il che creò malcontento nella mala locale. Pasquale Ricucci, alias “Fic’ secc”, di Monte, negli anni Novanta legato ai Libergolis prima di diventare nel nuovo secolo uno dei capi del clan rivale Romito/Lombardi/Ricucci, fu assassinato a Macchia davanti casa l’11 novembre 2019; omicidio impunito firmato dal clan Li Bergolis.

Romito assassinato - A dire della Campaniello, parole rimaste senza riscontri investigativi-giudiziari, l’ex marito Emiliano Francavilla sarebbe stato coinvolto nell’omicidio di Franco Romito, dell’omonima famiglia sipontina ucciso ad aprile 2009 a Siponto dal clan Li Bergolis per vendicarsi del fatto che fu confidente dei carabinieri nel maxi-processo alla mafia conclusosi con pesanti condanne ai 3 fratelli Li Bergolis. “A aprile 2009 mio marito” il racconto della Campaniello “si allontanava da casa senza tornare per diverso tempo. Gli chiesi cosa stesse accadendo: mi rispose che lo avrei saputo dalla Tv e che poi avremmo dovuto stappare lo champagne. Su mia insistenza, mi raccontò che andava a Manfredonia per osservare la strada che la mattina presto percorreva Franco Romito. Emiliano mi disse che voleva ucciderlo perché coinvolto nell’omicidio del padre Mario. Il giorno dell’omicidio, il mio ex marito tornò a casa e mi disse d’aver ammazzato Romito per quello che aveva fatto al padre; aggiunse che a ogni sparo Romito saltava da terra”.

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