“Quante me ne ha date, quante me ne ha date” confidò Angiolina Rossetti a una figlia in ospedale poche ore dopo che la badante Zahra El Khabich aveva tentato di ucciderla, prima colpendola al capo con un pesante vaso in argento e cristallo, quindi legandole una corda al collo, poi somministrandole disgorgante per wc e inserendole in bocca un fazzoletto appallottolato: lo stesso acido corrosivo con cui l’indagata tentò subito dopo il suicidio. Le frasi riferite dalla vittima a un familiare sono uno degli elementi d’accusa nell’indagine di Procura e agenti della sezione reati contro la persona della squadra mobile sul tentato omicidio della Rossetti, vedova foggiana di 98 anni, avvenuto alle 6 del 7 febbraio scorso nell’abitazione della vittima, una palazzina di via De Amicis (nella foto il luogo). L’inchiesta è sfociata nei giorni scorsi (come pubblicato dalla Gazzetta lo scorso 24 marzo ndr) nell’arresto della El Khabich, incensurata, originaria del Marocco, residente a Stornara, accusata di tentato omicidio aggravato dall’aver approfittato della minorata difesa della vittima; d’aver abusato delle relazioni domestica; d’aver usato sostanze venefiche.
Il gip Francesca Mannini accogliendo la richiesta del pm ha disposto il carcere per la badante; considerate le sue condizioni – è fuori pericolo, ma ha riportato gravi lesioni ingerendo il liquido corrosivo – è piantonata in ospedale, e non essendo in grado di parlare l’interrogatorio di garanzia è stato sospeso. Il difensore, l’avv. Damiano Cirulli, nel ricorso al Tribunale della libertà di Bari annunciato alla “Gazzetta” chiederà una misura cautelare meno grave, ritenendo il carcere incompatibile con le condizioni psico-fisiche della marocchina. La notizia dell’arresto della badante è stata ora diffusa con una nota della Questura in cui si ricostruisce la scena del delitto; e si rimarca che “le indagini hanno permesso di escludere che terze persone fossero entrate nell’abitazione”.
Resta da capire il movente che avrebbe armato la mano della badante, al momento misterioso. Una delle ipotesi è che Zahra El Khabich possa aver aggredito la donna che accudiva, avendo temuto che il rapporto di collaborazione potesse essere interrotto al termine del periodo di prova. Dagli interrogatori dei familiari della Rossetti è emerso che tra anziana e badante c’era un ottimo rapporto, ma anche certi stati ansiosi dell’indagata tanto da essere visitata da un medico prima dei fatti e che le aveva prescritto una terapia da seguire. L’indagata quando potrà parlare e se vorrà rispondere alle domande del pm potrà fornire la sua ricostruzione dei fatti e spiegare cos’è successo nell’abitazione di via De Amicis.
Visto che in casa quella mattina del 7 febbraio c’erano solo indagata e vittima, l’accusa ne deduce anche alla luce dei rilievi di scientifica e delle testimonianze raccolte che Angiolina Rossetti fu aggredita nel letto dalla badante che tentò di ucciderla con tre diverse modalità: colpo in testa con un corpo contundente, tentativo di strangolarla con una corda, avvelenandola con l’acido. Un vicino udì poco dopo le 6 rumori, lamenti e urla provenire dall’appartamento della Rossetti; telefonò a una figlia della Rossetti che arrivò immediatamente. Entrata in casa avvertì un forte odore di candeggina; vide la badante stesa a terra che con gesti la indirizzò nella camera da letto, dove c’era la madre esanime. Intervennero le ambulanze del 118 che trasportarono in ospedale le due donne, inizialmente ricoverate in prognosi riservata; la Polizia eseguì rilievi sequestrando ciò che restava del vaso usato per l’aggressione, il liquido corrosivo e altro materiale. Quando nei giorni successivi i poliziotti interrogarono la Rossetti (dimessa dopo un mese di degenza e tornata a casa), disse di non ricordare quanto accaduto. Ma nelle ore successive al ricovero la vittima nel chiedere a una figlia notizie sulla badante, aggiunse: “quante me ne ha date”.