il provvedimento

Foggia , interdittiva antimafia alla «Tre Fiammelle»: «D’Alba ha agevolato i clan perché gli conveniva»

MASSIMILIAno scagliarini

Il provvedimento della prefettura nei confronti della coop, che si occupa di pulizie impugnato davanti al Tar: dopo il no alla sospensiva si attende il merito

Il fondatore della cooperativa «Tre Fiammelle», Michele D’Alba, sarebbe in una posizione di «contiguità soggiacente» con alcuni «esponenti di vertice della mafia foggiana». È la motivazione contenuta negli atti che hanno portato all’interdittiva antimafia emessa dal prefetto di Foggia, Maurizio Valiante, nei confronti della coop che si occupa di pulizie, manutenzione del verde, illuminazione e impianti termici nella sanità pubblica e privata.

All’interdittiva di febbraio 2023 ha fatto seguito un provvedimento di controllo giudiziario con la nomina di tre commissari (i commercialisti Fabio Diomede e Marcello Danisi e l’avvocato Massimo Melpignano) che hanno il compito di garantire la prosecuzione delle commesse. Il Tar di Bari ha negato la sospensiva dell’interdittiva, e ora la coop attende l’esito del ricorso di merito.

Il provvedimento è stato adottato a seguito del diniego dell’iscrizione di Tre Fiammelle nella white list, decisione presa all’esito delle indagini effettuate nell’ambito dell’operazione «Decima Azione» e «Decima Azione bis». In questo contesto gli inquirenti hanno ritrovato, durante le perquisizioni, la cosiddetta «lista delle estorsioni» della mafia foggiana. In una intercettazione tra due pluripregiudicati, uno appartenente al clan Sinesi Francavilla e l’altro alla batteria Moretti-Pellegrino-Lanza, si parla appunto di D’Albà: «Compà tu me lo hai chiesto? Sì sono andato a parlare io con Michele D’Alba, però io se arriva il marsupio, io ho lasciato detto che il marsupio glielo devo mandare a schiattamurt». La Prefettura annota che D’Alba aveva denunciato un tentativo di estorsione attraverso telefonate ricevute dal genero, dalla moglie e dal figlio, «ma nulla dichiarava in merito ai contatti» avuti con il mafioso, negando di aver mai pagato».

In un altra intercettazione ambientale tra pregiudicati, uno riferisce che D’Alba «deve portare pure una cosa di soldi», e l’altro risponde «non lo so se sono venti, trenta... non lo so quello che i porta. Uagliù questo abbiamo avuto». Viene poi riportato un altro episodio che, denunciato dai soci di D’Alba, ha già portato alla condanna per tentata estorsione di due pregiudicati a 18 e 10 anni. In merito a questo episodio, D’Alba è sospettato di aver stretto «un vero e proprio “patto di non parlare”» con i suoi familiari, che ha fatto guadagnare «l’impunità agli autori dell’estorsione».

Secondo la prefettura di Foggia, D’Alba era presente nella lista delle estorsioni della mafia foggiana e dunque sarebbe «estorto e soggiacente». «La condotta dell’imprenditore riflette una strategia di obiettivo-impresa e gli accertamenti giudiziari lo confermano - di quelle zone grigie in cui si intersecano gli interessi mafiosi e interessi imprenditoriali con la logica della reciprocità dei vantaggi»: D’Alba avrebbe insomma «una inclinazione ad agevolare sistemi di evidente illegalità pur di tutelare i propri interessi imprenditoriali».

LA REPLICA DELL'AZIENDA

«A seguito del controllo giudiziario disposto dal Tribunale Ordinario di Bari con Decreto n. 3/2023 del 19.09.2023, la Società Cooperativa Tre Fiammelle ha intrapreso un percorso di rinnovamento e trasparenza, confermando il proprio impegno verso la legalità. Il nuovo Consiglio di Amministrazione ha adottato misure di rigore interno che garantiscono l'integrità delle attività aziendali e il rispetto delle normative vigenti. La cooperativa continua a operare con successo nel settore dei servizi integrati e del Facility Management».

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