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La "premiata ditta" dei cerignolani specializzata in assalti ai caveau

 
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La "premiata ditta" dei cerignolani specializzata in assalti ai caveau

Professionisti delle rapine, una delle specialità e specializzazioni della criminalità cerignolana è colpire in tutto il Paese e talvolta travalicando i confini

Domenica 04 Febbraio 2024, 13:39

CERIGNOLA - Bologna? Ce l’ho. Pisa? Eccola. Monza? Non manca. Ortona? Anche. Foggia? Figurati se è assente. Catanzaro? Presente. E così via, il… giro d’Italia dei professionisti delle rapine, una delle specialità e specializzazioni della criminalità cerignolana, che colpiscono in tutto il Paese e talvolta travalicano anche i confini come nel caso del furto sventato nel caveau di una società di trasporto valori di Chiasso in Svizzera, per assaltare portavalori e svaligiare caveau con tecniche paramilitari e paramafiose, portando a casa e/o andandoci vicini bottini milionari. Oltre un centinaio i cerignolani arrestati negli ultimi anni su ordinanze cautelari, spesso seguite da condanne anche sino a 20 anni, piovute da tutt’Italia. “Il modus operandi presuppone l’esistenza di strutture collaudate, organizzate, assetti logistici assimilabili a un vero e proprio modello aziendale di stampo criminoso”, scriveva il gip nel disporre il 4 novembre 2022 l’arresto di 17 persone, di cui 15 di Cerignola, per una serie di rapine nel Foggiano e in Campania.

L’ultimo blitz L’ultimo blitz del 30 gennaio coordinato dalla Dda di L’Aquila conferma il “marchio doc” cerignolano: 6 arresti, tra cui 3 uomini della cittadina del basso Tavoliere, per la rapina da 4 milioni e 800mila euro del 24 marzo 2022 nella “sala conta” dell’istituto di vigilanza Ivri di San Giovanni Teatino vicino Chieti; 39 indagati complessivi, di cui 28 persone (quasi tutti cerignolani), accusati a vario titolo di associazione per delinquere; l’assalto a Chieti; una tentata rapina analoga vicino Avellino svenata dalla Polizia dopo un conflitto a fuoco in cui morì un trentunenne cerignolano; tentato omicidio; armi; ricettazione; incendio. Contestata ad alcuni indagati l’aggravante di aver agito con metodo mafioso. “la cui sussistenza” dicono pm e gip “non presuppone necessariamente un’associazione mafiosa, essendo sufficiente che la violenza o la minaccia assumano una veste tipicamente mafiosa. E’ essenziale infatti che la condotta costituisca espressione di una professionalità criminale anche solo evocativa di quelle proprie dei gruppi organizzati mafiosi, come accaduto nel caso dell’assalto a San Giovanni Teatino dove sono emerse caratteristiche paramilitari, modalità assolutamente brutali di realizzazione, attenta pianificazione, spiccata professionalità degli autori e dispiegamento imponente di uomini, armi e mezzi”.

Di padre in figlio – Sono “mestieri” che si tramandano anche in famiglia. Un padre senza sapere della microspia che ne registrava i colloqui ammoniva il figlio erede: “Io vi devo andare lasciare da soli. Voi quando dovete imparare? Voi dovete fare il lavoro, io vi copro le spalle: cos’ho 20 anni? Voi avete 20 anni, vi do i compiti, vi copro le spalle, sto insieme a voi, il lavoro lo facciamo insieme. Io adesso ti sto facendo gestire la situazione a te, perché è giusto che tu debba sapere come funziona, perché domani sei tu che gestisci, capito? Devi imparare com’è, coordinerai, devi imparare a fare questi fatti: se lo impari gestisci sempre la situazione. Devi avere il cervello di capire, perché tutto questo movimento non tutti lo capiscono: è una vita che stiamo in mezzo alla strada”.

Organizzatori e esecutori – Sono “professionisti”.. ricercati in tutti i sensi, dalla Legge e dai malavitosi. Spesso sono proprio i cerignolani le menti, gli organizzatori di assalti a blindati e caveau progettati in tutt’Italia; talvolta vengono ingaggiati. Come svelato dall’indagine “Keleos” della Dda di Catanzaro sul furto da 8 milioni del 4 dicembre 2016 nel centro calabrese nel caveau della “Sicurtransport”, sfondando il muro dell’istituto per prendere i soldi e fuggire, tutto in 12 minuti: l’indagine sfociò il 20 aprile 2018 in 11 arresti sull’asse Calabria-Cerignola (tre i foggiani arrestati, due condannati e un assolto in primo grado); i calabresi con l’ok di alcune cosche destinatarie di parte del bottino perché bisognava riconoscere una sorta di tassa alla ‘ndrangheta, si erano rivolti a cerignolani per organizzare, pianificare e attuare la rapina.

Foggia a ferro e fuoco – Le immagini trasmesse dalle tv nazionali in occasione di assalti a blindati e caveau, i foggiani le vissero dal vivo. Successe la notte del 25 giugno 2014 quando il capoluogo dauno fu messo a ferro e fuoco da una banda giunta da Cerignola con una dozzina di trattori, camion, semirimorchi, escavatori piazzati in mezzo alle strade e dati alle fiamme per bloccare qualsiasi accesso alla sede dell’istituto scorta valori “Np service” al Villaggio artigiani. Con una ruspa sfondarono il muro e avrebbero portato via 14 milioni di euro, se due agenti a bordo di una volante non fossero riusciti a sfondare uno dei blocchi (quello nel sottopasso di via Scillitani nonostante un furgone in fiamme) arrivando davanti alla “Np service”, ingaggiando un conflitto a fuoco con i banditi costretti a rinunciare e dileguarsi. Le indagini sfociarono nel blitz “Le Iene” del 25 gennaio 2016 con 14 arresti, per lo più cerignolani, accusati anche di aver tentato di mettere a segno un assalto analogo nel novembre 2014 alla sede della Cosmopol di Avellino; e di aver tentato di rapinare un portavalori dello stesso istituto di vigilanza il 7 gennaio 2015 sulla Avellino-Melfi. Le accuse però ressero solo in parte, tant’è che dei 7 imputati dell’assalto fallito a Foggia solo uno, e con una posizione marginale, fu condannato in primo grado.

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