«SOCIETà FOGGIANA»
Clan delle estorsioni, Francavilla è colpevole ma la pena va ricalcolata
La Cassazione rimanda gli atti in Appello. Assolto il rivale Lanza. I fratelli Curcelli, titolari di 3 aziende , furono costretti a pagare il pizzo dal 2008 al 2015
FOGGIA - Il capo clan Antonello Francavilla, la sorella Dina e il marito Mario Lanza sono colpevoli d’estorsione aggravata dalla mafiosità, ma va celebrato un nuovo processo d’appello a Bari per ricalcolare e ridurre le pene; definitive le assoluzioni del boss rivale Vito Bruno Lanza e del figlio Leonardo, e la condanna di un sesto imputato minore, prestanome di un Francavilla. È la sentenza pronunciata l’altra sera dalla Cassazione nel processo «Rodolfo»: 10 arresti nel blitz del 4 aprile 2016, 12 imputati con 2 assoluzioni e 10 condanne: 6 foggiani giudicati con rito abbreviato e da tempo condannati; 6 processati con rito ordinario su cui si è pronunciata ora la Suprema Corte. A 11 foggiani contestate 6 estorsioni ai fratelli Franco e Biagio Curcelli, titolari di 3 aziende del settore agro-alimentare costretti (soprattutto il primo) a pagare dal 2008 al 2015 il pizzo a 2 clan della «Società foggiana» con tangenti mensili, assunzioni di personale assenteista, contributi per spese legali.
La seconda sezione della Cassazione si è pronunciata sui ricorsi di difesa e Procura generale di Bari contro la sentenza della corte d’appello del 22 giugno 2021. Antonello Francavilla, 45 anni, è colpevole d’aver costretto Franco Curcelli a pagare 3 mila euro al mese tra giugno e novembre 2013: ci sarà un nuovo processo solo per ricalcolare e limare la pena che la corte d’appello fissò in 13 anni e 4 mesi, ritenendo la continuazione dei reati tra i 6 anni inflitti per «Rodolfo» e 7 anni e 4 mesi per mafia e droga comminati in altri processi. La sorella Dina Francavilla, 40 anni, e il marito Mario Lanza, 41 anni, insieme a Emiliano Francavilla che ha già scontato 5 anni e 6 mesi per questa e altre due estorsioni, costrinsero Curcelli a pagare per 8 anni lo stipendio all’imputata che però non andava al lavoro; anche per i coniugi disposto un nuovo processo per ridurre le condanne che furono fissate in appello in 6 anni per lei e 9 anni e 10 mesi per lui. Pena confermata, 2 anni per Matteo Pietro Piserchia, 47 anni, per aver eluso le norme di prevenzione patrimoniale quale prestanome della proprietà di un terreno dove si costruiva la villa di Emiliano Francavilla.
Definitive infine le assoluzioni di Vito Bruno Lanza, 70 anni, al vertice del clan Moretti/Pellegrino/Lanza, cui la Dda contestava d’aver aver estorto a Franco Curcelli 600 euro per pagare le spese legali di un familiare detenuto; e del figlio Leonardo, 43 anni, accusato d’aver imposto a Franco e Biagio Curcelli la propria assunzione fittizia. Gli avv. Francesco Santangelo, Dario Vannetiello, Carlo Mari e Valerio Vianello chiedevano di annullare le condanne e disporre un nuovo processo d’appello, in subordine lamentavano un errato calcolo delle pene inflitte. Il pg di Bari chiedeva di annullare le assoluzioni dei Lanza, difesi dagli avv. Franco Metta e Antonello Genua che sollecitavano la conferma del verdetto assolutorio. Il pg della Cassazione aveva chiesto il rigetto dei ricorsi dei condannati e l’accoglimento della Procura generale di Bari.
Secondo l’accusa, le intercettazioni a carico di Franco Curcelli svelarono che fu ricattato per anni da esponenti dei Francavilla, fin quando “a causa di una politica prevaricatrice di Antonello Francavilla che pretese il pagamento della tangente direttamente da Curcelli e non già tramite un intermediario, la vittima nutrendo fondati timori per la propria incolumità si vide costretta a chiedere protezione ai rivali del clan Moretti/Pellegrino/Lanza”; pagò così mille euro per 5 mesi al boss Vincenzo Antonio Pellegrino, condannato a 6 anni nell’altra tranche del processo Rodolfo.