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Mafia: condanne per clan Foggia. 16 anni a presunto boss

 
Redazione online

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Foggia, domiciliari a Delli Carri uno dei killer di Panunzio

L'operazione «Grande Carro»

Nell’ottobre 2020 il blitz portò all’arresto di 48 persone

Venerdì 22 Luglio 2022, 16:40

17:51

FOGGIA - Condanne a pene comprese tra i 16 anni e i 2 anni di reclusione sono state emesse dal gup del Tribunale di Bari al termine del processo con rito abbreviato dell’indagine chiamata 'Grande Carro' che nell’ottobre 2020 portò all’arresto di 48 persone accusate a vario titolo di associazione mafiosa, riciclaggio, estorsione, illecita concorrenza con minaccia o violenza, sequestro di persona a scopo estorsivo, detenzione illegale di armi/esplosivi, truffe per il conseguimento di erogazioni pubbliche. Tra gli imputati criminali mafiosi foggiani, funzionari regionali, professionisti e intermediari dei clan. Nello specifico il giudice ha condannato a 16 anni Franco Delli Carri, uno dei capi dell’organizzazione mafiosa foggiana; a 11 anni a Cristoforo Aghilar, di Orta Nova (Foggia), già imputato in altro processo con l’accusa di aver ucciso l’ex suocera. Sedici anni di reclusione per Michele Pelosi; Vincenzo Buonavita, è stato condannato a 9 anni; 11 anni ad Adriano Leone; 7 anni e 4 mesi a Luciano Cupo, ritenuto dagli inquirenti vicino al boss Sinesi. E ancora, 3 anni a Gerardo Pergamo, 6 anni e 8 mesi a Francesco Russo, 7 anni e 4 mesi a Cono Morena, 2 anni e 8 mesi ad Alessandro Magalotti. Assolto l’avvocato Michele Pio Gianquitto. Il Tribunale di Bari ha inoltre ordinato la confisca dei beni in sequestro nei confronti di Delli Carri e Pelosi e disposto la restituzione di quanto in sequestro nei confronti di Pasquale Spinetti, assolto dall’accusa di mafia e cinque estorsioni. Aghilar, Pelosi, Buonavita, Spinetti, Delli Carri, Leone, Cupo, Russo, Morena, Pergamo e Magalotti sono stati condannati al risarcimento dei danni subiti dalle costituite parti civili, Regione Puglia e associazione di volontariato Giovanni Panunzio.

«L'odissea dell’avvocato Gianquitto, finalmente, è terminata. Ha subito accuse terribili e atteso per anni perché venisse riconosciuta la sua innocenza, prima a Lecce e poi a Bari, ma il nostro sistema giudiziario, nonostante tutto, ha dimostrato di funzionare. Perché bisogna sapere e, magari, ripetere sino allo sfinimento, che la giustizia è tale non solo quando condanna i colpevoli, ma soprattutto quando riesce a proteggere gli innocenti». Lo dichiara il penalista barese Michele Laforgia, difensore dell’avvocato Michele Pio Gianquitto, unico assolto oggi al termine del processo celebrato a Bari con rito abbreviato 'Grande Carrò, che nell’ottobre 2020 portò all’arresto di 48 persone, tra le quali lo stesso Gianquitto, accusate a vario titolo di associazione mafiosa, riciclaggio, estorsione, illecita concorrenza con minaccia o violenza, sequestro di persona a scopo estorsivo, detenzione illegale di armi/esplosivi, truffe per il conseguimento di erogazioni pubbliche. Gianquitto, nella fase cautelare dell’inchiesta 'Grande Carro', fu scarcerato su disposizione dell’allora gip di Bari Giuseppe De Benedictis e per questo è stato poi imputato a Lecce con l’ex gip e il suo avvocato dell’epoca Giancarlo Chiariello, per corruzione in atti giudiziari con l’accusa di aver ottenuto la revoca della misura cautelare in cambio di una tangente pagata al giudice dal suo avvocato. Anche in quel processo, nel marzo scorso, è stato assolto.

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