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Redazione online
23 Novembre 2020
FOGGIA - «Sono trascorsi 3 anni, 3 mesi e 13 giorni dal quel maledetto 9 agosto 2017 che ha visto morire mio marito Luigi e mio cognato Aurelio Luciani per mano della mafia, brutale morte avvenuta nell’indifferenza di molti e nell’assenza di altri». Inizia così la lettera intitolata «Capitanata (Ri)alza la testa», inviata alle redazioni da Arcangela Petrucci, vedova di Luigi Luciani, ucciso insieme al fratello Aurelio in un agguato contro il boss Mario Luciano Romito e suo cognato Matteo De Palma, perché ritenuti entrambi testimoni scomodi, nelle vicinanze della vecchia stazione di San Marco in Lamis (Foggia). "Da quel giorno - scrive Arcangela - ho capito che le frasi fatte non vanno più bene. Qualcuno deve spiegarmi come è possibile che non siano stati considerati 'campanelli d’allarmè i circa 360 omicidi (l'80% dei quali è rimasto irrisolto), le rapine e le estorsioni che si stanno verificando dagli anni Settanta ad oggi?" "In Capitanata - prosegue - sono anni che è in atto una guerra tra clan, eppure sembra che tutti abbiano scoperto l’esistenza di una mafia così feroce, brutale e arcaica la mattina del 9 agosto 2017, a seguito della morte di altri due innocenti». Poi l'affondo allo Stato: «La cosa che mi fa rabbrividire - scrive - è pensare che molta gente onesta per sopravvivere chieda 'aiutò alla criminalità, perché lo Stato troppo spesso è sordo e cieco. Oggi lo Stato c'è - precisa - ma noi cittadini vorremmo percepire veramente che oggi lo Stato sia parte integrante di questo territorio e non più un ospite, affinché si trovi il coraggio di collaborare». E c'è un ringraziamento alle forze di polizia per l’operazione antimafia «Decimabis» del 16 novembre, che ha portato in carcere 40 persone tra cui i boss delle tre batterie mafiose foggiane. Infine un appello ai suoi concittadini: «Cosa dite se iniziamo a fidarci di chi oggi ci sta tendendo la mano? Non siamo stanchi di subire ricatti, minacce, estorsioni? Non siamo stanchi di vedere i nostri campi bruciare? Non siamo stanchi di vedere le nostre attività commerciali esplodere come atti di intimidazione? Non siamo stanchi - conclude Arcangela - di vedere i sacrifici di una vita andare in fumo in pochi attimi?».
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