FOGGIA - Ci risiamo, non c’è sufficiente manodopera per le campagne, la seconda ondata del Covid tiene alla larga dai campi soprattutto bulgari e romeni. E le organizzazioni agricole chiedono che si corra ai ripari: «È necessario modificare al più presto l’attuale strumento del lavoro accessorio, bisogna consentire alle aziende agricole di reperire manodopera in tempi brevi», chiede la Cia Agricoltori italiani. Una semplificazione del lavoro occasionale invocata a maggior ragione ora che gli arrivi in Italia degli stagionali scarseggiano, dopo un primo intervento tampone da parte del governo risultato inutile (la sanatoria ha regolarizzato badanti per l’85%).
Pertanto, viste le difficoltà di ingresso di nuovi lavoratori extracomunitari, Cia chiede di prorogare al 31 dicembre 2020 tutti i permessi di soggiorno stagionali, assicurando ai tanti lavoratori extracomunitari presenti sul territorio italiano di continuare a svolgere l’attività nelle aziende agricole nel rispetto della legalità.
Occorre incentivare e promuovere il ricorso alla manodopera italiana nei campi, questo chiedono le organizzazioni agricole. Oggi il sistema produttivo nazionale è in seria difficoltà (8 milioni di cassaintegrati e 1,5 milioni di disoccupati) - riferisce la Cia.
L’organizzazione denuncia anche altro genere di difficoltà per quanto concerne i reclutamenti: con il fisco 4.0 e lo smart working degli uffici territoriali dell’Agenzia delle Entrate, oggi servono 15 giorni per dotare di codice fiscale i lavoratori stranieri da contrattualizzare per la vendemmia.
«Negli anni passati - viene rilevato - bastava un’ora per sbrigare la pratica. Le imprese agricole dopo aver presentato via e-mail la modulistica precompilata devono aspettare tempi troppo lunghi per il rilascio del codice, essenziale all’assunzione dei braccianti esteri per un regolare rapporto di lavoro. La lunga procedura - sottolinea l’associazione agricola - non ha riscontri con il passato e suscita molti dubbi sull’efficienza delle piattaforme digitali della Pubblica Amministrazione, che in tempi di crisi come questo dovrebbero, invece, velocizzare le pratiche burocratiche per agevolare il rilancio dell’economia del Paese. Rispetto all’era pre-Covid, la digitalizzazione della richiesta dovrebbe essere persino più snella per gli uffici territoriali dell’Agenzia delle Entrate, perché permette di bypassare ogni difficoltà di incomprensione linguistica con il lavoratore straniero, che prima era costretto a recarsi personalmente a eseguire la pratica».
Ma non è finita con il rosario delle recriminazione da parte degli agricoltori. «Un altro problema per le aziende - aggiunge la Cia - riguarda l’indicazione degli sportelli digitali di non effettuare richieste di codici fiscali cumulativi: massimo dieci per singola e-mail. Cia ricorda come questi ostacoli si aggiungano alla difficoltà di reclutamento di manodopera straniera dopo l’esplosione della pandemia. Ci auguriamo - conclude l’organizzazione agricola - che la Pubblica amministrazione in smart working riesca a meglio utilizzare le risorse offerte dalla tecnologia, per dare un servizio davvero efficiente alle imprese agricole e vitivinicole italiane».