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L’intelligenza artificiale in politica

Emanuela Megli

La macchina come strumento a servizio della persona permetterà di evitare ulteriori deliri di onnipotenza dell’umanità

L’intelligenza artificiale è uno strumento straordinario di supporto all’intelligenza umana. È la meccanicizzazione di alcune funzioni, basata su velocità, sintesi e disponibilità di enormi quantità di dati interrogabili e utilizzabili in svariati modi per molteplici scopi, se si conosce bene il suo funzionamento, i suoi limiti e le sue opportunità. Come ormai noto, dipende dal potere che attribuiamo all’IA di poter fare le cose senza pensare che possa sostituire il nostro controllo, la verifica delle informazioni e soprattutto lo scopo e il metodo della ricerca e dell’utilizzo dei dati e delle informazioni. 

E quello dello scopo è il tema centrale relativo all’uso dei sistemi di intelligenza artificiale, anche in politica. Lo scopo, che evidentemente interpella l’etica, ovvero la teoria del comportamento, il valore che attribuiamo alle nostre intenzioni, scelte e azioni, richiama alcuni limiti evidenti di un sistema artificiale che non può avere un’autodeterminazione poiché si basa su una combinazione infinta di comandi che derivano da utilizzatori, trasformati in generalizzazioni di input abitudinari, standardizzati su una personalizzazione statistica dei suoi bisogni.

Ma qui la diversità tra l’artificiale e l’umano è sottile, soprattutto in un’epoca secolarizzata in cui con il tramonto della spiritualità e delle religioni, si rischia di perdere anche la dimensione dei valori che orientano le scelte delle persone e di standardizzare usi e costumi anche in politica, dove il consenso è strumentale solo alla posizione da raggiungere e si rischia di perdere il senso della rappresentanza che nasce dall’ascolto dei bisogni e dalla capacità di essere in una relazione di dialogo con gli elettori, all’interno di una comunità. 

Quando ci si affida solo alle sintesi artificiali in tutti i settori, si rischia un effetto boomerang, in quanto più i numeri sono grandi, più diventa necessario accorpare, classificare e standardizzare, trattando l’elettorato come semplice interlocutore capace di esprimere il potere di voto, ma di esso non si tengono più conto differenze, specificità, storie personali e al contempo si perde la capacità di dare alle domande dell’elettore un quadro d’insieme e una cornice interpretativa storico culturale, livellandolo a mera categoria o cluster. 

Gli analisti storici e culturali possiedono non solo i dati e le conoscenze, ma anche un filtro interiore di regole, valori, indicatori di orientamento storico culturale, in grado di interpretare fenomeni e di effettuare previsioni che possono essere fondamentali per poter prendere decisioni e fare delle scelte, assumendosi la responsabilità della stima di un rischio calcolato. L’intelligenza artificiale non può essere ritenuta responsabile delle scelte e delle conseguenze delle decisioni e la sua composizione e scomposizione dei fenomeni complessi risponde ad una matrice meccanica di causa effetto orientata allo svolgimento di un compito richiesto da una mente pensante, ovvero l’intelligenza umana. Se l’Intelletto umano, inoltre, è corredato dalla saggezza interiore, ovvero da una capacità di discernimento etico e morale, esso non è solo il risultato del miglior risultato possibile - come quello della macchina – ma anche della risultante più opportuna in un dato contesto, ambiente, dinamica, con vincoli e opportunità già definiti e capacità di anticipare le conseguenze delle decisioni da intraprendere. 

La macchina come strumento a servizio della persona permetterà di evitare ulteriori deliri di onnipotenza dell’umanità.

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