L'analisi
Così la Legge di Bilancio trascura e penalizza le piccole imprese e il Sud
Per questo basta chiedere al sistema bancario inseguito per la «restituzione» di 4/5 miliardi di cosiddetti extra-profitti come parte del «maltolto» alle imprese stesse e a tutti noi cittadini grazie alla politica monetaria restrittiva sino all’asfissia della Bce.
Novembre, tempo di vendemmia, di castagne e di Legge di Bilancio 2026. È il tempo in cui le imprese cercano di impostare i propri bilanci per il futuro prevedendo gli investimenti da tutti tanto auspicati per curare il malato «produttività del sistema». Così tutte cercano di orientarsi negli oltre 150 articoli per comprendere cosa sarà loro dato; inutile in questa sede soffermarsi su ciò che sarà loro tolto.
Per questo basta chiedere al sistema bancario inseguito per la «restituzione» di 4/5 miliardi di cosiddetti extra-profitti come parte del «maltolto» alle imprese stesse e a tutti noi cittadini grazie alla politica monetaria restrittiva sino all’asfissia della Bce. Anche le imprese del Sud chiaramente cercano di comprendere se ai roboanti annunci della propaganda politica corrispondono i fatti. Cerchiamo di aiutarle nella ricerca e facciamoci aiutare anche noi, perché no, dalla IA (intelligenza Artificiale).
Del resto l’uso della IA, non generativa, nulla toglie alla critica della nostra analisi; ci aiuta solo ad orientarci nella ricerca. Ci aiuta semplicemente ad orientarci nella selva oscura della Legge di Bilancio come Virgilio con Dante nella Divina commedia, solo che qui la commedia diventa tragedia. E così la prima cosa che le imprese del Sud scoprono è che sorprendentemente il Sud si è allargato! Infatti l’unico supporto ideato con tanta fatica per il Sud, la Zes Unica, è stato esteso anche a Marche e Umbria.
Così mentre le Regioni beneficiate sono passate da 7 a 9, i fondi sono restati pressoché identici per il 2026 pari a 2,3 miliardi. Risultato: ci sono meno risorse del passato pro-capite, senza parlare dei valori deflazionati. Se poi le imprese del Sud sono masochiste basta che guardino gli stanziamenti per il 2027 e il 2028: 1,7 miliardi per i due anni, salvo ulteriori stanziamenti.
Peraltro sebbene sia innegabile che la Zes Unica abbia tagliato la burocrazia a favore delle imprese del Sud, o meglio, che investono nel Mezzogiorno, non altrettanto positivo può essere il giudizio sulla attribuzione dei fondi promessi e sperati.
Il relativo sistema appare troppo poco adeguato a sostenere investimenti significativi, quelli che potrebbero contribuire a dare una vera spinta allo sviluppo, quelli che hanno bisogno di diversi anni di programmazione e di attuazione; alla fine si è mostrato utile a supportare investimenti pensati e realizzati in pochi mesi, meno di un anno, con buona pace del principio di addizionalità dei fondi pubblici. È allora probabile che le imprese del Sud, o quelle che al Sud vogliano venire ad investire, dovranno rivolgersi alle Regioni del Sud e ai Fondi Strutturali gestiti da quest’ultime.
Ma anche su questo fronte altre delusioni sembrano essere riservate alle imprese. Infatti una analisi della Ragioneria Generale dello Stato al 31 agosto scorso ha attestato che la programmazione 21/27, a oltre la metà del percorso, ha già accumulato un non invidiabile record di ritardo. Dei circa 75 miliardi disponibili ha impegnato solo il 27% ed erogato solo l’8%, sebbene la Puglia nella programmazione 14/20 abbia raggiunto l’ottimo risultato di pagamenti del 95% al 30 giugno 2023 secondo la fonte ufficiale Open Coesione.
Sul fronte dei Fondi di Sviluppo e Coesione gestiti dalle regioni alimentati con risorse statali, anche grazie alla melina fatta per la firma degli Accordi di Coesione - in cui la Puglia è arrivata, ahimè, buona ultima – la situazione appare ancora più drammatica con spesa quasi al 4,5% ad oltre metà del percorso 21/27. Sarà per questo che nella Legge di Bilancio al Sud è stato fatto un taglio di circa 2,5 miliardi ai fondi destinati per l’80% allo sviluppo del Mezzogiorno? Non si capisce come il Sud dovrebbe riuscire a colmare il divario atavico se gli si negano risorse specifiche per ridurre il gap.
La soluzione proposta del governo, fatta in sede europea di prevedere nel prossimo ciclo di programmazione 2028-2034 la centralizzazione in capo agli stati membri e non più alle Regioni, che vorrebbe risolvere il problema appare una toppa peggiore del buco. E allora le imprese del Sud si incazzano, o almeno dovrebbero farlo se fossero capaci di farlo; dovrebbero sbattere i pugni sul tavolo e smettere solo di lamentarsi.
Quindi per gli importi in ballo le speranze delle imprese del Sud sembrano più dipendere dalle Regioni che dallo Stato. Ancora una volta gli annunci roboanti sembrano smentiti dai fatti. Purtroppo a parte questa «novità» della Zes Unica, che tale non è, per le imprese del Sud e solo per loro, nell’attuale Legge Finanziaria null’altro esiste.
Si perché misure come iper-ammortamenti al 180% per l’acquisto, anche in leasing, di beni strumentali materiali e immateriali interconnessi, o super-ammortamenti al 220% per gli investimenti green o rifinanziamento della Nuova Sabatini, sono per le imprese di tutta la nazione.
Ma a differenza del resto d’Italia, il Sud non ha un sistema bancario che lo supporta in egual misura. È come sperare che lo stesso pasto possa soddisfare il sazio e l’affamato. Quest’ultimo, il Sud, avrebbe bisogno prima di una cura ricostituente per poter apprezzare il pasto; altrimenti alla fine del pranzo avrà ancora fame.
Eppure la nuova Legge di Bilancio afferma di proporsi come fine quello di sostenere gli investimenti che creano crescita e occupazione. È più probabile che queste ultime debbano essere fatte crescere dalle Regioni con l’uso virtuoso dei Fondi Strutturali, per quelle che hanno dimostrato di saperlo fare, loro affidati piuttosto che dallo Stato.
Squadra che vince non si cambia e nemmeno lo schema.