L'analisi

Il «Crowdfunding» come strumento per costruire le città

Nicola Didonna

Le imprese, specie quelle piccole, sono sempre più alla ricerca di nuove fonti di finanziamento. I risparmiatori, tutti noi, siamo perennemente alla ricerca di forme di investimento remunerative, sicure e facilmente monetizzabili

Le imprese, specie quelle piccole, sono sempre più alla ricerca di nuove fonti di finanziamento. I risparmiatori, tutti noi, siamo perennemente alla ricerca di forme di investimento remunerative, sicure e facilmente monetizzabili.

Potrà essere il mondo delle piattaforme di crowdfunding, quello della raccolta di finanza on line, il ponte ideale su cui questi mondi potranno incontrarsi, conoscersi e piacersi? Qualche dubbio sembra sollevarlo la lettura del 10° Report italiano sul CrowdInvesting pubblicato come ogni anno dal Politecnico Milano. Lo stato del mercato delle piattaforme lo potremmo definire con una locuzione metereologica «variabile con rischi di rovesci e parziali schiarite». Il tipico tempo delle stagioni di transizione in cui se esci con il sole è meglio che ti porti l’ombrello.

Si perché dopo la sbornia digitale offerta dal COVID i volumi e i tassi di crescita della raccolta dei capitali on line se non hanno tirato il freno a mano poco ci manca; diciamo che il settore ha scalato la marcia. Che poi l’entità complessiva del fenomeno italiano «raccolta on line» è pari a circa 1,5 miliardi negli ultimi 5 anni grazie all’opera di 42 piattaforme attive in Italia a metà 2025 che ci pone al secondo posto in Europa, dopo la Francia con 61 piattaforme attive. 1,5 miliardi di finanziamenti li eroga in 5 anni anche una Banca di Credito Cooperativo di media dimensione o una Banca Popolare delle nostre parti.

Noccioline rispetto ad Intesa San Paolo che solo nel 2024 ha erogato circa 70 miliardi! Quindi molta ansia da prestazione ma scarso impatto complessivo sul sistema del credito alle imprese, per amor di verità. Magari questi due mondi imparassero a collaborare; a porre in essere la cosiddetta embedded finance (finanza integrata). Ma lo abbiamo detto in premessa; la stagione è di transizione, il bel tempo verrà, speriamo. Il complesso mondo del CrowdInvesting nel quinquennio 20-25 ha distribuito questi flussi finanziari alle imprese per una metà mediante le piattaforme di lending (crowdfunding lending) e per l’altra metà attraverso apporti di capitali di rischio delle piattaforme di equity (equity crowdfunding). L’intero sistema ha accusato un rallentamento complessivo del 14% erogando circa 260 milioni negli ultimi 12 mesi.

Le ragioni della frenata sono di sistema e di inadeguatezza e disinformazione delle imprese. Le prime connesse all’andamento dei tassi, all’incertezza del periodo nell’allocazione degli investimenti, alla estrema regolamentazione della normativa europea anche su tutto il mondo delle piattaforme. Le seconde, connesse alle imprese che chiedono il sostegno, rappresentate dalla delusione ingenerata negli investitori per il mancato raggiungimento dei risultati promessi, alla mancata crescita del business e a previsioni che si sono rivelate troppo ottimistiche alla prova dei fatti. Fondamentalmente le imprese hanno mostrato i propri limiti connessi ad una inadeguatezza per il «nuovo mondo finanziario» digitale aggiunta a quella atavica verso il «vecchio mondo bancario», anch’esso in evoluzione.

Ma se tutti i comparti del crowdfunding si leccano le ferite, almeno uno sembra ridere. Precipita il comparto attivo nella emissione di minibond (-73%), perde quello della raccolta di capitale di rischio per settori generici (-19%) e raccolta di prestiti per il settore immobiliare (-18%), vivacchia la raccolta di prestiti per settori generici (-1%).

E quello che ride? Quello dedicato alla ricerca di soci per costruire immobili. Il crowdfunding equity immobiliare registra una raccolta di 64 milioni con un progresso del 32% rispetto ai 12 mesi precedenti. Nel comparto immobiliare le piattaforme specializzate sono 18 ma un po’ tutte offrono in modo orizzontale la possibilità di raccogliere fondi per finanziare progetti immobiliari.

Nel mondo dell’equity immobiliare si presentano generalmente 3 figure. Lo sponsor, che è la società che ha individuato l’operazione immobiliare da realizzare o che ha «in pancia» un’operazione derivante da precedenti investimenti. La banca che lo finanzia pro quota con un intervento ipotecario o chirografario con garanzia pubblica o privata (confidi). La società veicolo, partecipata e diretta dallo sponsor, che raccoglie i fondi necessari a sviluppare l’iniziativa vendendo quote del suo capitale fra la folla degli investitori in rete. Il veicolo, dopo la raccolta in rete e presso la banca, realizza l’operazione sotto la direzione dello sponsor.

Alla fine, mediamente dopo circa 2 o 3 anni, il frutto dell’operazione viene distribuito fra i soci del veicolo stesso dopo la messa in liquidazione della società veicolo. E si riparte con un’altra operazione. L’operazione è win-win-win. Per l’impresa che trova nuovo supporto finanziario, per i risparmiatori che usano una nuova asset class di investimento, per le città che si rinnovano in modo sostenibile.

Vedremo le nostre città del terzo millennio crescere anche grazie ad una nuova classe di imprenditori evoluti che sappiano coinvolgere il risparmiatore del terzo millennio? Passerà la stagione di transizione? Non ci resta che attendere fiduciosi.

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