l'analisi
Malati dell'azzardo, si diventa tutti perdenti anche quando si vince
Si diffonde subdolamente come l’influenza, colpisce piano piano, spesso è inarrestabile, irrefrenabile, incontrollabile, non si riesce a dominare
Si diffonde subdolamente come l’influenza, colpisce piano piano, spesso è inarrestabile, irrefrenabile, incontrollabile, non si riesce a dominare.
La passione per il gioco in generale, da quello d’azzardo (il più patologico e pericoloso) a quello innocuo e meno preoccupante della semplice giocata a carte (tipo burraco o bridge) ci sta coinvolgendo a tutti i livelli. È ormai febbre alta, difficile da far scendere, anzi in continuo aumento, visto il numero crescente di persone che si dedica a tutti i giochi possibili e immaginabili.
Siamo passati dalla febbre «dell’oro», del «sabato sera» a quella del «gioco». Sembra che non se ne possa fare a meno: tutti noi, almeno una volta, abbiamo fatto una strofinata sul «gratta e vinci» et similia, abbiamo giocato una schedina al totocalcio, un ambo o un terno al lotto, soprattutto i numeri ritardatari, o un sistema del superenalotto, per non parlare del videopoker: una vera ossessione collettiva. Il gioco tout court è diventato una mania contagiosa, che dà forti emozioni, del tutto fuori controllo.
E le implicazioni psicologiche, sociali e criminologiche sono tante e di non poco conto. Si gioca in maniera compulsiva, per evadere dal quotidiano, da situazioni familiari e sociali, per dimenticare eventi spiacevoli. Il giocatore ormai incallito si fa prendere dalla smania di giocare, non più dal semplice divertimento, ma dall’ansia e dalla speranza di vincere e di giocare ancora. Quando il demone del gioco si impossessa del giocatore, questi diventa patologico, non ha più la forza di smettere; il desiderio di continuare è più forte di lui, si sente impotente, incapace di fermarsi, anche se è consapevole che si sta facendo del male. La tensione continua, lo attanaglia, è ossessionato dal desiderio di scommettere e di vincere per giocare ancora e tentare di coprire i debiti. Il suo comportamento diventa sempre più compulsivo e autodistruttivo, si allontana dalla realtà e non è più in grado di gestire le proprie azioni, è completamente offuscato dal desiderio di giocare sempre di più e con più soldi per rifarsi di quelli perduti; imbocca una via senza ritorno, drammaticamente cosciente di non riuscire più a smettere. Entra in un tunnel senza uscita.
È tormentato dalla necessità di fare soldi, ma più gioca, più perde. È da questo momento che sprofonda in un mare di guai. La sua personalità si altera, incomincia a dire bugie, ad inventarsi le storie più assurde, pur di racimolare soldi, va alla ricerca disperata e continua di denaro, le tenta tutte: scommesse di qualsiasi genere e natura, lotterie, incomincia a chiedere prestiti prima ai familiari, poi agli amici e alla fine finisce nelle mani degli usurai. Sprofonda in un abisso mortale. È continuamente teso, incapace di ricontrollare la sua vita.
Ormai la febbre che lo ha contagiato è alta, anzi altissima. È ammalato gravemente e l’aspetto più deleterio è che solo lui lo sa né lo può dire a qualcuno per la vergogna di farsi scoprire. Il suo mondo costituito dalla famiglia, dagli amici, dal lavoro e dalla vita sociale è un vago ricordo, che vede materialmente vicino a sé, ma che è lontanissimo nella sua mente. È pieno di debiti fino all’inverosimile, ma se non gioca, sta male, è fuori di sé. Viene preso da ansie, tremori, dolori. In famiglia è irriconoscibile: da essere attento e premuroso nei confronti di tutti, diventa scorbutico e assente, in-differente alle vicende familiari che lo avevano sempre interessato e coinvolto. Ma c’è di più.
Il giocatore d’azzardo compulsivo e impulsivo di tipo egosintonico (che trae piacere ed eccitazione dal gioco) è inserito in un ambito patologico al pari di chi ha disturbi di anoressia o di chi fa acquisti in maniera frenetica, per citare i più comuni e conosciuti disturbi. Lo spingono non solo ragioni biologiche, psicologiche o esistenziali, ma anche esterne, da mettere in stretta relazione con la situa-zione di crisi economica; l’azzardo, il gioco fioriscono, quando cresce il bisogno di avere maggiori entrate economiche. In questa accezione di giocatore patologico può rientrare anche chi gioca quotidianamente in borsa, preso dal fascino dell’aleatorietà più che dalla conoscenza del mercato e dai suoi meccanismi. Sono pochi i veri esperti del settore. Nel giocatore dipendente, al pari di altre dipendenze (droga, alcool e psicofarmaci) è marcata la ricerca immediata dell’autorealizzazione, dell’edonismo, della gratificazione immediata, all’insegna del «piacere subito».
Questo genere di «godimento» lo dà il videopoker, che si è diffuso come un’epidemia. Certo, si è lontani dal giocatore passionale, intellettuale, alla Dostoveskij – e «Il giocatore», ne è un mirabile esempio - , che alla fine si re-dime. Dalla romantica roulette si è passati alle slot machine nel segno del vado, consumo e incasso. Se ci sono strette analogie con la dipendenza da sostanze, esiste anche uno stretto rapporto con la criminalità, che si crea e si sviluppa soprattutto nelle zone in cui esistono i casinò, dove più diffusi sono i reati di banca-rotta, frode, contraffazione, appropriazione indebita, furti, rapine ai giocatori che hanno vinto ed anche omicidi.
L’indebitamento dovuto al gioco che sfocia nella bancarotta è aumentato a dismisura; così come i furti e le rapine e tutti quei reati legati al gioco. Nel grande mercato del gioco si è inserita la criminalità organizzata, che ne controlla gran parte, soprattutto quello che non è gestito direttamente dallo Stato.
Correlativamente si sono sviluppate le attività di riciclaggio e di usura. La prima viene fatta attraverso i casinò e la seconda con le persone che prestano denaro a giocatori cronici con metodi di riscossione sbrigativi. Il giocatore compulsivo per uscire da questa forma di dipendenza deve smettere di autodistruggersi, deve ritrovare la forza per rivolgersi a persone specializzate in questo tipo di recupero; esistono centri che si occupano di questo genere di patologie, dove si cura oltre che l’aspetto psicologico anche quello finanziario, familiare e legale. Se il «giocatore» vuole liberarsi dallo stordimento delle sensazioni forti ricevute dalla schiavitù del gioco, deve trovare la forza per cercare aiuto. E solo lui può farlo, non altri.