L'analisi
Tra fiction e realtà i giovani alla prova della società dei like
L’adolescente impara a riconoscere e a esprimere le proprie emozioni attraverso l’osservazione del corpo delle persone che lo circondano
La fiction Adolescence ha scatenato un putiferio di osservazioni e critiche di tutti i tipi, è stata colta come se fosse una nuova realtà criminale adolescenziale, e si è pensato e scritto che fosse una frontiera moderna e originale del crimine minorile completamente diversa da quella che fino ad ora era stata vista e raccontata. Niente di più fuorviante: anzi, è ripetitiva. Che significa? Vuol dire che non c’è nulla di nuovo e di diverso da quello che è sempre successo nel mondo giovanile in tutti questi anni. L’unico aspetto, forse, innovativo è la realizzazione tecnica delle riprese, che sono state fatte tutte da vicino, seguendo le persone e i personaggi in presa diretta, come se avessero una telecamera addosso. Il protagonista è un ragazzino di 13 anni accusato di aver ucciso a coltellate una coetanea. Il ragazzo sulle prime, quasi incredulo, nega, ma dopo, davanti ad un video choc che lo riprende mentre compie il gesto criminoso, si chiude in se stesso e anche di fronte all’evidenza dichiara di non aver fatto nulla di male: lo dice di fronte all’ispettore di polizia e al padre, che rimane impietrito e non si capacita che il figlio possa aver commesso quell’omicidio; non si dà una spiegazione plausibile. Da questo inspiegabile delitto sono scattate le analisi di natura criminologica per esaminare l’episodio criminoso. Una certa verità è racchiusa nella personalità del ragazzino, che sembra non rendersi conto della gravità del gesto delittuoso commesso; un adolescente popolare nella sua scuola, un introverso, che si attornia solo di un paio di amici. È il tipico figlio minorenne della società dei like e dei follower. Nonostante la scuola, vive quasi in solitudine, connesso solo con Internet e Instagram, di cui è un fruitore credente e assiduo, lo strumento di socializzazione attualmente più diffuso e utilizzato dagli adolescenti che se ne servono per postare cambiamenti personali e sociali; offre opportunità e anche molti rischi. Fa parte ormai del patrimonio esistenziale della vita dei giovani: è parte ormai integrante della loro vita, ma non solo, e il suo utilizzo è fondamentale per la loro crescita, la costruzione dell’identità, del confronto sociale, per la realizzazione dell’autostima e per lo sviluppo corporeo della loro fisicità. Utilizzarlo, significa avere un’educazione digitale che consente la ricerca di un equilibrio nella costruzione della propria identità personale, prima, e sociale, dopo.
L’adolescente impara a riconoscere e a esprimere le proprie emozioni attraverso l’osservazione del corpo delle persone che lo circondano. La mancanza di un approfondimento emotivo, può portare l’adolescente a sentirsi inadeguato. Il social network non considera più «l’essere», ma «l’esserci». Con il mondo digitale si sente sempre più parlare di grooming on line (dall’inglese to groom, curare), una manipolazione psicologica che induce a estorcere fiducia con l’intento di realizzare attività di natura intima e sessuale. In questa fase l’adolescente va alla scoperta di se stesso, tenta di raccogliere informazioni e farsi inviare foto per valutare le sue caratteristiche fisiche. Tuttavia le incertezze e la precarietà delle relazioni sono favorite dall’«analfabetismo emotivo» dell’utente. Ma per tornare alla fiction bisogna dire che le reazioni del ragazzino sono esagerate, fuori controllo, perde i freni inibitori, soprattutto quando viene interrogato dalla psicologa della polizia, alla quale confida di essere brutto; però, nei suoi confronti, ha delle reazioni improvvise: sputa, dice parolacce, è incontenibile e usa un linguaggio molto scurrile. Si lamenta di non piacere agli altri. Per quanto riguarda i genitori, in loro c’è del tormento e della rabbia, oltre che un sorta di disperazione irrazionale. In definitiva, il tredicenne confessa di sentirsi escluso e rifiutato dalle ragazze, di essere non attraente. In lui si avverte della frustrazione nei confronti della società ritenuta colpevole di non aiutarlo e di non includerlo. Si lamenta di non riuscire ad avere una relazione sessuale o sentimentale con le sue coetanee, insomma si sente discriminato per il suo fisico; è comunque dotato di un deficit socio-emotivo ed è percorso da sentimenti di radicalizzazione violenta. Avverte di essere vittima di una certa pubblicità che raffigura solo la bellezza come unico canone che serve per essere accettati e costruire un minimo di socializzazione. Si convince che solo se si è fascinosi e belli, si può essere accettati dagli altri. L’edonismo che vince sull’intelletto, la bellezza che vince sulla simpatia.