L'analisi
Quel «non-voto» segno di democrazia senza più amore
È del tutto inopportuna la relazione mare-voto, seppur considerazione oramai storica, spesso sentita da più parti e anche in anni precedenti
È del tutto inopportuna la relazione mare-voto, seppur considerazione oramai storica, spesso sentita da più parti e anche in anni precedenti. Non si tratta di alcuna corrispondenza, in quanto qualunque cittadino con qualsiasi impegno abbia a che fare può senza ombra di dubbio recarsi alle urne e votare: è sufficiente un minuto di tempo che si può scegliere nell’arco di ventiquattro ore.
Chi non compie questo atto di libertà e responsabilità che appartiene al singolo che abita la democrazia non è «né un buon cittadino né un buon uomo», parafrasando Aristotele, ma soprattutto non può lamentarsi della condizione sociale. (Questo è ovvio dirlo, ma sembra necessario sottolinearlo, da qualsiasi parte politica fosse promosso).
Qualcuno potrebbe obiettare che anche non votare sia un’azione democratica, se pensasse però per un attimo, se avesse la capacità e non fosse accecato dal suo spocchioso benessere, al passato, a quando il «voto» non esisteva perché ogni decisione veniva imposta unicamente da un’autorità, rinsavirebbe e andrebbe immediatamente a votare. Per di più, le questioni sul lavoro avrebbero dovuto interessare l’enorme precariato che vige in particolare, al Sud.
Il voto è stato una conquista e non è per sempre, come l’amore, non può durare – per sempre – (non illudetevi) se non è coltivato, curato, con costanza, se viene tradito, prima o poi si slabbra, cede; potrebbe restare in piedi su un terreno sabbioso solo se ci sono utilità o se uno dei due soccombe, ma non è amore.
La relazione d’amore autentico, di riconoscenza, di gratitudine senza alcuna forma di interesse dura in eterno, è una rarità, ma è questo tipo di amore, i greci chiamerebbero «agápē», incondizionato, che ogni singolo cittadino dovrebbe avere per la «democrazia», per la «libertà», per «sé».
Come si può costruire questo tipo di amore in una politica di malaffare, di corruzione, di favoritismi?
È difficile, non abbiamo un’eredità politica solida né insegnamenti o modelli ai quali attingere; ma è possibile.
Si amano la democrazia, la libertà, la giustizia, quando in sé si ha un’etica, un dovere morale, quando si raggiunge la consapevolezza che «essere» e «dovere» coincidono. Inoltre, quando nasce l’impegno di tutti per il bene comune per migliorare la propria e altrui condizione, quando non si china il capo davanti alle ingiustizie, non si fa finta di non vedere, quando si ha l’entusiasmo, il desiderio, il «fuoco acceso della passione», affinché il senso della vita e dello «spazio pubblico» siano l’esperienza di ciascuno da realizzare, quasi fosse una «vocazione».
Se ciascun cittadino pensasse di agire per la libertà e la responsabilità si dimostrerebbe di amare la democrazia, di amare sé stesso, l’altro, di superare gli «appetiti» (Dante), i condizionamenti, e non tentennerebbe nemmeno un istante.
Il mare può attendere, ma la democrazia no!
Occorre a tal punto soffermarsi e comprendere i significati autentici di educazione, formazione, insegnamentoe attuare queste «parole chiave» con l’unico fine di far germogliare ogni individuo a conoscere sé stesso, a compiere un percorso spirituale, a sviluppare la ragione critica non calcolante, a essere obiettivo, a comprendere e non a giudicare, e così rinascerebbe l’opportunità di abitare lo spazio pubblico con onore, con entusiasmo, a vivere quell’in-fra con coraggio perché in fondo con il coinvolgimento e l’unità di tutti i cittadini si può cambiare la volontà di uno solo.
E inoltre, permettetemi di aggiungere una glossa riguardo al legame etica-economia: il benessere economico non corrisponde alla felicità individuale. La felicità non la può comprare nessuno, a nessun costo. È una conquista personale, che richiede fatica, impegno, determinazione, e innanzitutto libertà. Come l’amore. Tutto può crollare, ma non tu se hai costruito la tua vita su fondamenta solide. Philosophia docet.