l'analisi

Semplificare e digitalizzare, così il Sud può vincere la sfida delle rinnovabili

Gaetano Quagliariello

Con oltre l’80% delle richieste di connessione alla rete per nuovi impianti rinnovabili localizzato nelle Regioni del Sud e delle isole, il Meridione può fare la differenza

Negli ultimi anni il Sud è cresciuto più del resto del Paese. Affinché il fenomeno non sia un episodio, è necessario che continui a farlo. In tal senso, una «vendemmia energetica» - una raccolta di vento, sole e acqua - potrebbe aiutare.

Con oltre l’80% delle richieste di connessione alla rete per nuovi impianti rinnovabili localizzato nelle Regioni del Sud e delle isole, il Meridione può fare la differenza. Puglia, Campania e altre regioni meridionali hanno già investito in modo significativo nel solare e nell’eolico, ma c’è ancora un grande potenziale inespresso, tra idroelettrico, biomasse e geotermia. Una strategia energetica e digitale integrata, basata su grandi infrastrutture per stoccare e distribuire energia pulita, una burocrazia più snella e l’utilizzo mirato di Pnrr e fondi europei, consentirebbe al Sud di divenire un polo energetico decisivo, al crocevia tra Europa e Mediterraneo.

Per far avanzare gli obiettivi del Pniec - il Piano nazionale per l’energia e il clima - basterebbe sbloccare una parte dei progetti già presentati. Eppure, come in una vendemmia ritardata, ogni giorno che passa è un’occasione persa. La transizione energetica, infatti, non riguarda solo l’ambiente. È anche questione di crescita economica e di sicurezza nazionale. Ogni ritardo ci vincola di più ai combustibili fossili, con le loro oscillazioni di prezzo, i costi per famiglie e imprese, i possibili effetti destabilizzanti delle crisi geopolitiche. Senza contare le migliaia di nuovi posti di lavoro ai quali si rinuncia.

In Italia, però, chi sceglie di investire nelle rinnovabili deve armarsi della pazienza di Giobbe: una corsa a ostacoli fatta di lungaggini burocratiche, ritardi normativi e contraddizioni politiche. Ogni autorizzazione diventa uno stillicidio di procedure ridondanti, sovrapposizioni di competenze, fascicoli che si accumulano con il rischio di finire nel cassetto. Servirebbe un colpo di reni. Centralizzare le competenze energetiche a livello statale, lasciando alle Regioni l’esecuzione e il coordinamento dei progetti. Tuttavia, sappiamo bene a che velocità viaggiano le riforme costituzionali in Italia. Nel frattempo, il Pnrr offre un’opportunità concreta per intervenire: digitalizzare i processi amministrativi rendendo meno tortuosa la burocrazia, ad esempio attraverso l’aggiornamento del personale degli enti locali e la creazione di nuove figure strategiche come gli energy manager spesso assenti nei Comuni italiani. Anche per i processi di reskilling del personale amministrativo, ammesso che siano innescati immediatamente, vi è bisogno di tempo.

Mai come in questo caso, però, il tempo è denaro e il Sud non può perderlo. La via più logica è, dunque, agire subito. Una ricerca condotta dalla Fondazione Magna Carta suggerisce alcune proposte per ridurre i passaggi burocratici, evitare le sovrapposizioni di competenze e facilitare il quadro autorizzativo per i progetti di energia pulita, ad esempio rafforzando meccanismi come il «silenzio-assenso».

Resta ancora molto altro: individuare le «aree idonee», tutelare i progetti già avviati da modifiche normative troppo repentine, agevolare gli interventi di ammodernamento e miglioramento delle infrastrutture energetiche esistenti, anziché scoraggiarli con ulteriori limitazioni, specialmente in settori chiave come il fotovoltaico e l’agrivoltaico. Se poi qualche comparto economico come quello agricolo dovesse ritenersi in conflitto con lo sviluppo delle rinnovabili, è tempo di aggiornare le priorità del Pniec.

Serve il coraggio delle scelte. Un vecchio proverbio insegna l’impossibilità di avere, al contempo, botte piena e moglie ubriaca: se si decide di complicare lo sfruttamento delle rinnovabili, bisogna, di conseguenza, aggiornare gli obiettivi sulla conversione dell’energia proveniente da combustibili fossili. Per il Sud - e non solo per esso - sarebbe un serio problema, ma almeno vi sarebbe chiarezza.

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