Verso le urne
Tra santini e slogan la corsa al voto della solita «Italietta»
E alimentare la sfiducia dei cittadini nelle istituzioni e in chi comanda: tanto, dicono i 60 italiani su cento che non hanno votato alle regionali lo scorso anno, finisce sempre nella solita solfa, a prescindere
Ah, le elezioni. I santini che affollano le cassette della posta, manco fossimo negli Anni ‘80: alla faccia dello spreco di carta e con buona pace per le foreste sacrificate sull’altare della pubblicità elettorale. I faccioni: sguardi accattivanti, sorridenti ma senza esagerare, ché il riso abbonda sulle bocche degli scemi e non sia mai. Gli slogan: emanano profumo di pulizia più di un ammorbidente in lavatrice. Non è manco questione di schieramento. Il filo conduttore di tutti? Il desiderio, la voglia, l’urgenza, la necessità di mettersi a disposizione degli altri: che poi saremmo noi.
Con la riflessione che sorge spontanea: ma chi te l’ha chiesto. E soprattutto: sei sicuro di essere capace e competente? E infine: non è che hai scambiato le elezioni per un accesso al fine mese sicuro? Sono migliaia gli aspiranti ad una poltrona/ sedia/ scranno/ strapuntino purchessia pubblico. Davvero tutti in grado di mettersi al servizio di una macchina così complessa, farraginosa? Li pagheremo tutti, li pagheremo cari, con tasse locali. Delle quali ci chiediamo spesso che fine facciano: perché la politica è bella e appassionante, ma soprattutto costosa. Un esempio: un presidente di municipio, (e a Bari ce ne sono 5) viene compensato con 5mila euro lordi al mese. Eppoi, in ogni Municipio, ci sono i consiglieri (circa 3mila300 euro) eppoi le commissioni, eppoi le figure fisse, che sostengono il lavoro degli eletti: pagati a suon di indennità e gettoni di presenza. Sempre dai soldi nostri. Eppoi, ancora: il consiglio comunale, la giunta con il sindaco e gli assessori, le commissioni e le aziende municipalizzate: un effetto moltiplicatore di spese per le nostre tasche. Un «andate e moltiplicatevi» in funzioni simili. Insomma un delirio di gente al servizio della città. Al di là delle visioni «alte» sulla Bari promessa in campagna elettorale spettanti a sindaco, giunta e consiglio comunale sarebbe lecito attendersi una Bari «presieduta» da cotanta eletta e strapagata rappresentanza: chessò, qualcuno a verificare «occhi a terra» lo stato di infide, antiche, buche nell’asfalto, in strade e stradelle di ogni quartiere. O a controllare manutenzione, decoro dei parcheggi costosamente pubblici, disseminati qua e là in città. O, naso all’insù, a verificare pali della luce spenti già dai tempi di Alessandro Volta. O nei giardinetti, a Bari pomposamente chiamati parchi: dove capita di dover raccogliere cocci di bottiglia tra le giostrine dei bimbi, sentendosi rispondere dal custode che non spetta a lui pulire, ma alla municipalizzata di competenza. Una città dove, il vigile che controlla i grattini nei parcheggi pubblici, dinanzi all’immondizia risalente ormai al giurassico, risponde che lui, al più, farà una segnalazione alla municipalizzata di competenza.
Già, le competenze maledette: non spettano mai a nessuno nell’Italietta del rimpallo infinito, del «non mi compete» sfoderato alla prima grana. E se non compete a loro, a questo esercito di persone desiderose di mettersi al servizio della città, a quelli che dovrebbero conoscere vita, morte, miracoli ma in particolare problematiche di quartieri, municipi, assessorati, etc etc, ebbene: a chi compete? Quali sono, come direbbe irresistibilmente Totò, le famose competenze che vi competono? Perché vedete, cari tutti 850 prossimamente eletti (sull’esercito degli oltre 2500 candidati) vanno bene le entusiastiche campagne elettorali, va bene illuminarsi di immenso, ma poi, a forza di guardare la luna e manco una volta il dito, vi può girare la testa. E alimentare la sfiducia dei cittadini nelle istituzioni e in chi comanda: tanto, dicono i 60 italiani su cento che non hanno votato alle regionali lo scorso anno, finisce sempre nella solita solfa, a prescindere. Sarebbe giusto, opportuno e doveroso rendere riconoscibili i futuri eletti quando andranno a concretizzare il loro servizio alla città, per le strade e i quartieri: una fascia bianca e rossa, una coccarda sul petto. Eletti riconoscibili, al servizio attivo della cittadinanza.
Per dimostrare - magari - che nell’Italia delle infinite commissioni e competenze, delle aziende partecipate, delle decuplicazioni di poltrone e poltroncine (tutte rigorosamente pagate dai cittadini) i carrozzoni degli enti locali servono - persino- al buongoverno e non alla politica. Magari e persino.