L'analisi

Da Riondino a Scurati la vera garanzia è la nostra Costituzione

Biagio Marzo

«Partigiano Johnny», pardon, partigiano Michael. Non nelle Langhe, bensì, a Taranto. Michele Riondino si considera tale e combatte contro il fascismo

«Partigiano Johnny», pardon, partigiano Michael. Non nelle Langhe, bensì, a Taranto. Michele Riondino si considera tale e combatte contro il fascismo. Come un tempo quei soldati giapponesi, nella giungla, che combattevano a guerra finita da anni. Di Michele Riondino, di cui apprezziamo il film Palazzina Laf, in cui gli operai e gli impiegati dello stabilimento siderurgico di Taranto vivevano in una sorta di apartheid, diciamo che si ascrive all’antifascismo, a modo suo. Andiamo con ordine.

Il fascismo: una storia sulla quale ero convinto che si fosse detto tutto, ormai tutto il dicibile, da Renzo De Felice a Emilio Gentile, invece, affiora sempre più il desolante stato di salute della nostra democrazia in cui il passato è presente. Un ossimoro tipicamente italiano.

In Germania hanno chiuso i conti con il nazismo, in Francia idem con la repubblica di Vichy, in Italia la ferita con il fascismo resta ancora lancinante, in specie, con il governo Meloni. Colpevole di non dichiararsi antifascista, fermo restando che ha giurato, nell’atto del suo insediamento, sulla Costituzione antifascista. Non basta. Bisogna che lo dichiari più esplicitamente e in modo convinto. Per molti che non sono piazzisti dell’antifascismo e che ne fanno un uso parsimonioso, saranno accusati di tenere intelligenza col nemico. Il fantasma del fascismo arrovella la mente di alcuni italiani, i pro e i contro, quando i problemi da affrontare sono ben altri. A centinaia di miglia dall’Italia ci sono due teatri di guerra. Da una parte, l’aggressione della Russia all’Ucraina, dall’altra, la guerra in Medio Oriente. Dopo il progrom di Hamas del 7 ottobre nei confronti degli inermi israeliani, questi hanno scatenato l’inferno contro la striscia di Gaza con 40 mila morti tra i quali molti bambini. E la guerra continua. Come dice Papa Francesco ci troviamo nella «terza guerra mondiale a pezzi, è un conflitto globale». In più, l’Italia, ormai, é entrata Guinness dei primati, il suicidio in carcere è all’ordine del giorno.

Parlare di Hannibal ante portas, ossia del fascismo in marcia verso Roma, ti fa essere qualcuno, c’è sempre un quidam che ci crede e qualche giornale che ti cita. E poi c’è Massimo Giannini creatore di un gruppo Whatsapp «25 aprile», preso sul serio dalla meglio intelligenza italiana, con lo scopo di salvare la democrazia dal fascismo. Per non parlare del caso Scurati il cui clamore , dovuto a zelanti funzionari Rai che per fare un piacere alla Meloni, cui al contrario hanno recato dispiacere, non hanno mandato in onda, nella trasmissione «Che sarà», la lettura del monologo da parte dello scrittore sul 25 aprile. Se fosse stato trasmesso, alcuno ne avrebbe parlato.

Di questi tempi, qualcuno ci campa sull’antifascismo e ci campa bene, come camparono bene la stragrande maggioranza, per esempio, degli intellettuali che, finita la guerra, da fascisti diventarono ferventi antifascisti riveriti e serviti, dal PCI. «Il più bel esemplare di fascista in cui possa imbattere - scrisse Leonardo Sciascia - è quello del sedicente antifascista unicamente dedito a dare del fascista a chi fascista non è». Oggigiorno, l’atmosfera politica si è molto elettrizzata sul confronto scontro di chiacchiere nei talk show sul fascismo e antifascismo. Dimenticando che quest’anno si celebrano i cent’anni dell’assassinio, per mano di sicari fascisti, di Giacomo Matteotti. Paradigma dell’antifascismo. I veri valori delle celebrazioni e dei ricordi stanno in questo: che ci fanno capire che la democrazia e la libertà sono state conquistate con il sangue e con i sacrifici di uomini e donne, le cui storie restano d’insegnamento.

Sono passati tanti lunghi decenni dall’avvento del fascismo e gli «antifascisti struzzi» non vedono che i lontani eredi di quella tradizione sono gli inquilini di Palazzo Chigi e di Palazzo Madama. Meloni e La Russa non hanno alcuna colpa se sono lì, piuttosto bisognerebbe prendersela con la stragrande maggioranza degli italiani che li hanno votati. È la democrazia, bellezza.

L’attore e regista Michele Riondino ha postato, nella ricorrenza del 25 aprile, una foto in testa in giù del presidente del Senato, Ignazio La Russa. Poi l’ha rimessa con la testa in su, per vedere l’effetto che fa. È scoppiata, era inevitabile, una polemica infuocata. Il Capo dello Stato ha espresso la sua solidarietà al presidente del Senato. Fatto sta che l’attore è stato balzato agli onori della cronaca, nel momento in cui il I maggio Libero e Pensante, a Taranto, ci sarà il «Concertone», di cui lui è direttore artistico. Troppa grazia Sant’Antonio.

In sintesi, è rammaricato che i fascisti di oggi non sono i fascisti di ieri. Hanno perso la loro identità, non sono più spavaldi e non sono più eroi, seppure per un solo giorno giurino sulla Costituzione antifascista e poi sono seduti sulla poltrona. Insomma, considerandoci figli del 25 aprile, non vediamo un restringimento delle libertà, tant’è che lui ne ha dette di cotte e di crude contro il fascismo e non solo. Finora non è stata messa la museruola all’opposizione, perché se la maggioranza volesse metterla non sarebbe un segno di forza, bensì di paura.

La nostra democrazia possiede tanti anticorpi che non permettono svolte nella logica simil democrazia illiberale. Solo nell’ottica dell’equilibrio tra i poteri le riforme costituzionali, possano essere approvate. Io ballo da sola è un film di Bernardo Bertolucci.

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