L'editoriale

Tocca ai partiti rinnovare la democrazia

Enzo Augusto

È gente che magari a votare non ci andrebbe proprio. E se devo dire la mia, a me preoccupa molto di più chi non va affatto a votare che chi si vende il voto per 50 euro, che gli «fanno comodo»

Le inchieste sul voto di scambio spuntano come funghi dopo la pioggia. Anche nella magistratura c’è un effetto emulativo. Un caso a Bari e subito Torino e Palermo rispolverano indagini in corso da anni. Giovedì sera, facendo zapping su «Piazza Pulita» (dopo le partite di calcio, ovviamente) ho scoperto che anche a Turi… Tempi duri per gli «scambisti». Ora dobbiamo capirci. Il voto di scambio è sempre esistito, tra illecito penale e malcostume. L’illecito penale va perseguito, ovviamente, ma è il meno.

È un fenomeno limitato e non so quanti indagati / imputati saranno condannati dopo i 3 gradi di giudizio. Nella maggior parte dei casi ci sarà comunque, è facile prevederlo, la solita prescrizione (che non è conseguenza del fato, di un destino crudele, chiariamolo, ma dipende dalle lunghezze giudiziarie e dalle difficoltà di portare a termine i processi). E poi il voto di scambio, diciamo anche questo, è fenomeno di poveri cristi. Il poveretto che in tv diceva che si trovava in ristrettezze e a lui, quei 50 euro, avevano «fatto comodo», fa tenerezza.

È gente che magari a votare non ci andrebbe proprio. E se devo dire la mia, a me preoccupa molto di più chi non va affatto a votare che chi si vende il voto per 50 euro, che gli «fanno comodo». E comunque il voto comprato rientra proprio nel fenomeno della complessiva disaffezione dal voto che porta la metà dei cittadini a non votare, nella debolezza del sistema dei partiti delegittimati dall’antipolitica e dal populismo dilaganti. Nel secolo scorso, al tempo dei Partiti con la «P» maiuscola, il povero cristo non si vendeva il voto, andava a votare perché sperava / credeva nel «sol dell’avvenir» («addà venì Baffone»). Oggi ci riempiamo la bocca di democrazia e la metà dei cittadini non ci crede! E da questo deriva il malcostume di cui il voto di scambio è un epifenomeno. Il trasformismo, male atavico della politica italiana, ora è diventato uno sport nazionale. Si cambia casacca non per folgorazioni sulla strada di Damasco, ma per corposi interessi personali, per lo più di carattere economico. La compravendita di voti è un corollario. La maggior parte del «pacchetto» di voti e di tessere si nutre di clientelismo spicciolo che non è meno pernicioso dei più espliciti 50 euro. Il clientelismo, a sua volta, è collegato spesso a fenomeni corruttivi.

Intendiamoci. Anche la corruzione non è una novità in politica. Si pratica da millenni. Non voglio sembrare cinico ma «ungere le ruote» con un tasso fisiologico di corruzione talvolta è quasi inevitabile di fronte agli ostacoli burocratici (non di rado creati ad arte per provocare la dazione). Il problema è quando la corruzione o il trasformismo diventano patologici, vedi Mani Pulite, e allora si innestano anche strumentalizzazioni e speculazioni.

Che cosa voglio dire? Che a Bari, in Puglia, senza drammatizzare e senza strumentalizzare, ma anche senza minimizzare, è arrivato il momento di cogliere l’occasione per mettere ordine e fare pulizia. Non siamo a Sodoma e Gomorra. Il problema è più politico che giudiziario. Ma se la politica non si muove, la Magistratura interviene in supplenza. Si tratta di cogliere l’occasione, dicevo, mantenendo però il primato della politica e senza farsi dettare tempi e modi dalla Magistratura. Il trasformismo imperante in Regione a molti di noi non è mai piaciuto. Molti altri, più numerosi, hanno ritenuto che, se non sconfinava nel reato, fosse un costo che si poteva pagare per tenere fuori la destra dal governo della Puglia. Probabilmente i primi non hanno esplicitato sufficientemente l’opposizione al sistema, forse non hanno nemmeno potuto o avuto voglia di farlo. Forse anche i secondi avevano le loro buone ragioni, fidandosi dell’onesta personale.

La storia si farà a suo tempo. Ora urgono l’attualità e l’emergenza, bisogna darsi da fare urgentemente e dare risposte chiare alla domanda di pulizia e rinnovamento, anche di classe dirigente. Ci sono le condizioni per vincere le resistenze (che ci sono, e ci saranno). Nel Pd ci sono sensibilità al tema che si devono innervare anche a livello locale. Passi indietro, o di lato, are welcome. Attenzione però. Non si batte l’antipolitica con l’antipolitica (il bel titolo dato dal giornale a un mio modesto contributo). Della questione morale non possiamo farne un tema di divisione a sinistra perché su questo siamo e dobbiamo essere tutti d’accordo. La moralità è una precondizione non un progetto politico. E ancora una volta va ribadito che è essenziale in questo percorso il ruolo dei Partiti. Tocca a questi, non a movimenti raccogliticci, e spesso compromessi, il compito di organizzare il consenso e rinnovare gli strumenti di democrazia.

Proviamo tutti a dare una mano.

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