La riflessione

Quel «Mi manda Picone» che motiva la scelta di lavoratori e... assessori

Arturo Guastella

Del capo di una minuscola lista civica, di un singolo consigliere comunale, di una lista «per» e di un’altra «con» e ciò diventa sufficiente per assegnargli una delicatissima poltrona in Giunta e un emolumento che con i nuovi disposti legislativi, supera i quattro mila euro al mese

C’è un termine, «espressione di», che, poi, più esattamente si tratta di una allocuzione che in linguistica costituisce un atto di enunciazione con il quale il mittente si rivolge al destinatario, ma che nella politica municipale di Taranto ha, da qualche tempo, assunto un significato misterioso, quasi una forma escatologica di destinazione delle poltrone assessorili... Si devono, infatti, scegliere i nuovi assessori comunali? Ed allora ecco che ciascheduno viene catalogato e giustificato nella scelta come «espressione di».

Del capo di una minuscola lista civica, di un singolo consigliere comunale, di una lista «per» e di un’altra «con» e ciò diventa sufficiente per assegnargli una delicatissima poltrona in Giunta e un emolumento che con i nuovi disposti legislativi, supera i quattro mila euro al mese.

Questa nuova accezione del termine, riesce a sorprendere anche chi, che come me, ad esempio ha avuto da decenni una certa dimestichezza con le parole, cercando sempre di adoperarli a proposito e nel loro più congruo significato. Così, ero convinto che le varie «espressioni», algebrica, matematica, geografica, genica, analitica, figurata o, geografica, contenessero significati ben precisi, prima di vederle ridotti, le espressioni, al ruolo di maggiordomi di questo o di quell’altro politico, consigliere o capo corrente. E il pensiero, va prepotente a quel bel film di Nanni Loy, Mi manda Picone, una pellicola del 1983, mi pare. Ma, forse, questo mio ricordo ha una qualche giustificazione subliminale (al limite della percezione cosciente, cioè), in quanto il protagonista del film di Loy, era un operaio dell’Italsider (di Bagnoli, però), Pasquale Picone che, licenziato dall’acciaieria, per protesta si era dato fuoco, e trasportato d’urgenza in ospedale, non vi era mai arrivato e del quale si era, poi, perduta ogni traccia. Aveva lasciato un taccuino, però, il nostro operaio mai defunto, nel quale aveva puntigliosamente annotato i tantissimi nomi di coloro che gli dovevano favori e quattrini (facendo, forse ipotizzare una sua qualche attività camorristica e ricattatoria), e della quale agenda era venuto in possesso, datogli dalla moglie (Lina Sastri), un suo compagno di lavoro, Salvatore Cannavacciuolo (Giancarlo Giannini).

Questi, resosi conto, che avrebbe potuto sfruttare al meglio la preziosa eredità del caro estinto (ma forse era stato proprio un estintore a salvargli la pelle), ma che, tuttavia, non essendovi certezza della sua dipartita, la sua presenza, minacciosa, era immanente fra i vicoli di Napoli, per cui, bastava presentarsi ad uno dei tanti nomi del taccuino e dirgli semplicemente, «mi manda Picone» per ottenere favori e soldi. Quel mantra napoletano del «mi manda Picone», inoltre, veniva poi offerto (dopo una rigorosa selezione e quattrini) a chi aveva bisogno, mettiamo di un posto di lavoro, di ottenere rapidamente documenti dal municipio, di poltrone al teatro, di una licenza edilizia, diventando, quella semplice allocuzione, una formidabile e ineludibile raccomandazione.

Ora, non vi pare che quell’espressione di, assomiglia stranamente a quel mi manda Picone? Solo che i Pasquale Picone ora sono tanti, uno, forse, per ogni posto di assessore municipale. Sicuramente, per l’età non più verde, il vostro cronista è davvero datato¸ e le sue convinzioni che ad occupare le poltrone di assessori nella Giunta Municipale, di una città così difficile, complicata e bellissima come Taranto, fossero il meglio dei cittadini e della politica locale, non sono più attuali.

Ci piacerebbe, comunque, che nello scegliere un assessore, invece dell’espressione di…, si parlasse e si raccontasse delle competenze specifiche di questo o di quell’altro prescelto, dei vari presidenti delle municipalizzate, o dei massimi dirigenti di Municipio e Provincia. E mi piacerebbe anche che qualcuno dei neo assessori (molti dei quali sicuramente meritevoli dell’incarico), mandassero una buona volta al diavolo il loro vero o presunto Pasquale Picone.

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