L'approfondimento
Con il veto al Mes sono tornati i sovranisti anti-Ue
Si tralascia la considerazione che una grave crisi nelle banche di un altro Paese membro senza il paracadute offerto dal nuovo MES produrrebbe comunque conseguenze nefaste anche nel nostro sistema
E chissenefrega! L’espressione tutta unita, dal «me ne frego» di origine dannunziana anche se ripresa dal fascismo, è meno corretta ma a me pare più efficace, considerata la sua maggiore immediatezza. Temo sintetizzi quello che potrebbe diventare il motto elettorale (certo, sottinteso) della destra sovranista ed antieuropeista nelle elezioni del Parlamento europeo del prossimo giugno.
Vedo risorgere, soprattutto nella compagine salviniana, personaggi che anni fa chiedevano, un giorno sì e l’altro pure, l’uscita dall’euro se non dalla stessa Unione europea; questi oggi, non avendone più il coraggio, si limitano a riproporre la vecchia solfa che l’Italia deve perseguire i propri interessi come se fossimo un’isola felice isolata dal resto del mondo. Ma quali sono i nostri veri interessi, al di fuori della mera propaganda?
Abbiamo sentito ripetutamente giustificare la mancata ratifica del Trattato che ha modificato in ottica bancaria il già vigente MES (Meccanismo Europeo di Stabilità) perché il nostro sistema sarebbe solido; si afferma, però, qualcosa di pericolosamente sbagliato per varie ragioni. Anzitutto, ammesso che ciò sia vero, si tralascia la pur banale considerazione che una grave crisi nelle banche di un altro Paese membro senza il paracadute offerto dal nuovo MES produrrebbe comunque conseguenze nefaste anche nel nostro sistema considerata la forte integrazione economica caratterizzante il progetto europeo. Ed è questa la ragione per cui anche gli altri 19 Stati, fra i 20 dell’area Euro firmatari dell’Accordo, non si sono posti alcun problema nella ratifica dello stesso pur avendo molti di essi un sistema bancario altrettanto se non più solido rispetto al nostro.
C’è poi la considerazione, politicamente più rilevante, relativa al significato stesso della nostra partecipazione all’Unione che è fondata sul principio di solidarietà tra gli Stati membri. Una realtà così complessa, in quanto comunque realizzata fra Stati sovrani che però cercano nel comune interesse di costruire fra loro una nuova sovranità, presenta certamente limiti. Tuttavia, questa realtà deve avere quale perno irrinunciabile tale principio per cui le difficoltà e i problemi di ciascuno devono essere affrontati anche dagli altri Stati sia per normale egoismo, rispetto al possibile estendersi degli stessi, sia, soprattutto, perché vanno inseriti nel disegno strategico di costruire una nuova realtà statale; essa viene imperniata sulla progressiva condivisione di sovranità che, non dimentichiamolo, ha garantito da oltre 70 anni la pace fra i Paesi membri.
Della solidarietà noi abbiamo ampiamente approfittato durante la tragedia del Covid grazie ai supporti sanitari e, soprattutto, ai consistenti aiuti finanziari del Next Generation EU e del conseguente Pnrr, comprensivi di circa 200 miliardi di euro fra prestiti a tasso pressoché zero nonché vere e proprie sovvenzioni a titolo gratuito. E tendiamo a dimenticarci che il nostro enorme debito pubblico è stato sostenuto dall’ingente acquisto di titoli di Stato da parte della Banca Centrale Europea.
In tali situazioni, per citarne solo alcune, che cosa sarebbe successo se qualche altro Stato membro avesse detto: «Ma noi stiamo bene. E chissenefrega dell’Italia» (traduzione simultanea).
No, non funziona così. L’Unione europea, ovviamente mutato ciò che va mutato, è come qualsiasi società, partendo da quella familiare, in cui in caso di necessità ci si aiuta nell’interesse comune andando incontro a chi in quel momento affronta dei problemi. Come sarebbe giudicato chi, avendo ricevuto in precedenza il necessario sostegno, poi si rifiutasse di comportarsi in maniera analoga verso altri in sopravvenute difficoltà? Per di più nel caso del MES la ratifica del Trattato non avrebbe comportato alcun sacrificio per l’Italia in quanto nessun obbligo discenderebbe rispetto al suo utilizzo, lasciato alla libera determinazione dello Stato aderente. Ma, con il proprio rifiuto, l’Italia ha posto un incomprensibile veto alla futura utilizzazione dello strumento da parte di chi ne avesse bisogno.
Allora, l’unica spiegazione di un quadro altrimenti incomprensibile risiede nella riapertura del fronte sovranista che, passato il momento del necessario silenzio di fronte all’evidenziarsi della solidarietà europea, ritenta di giocarsi la strategia dell’indebolimento dell’Europa per tornare ai fasti (?) delle beate sovranità assolute che ci hanno portato tragedie e lutti infiniti e che ci condannerebbero alla totale irrilevanza sullo scenario mondiale.
Un evidente masochismo politico che già potrebbe fortemente indebolire la nostra capacità negoziale all’interno delle istituzioni europee (così funziona il sistema) e lasciarci privi di alleanze. Come immaginare possa esistere una comunanza di interessi fra Stati che non guardano al di là del proprio naso nel disegnare il proprio futuro? Avere Orban come unico interlocutore è un evidente ossimoro politico in quanto basato sul classico «e chissenefrega».